Trebisacce-12/01/2013: C’è un trebisaccese emigrato che si batte per riavere l’ospedale
C’è un uomo, un giovane uomo, di Trebisacce, che ha dovuto lasciare, ormai da anni, come tanti, la sua terra. Vive lontano da qui, perché lontano ha trovato lavoro, lontano sono nati e cresciuti i suoi figli, le sue bambine, lontano è ormai la sua vita…
Ma, al di là di una facile retorica, un pezzo del suo cuore è rimasto qui, a Trebisacce…qui è nato, qui ha passato la sua infanzia e la sua adolescenza, qui, nel centro storico, nel cuore antico della città, vivono i suoi genitori, suo fratello, qui sono sepolti i suoi nonni, e i morti, la memoria, il ricordo dei morti lega ad un posto – come è stato detto – più del rapporto con i vivi…una parte del suo cuore, nonostante viva a centinaia e centinaia di Km di distanza, nonostante passi qui soltanto qualche giorno all’anno, nonostante o, forse, proprio per questo, è rimasta e rimarrà per sempre a Trebisacce…
Trebisacce aveva un ospedale, un piccolo ospedale di frontiera, che, nonostante tutte le difficoltà di gestione, garantiva l’assistenza sanitaria sul territorio, un ospedale che, grazie ad interventi tempestivi in situazioni di emergenza e di malattie acute, ha salvato decine di vite umane…
Quell’ospedale adesso non c’è più, cancellato da un impietoso e irrazionale piano di rientro dal deficit finanziario della Regione Calabria in materia di sanità.
Quell’ospedale adesso non c’è più e, come capita sempre nelle vicende umane, ci si rende conto del valore delle cose soltanto quando le si è perdute, soltanto quando non le si hanno più…
Adesso che non ce l’abbiamo più, soltanto adesso ci rendiamo conto di quanto e di come quell’ospedale, spesso oggetto di critiche ingiuste e ingenerose frutto di valutazioni superficiali, ci manchi e di quanto fosse necessario…
Le donne e gli uomini di Trebisacce e dei paesi limitrofi, adesso, sono meno sicuri, meno protetti, nella consapevolezza angosciosa di dover affrontare decine di km nella malaugurata ipotesi di un male acuto, di un’emergenza, quando è necessario un intervento immediato e tempestivo, quando cinque minuti, letteralmente cinque minuti, possono fare la differenza tra la vita e la morte…
Ed allora,cosa fa quest’uomo, questo giovane uomo? Non vuole rassegnarsi a che nella sua terra si possa morire più facilmente che altrove perché non c’è un ospedale, non vuole accettare questa perdita che gli appare intollerabile, non vuole accettare che su questa ferita al corpo vivo della sua città e del suo comprensorio possa cadere il silenzio e l’oblio…
Ed allora, pensa ad un’azione dimostrativa, ad un gesto eclatante che accenda le luci della ribalta su questa vicenda, che le dia risalto sugli organi di informazione, che ne faccia comunque parlare…
Vuole attraversare a nuoto lo Stretto di Messina. Vuole farlo non per avere un effimero momento di gloria personale, non per vedere il suo nome scritto sui giornali, non per sentire parlare di sé per qualche giorno…
Vuole attraversare lo Stretto a nuoto, perché si parli di Trebisacce, dell’Alto Jonio, di questa terra spogliata, deprivata, sempre di più marginalizzata, di questa terra che rischia di diventare – per citare un celebre film di Clint Eastwood – un posto a metà strada tra l’Addio ed il Nulla…
Forse il suo gesto non servirà a nulla di fronte all’insensibilità e alla miopia di una certa classe politica, ma sarà comunque un atto di testimonianza forte dell’esistenza di un’intera comunità, che rivendica il suo diritto alla salute, che chiede con forza di non essere abbandonata ad un destino di marginalità, che non si rassegna ad essere la periferia della periferia, che non accetterà mai di vedere morire i propri figli per un infarto o per un ictus perché il soccorso è stato prestato troppo tardi…
Sono mesi che si allena con determinazione e tenacia…Aiutiamolo tutti, ciascuno per ciò che gli compete, in questa impresa, seguiamolo, organizziamoci, facciamo quadrato attorno a lui, stringiamoci a coorte, troviamo attorno a questa impresa il senso stesso dell’appartenenza ad una comunità che condivide il medesimo destino…
Le battaglie non si perdono, le battaglie, per il solo fatto di combatterle, per il solo fatto di credere con forza alle ragioni per le quali si combattono, le battaglie, per ciò solo, si vincono sempre…
Andrea Petta