Trebisacce-20/06/2013: La conversione dell’uomo (di Pino Cozzo)
La conversione dell’uomo
di Pino Cozzo
Gesù, figlio di Dio e termine di paragone di ogni azione e pensiero degli uomini, si compie la volontà del Padre di redimere le Sue creature da un peccato che rappresenta il rifiuto di un’azione filiale richiesta sin dall’origine dell’umanità. Il Regno di Dio non è un palcoscenico spettacolare, dove si esibiscono soubrette o veline, con paillette e stelle filanti, ma è la manifestazione delle cose semplici, orinarie, della vita quotidiana, che hanno il sapore della normalità, che piacciono però al Signore, di cui possiamo fare piena esperienza, se sappiamo accoglierLo con semplicità di cuore e amore. Per raccogliere buoni e abbondanti frutti, non basta seminarli; è necessario che il terreno sia fertile e che venga coltivato. Dunque, il seme che Dio getta nel nostro animo deve trovare pieno accoglimento nel nostro cuore, e noi dobbiamo essere pronti ad accettarlo. Dobbiamo, cioè, convertirci, che vuol dire, etimologicamente, cambiare rotta, direzione, e, praticamente, mutare il nostro modo di pensare e, soprattutto, agire, per mettere Dio al primo posto, senza remore e senza indugi, con la consapevolezza che si debba rinunciare a qualcosa o a tutto, che sia importante o meno. Vuol dire rinunciare agli idoli materiali, prestigio, onore, pregiudizi, per ottenerne di più e più importanti in quel Regno dove niente e nessuno ci può separare dal Bene supremo, che attende incessantemente e pazientemente che noi ci accorgiamo di Lui. Già, perché chi si converte ritorna alla comunione, ritrova la sintonia con Dio, con sé stesso, con gli altri fratelli, con le cose che lo circondano, riscopre il bene originario, che, in fondo, da sempre attendeva, di cui ora si accorge. Ed è vero, perché quel paziente Padre è il progenitore di tutti, anche di quelli che non lo sanno o non lo hanno ancora scoperto. La bellezza di Dio e della Madonna, il loro fascino, il loro carisma, l’influsso benefico che esercitano su di noi giustificano il piccolo sforzo di alcune rinunce e le piccole fatiche che compiamo. Esse sono in realtà il piccolo prezzo che paghiamo per crescere, per essere migliori, per correre verso la libertà ed arrivare alla piena comunione con il Signore. La ricchezza, la bramosia, la vanagloria diventano padrone, quando si ripone in esse la misura del proprio “io”, la sicurezza della propria esistenza e la scommessa del proprio futuro. La presenza di Dio in noi ci libera anche dalla tentazione del dominio sugli altri: Gesù non si è incarnato per essere servito, ma per servire. E allora, facciamo come Lui, prendiamo da Lui esempio, doniamoci incondizionatamente, aiutiamo chi ci chiede aiuto, soprattutto nel cercare e nel trovare Lui, ed alla fine saremo lieti e soddisfatti di noi. Chi è vero discepolo di Gesù non ha paura, sfida le tempeste e chi prevarica, e dà prova di coraggio. D’altronde, da S. Paolo a S. Francesco d’Assisi, da Sant’Agostino a Manzoni, la storia è costellata di tante testimonianze di conversioni eccellenti, e poi, per contemplare la sublimità del Signore, la vita terrena non basta, bisogna trasfigurarsi nell’al di là per gustarne appieno la bontà. Approfittiamo, dunque, anche di questo periodo di ferie, per fare esperienze di bellezza della natura e per arricchirci spiritualmente.