La stampa e il web: due modi di fare giornalismo
Il giornalismo, in sintesi, è un’attività volta alla selezione di avvenimenti che vengono poi ricontestualizzati all’interno dei media che poi veicolano tali informazioni, ed è anche la realizzazione di significati mediante i quali elaborare i diversi eventi della realtà. La scelta operata dai cronisti, in ogni caso, non pregiudica la capacità di riportare i fatti oggettivamente. ll giornalismo non è inevitabilmente manipolazione. È l’atto comunicativo che presenta in sé il limite insuperabile della selezione dei fatti. Una distorsione insita nella comunicazione che, proprio in virtù di una serie di selezioni, necessariamente tende a ridurre ma anche a semplificare la realtà.
Nell’attuale società “bombardata” da una miriade di informazioni, anche i giornalisti rischiano infatti di non essere più soggetti attivi della comunicazione. Incollati ai loro computer i cronisti corrono il pericolo di diventare più che newsgatherer, trasformandosi cioè in semplici selezionatori di notizie “semilavorate” provenienti da fonti esterne (agenzie, uffici stampa e altri media) che, in virtù dei ritmi frenetici del processo produttivo, non hanno modo di verificare.
Il giornalismo interpretativo ha comunque trovato largo seguito anche in Italia, in una nazione, la nostra, che ha visto nascere l’industria culturale moderna in modo unico al mondo. A dispetto della radio e della carta stampata, infatti, nel nostro paese è stata la televisione il media che ha creato l’alfabetizzazione di massa degli italiani.
La televisione ha finito per occupare il posto che in altri stati era garantito e mediato da altre istituzioni culturali. In Italia il percorso storico di penetrazione, consolidamento e diffusione dei mezzi di comunicazione appare rovesciato, con la tv che, in una base socialmente debole, si è sostituita alla spinta culturale della scuola e dei giornali. E così, mentre in tutti i paesi moderni si è stabilita una correlazione positiva tra estensione della scolarizzazione ed ampliamento del mercato della lettura, in Italia questo non si è verificato. In generale la scuola non ha infatti modificato i comportamenti culturali dei soggetti che ha formato e preparato.
La diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione ha certamente aumentato le possibilità per il lettore-navigatore che oggi può direttamente cercare e selezionare le proprie fonti. Il Web determina per certi versi la prosecuzione del diritto di zapping, offrendo al fruitore la possibilità di costruirsi un proprio percorso informativo, scegliendo tra le varie alternative possibili.
In ogni caso la maggiore libertà di manifestazione del pensiero garantita dalle nuove tecnologie finisce con rendere ancora più importante il rapporto fiduciario tra il sistema di regole a cui il giornale fa riferimento e i lettori, che proprio in virtù dell’attività giornalistica sanno distinguere l’informazione che merita la loro attenzione. La funzione del giornalista non è infatti quella di regolare l’enorme quantità di materiale informativo che arriva delle diverse fonti. Il giornalista è «una voce che racconta e ricorda» e che quindi ha il compito non solo di selezionare e confezionare le varie notizie, ma anche quello di interpretarle.
In realtà il conflitto blog/giornalismo tradizionale – come fatto notare anche nel forum di cui sopra riportato – è un dualismo non solo semplicistico rispetto a una realtà complessa come quella della comunicazione, ma forse è anche una dicotomia priva di fondamento in quanto ad oggi i blog non sono concorrenti dei giornali, non vi è antagonismo quanto piuttosto complementarietà tra queste due differenti modalità informative.
In linea di principio, non è azzardato sostenere che anche tramite un web blog si possa fare del giornalismo. Non è infatti il canale mediante il quale le informazioni vengono diffuse che determina il carattere giornalistico o meno dei contenuti, quanto piuttosto la bontà delle fonti, la verifica e il
controllo; la responsabilità è insita in ciò che qualsiasi persona vuole comunicare nel commentarle, trasformandole così in memoria collettiva.
Per il nostro giornalino d’Istituto auspichiamo un giornalismo partecipativo, collaborativo, a cui tutti dessero il loro contributo di idee e spunti di riflessione,
quello che i nostri amici inglesi chiamano il citizen journalism o open source journalism. E ovviamente, arrivederci all’anno prossimo.
Pino Cozzo