Trebisacce-11/07/2013:A nuoto attraverso lo Stretto di Messina per salvare l’ospedale appena chiuso
A nuoto attraverso lo Stretto di Messina
per salvare l’ospedale appena chiuso
Fiato, muscoli, ma soprattutto cuore e cervello. «Perché quando hai ricevuto un regalo dalla vita e dai medici che te l’hanno salvata, devi dedicare la tua agli altri». Gaetano Napoli è un operaio 38enne che lavora a Torino nel settore metalmeccanico e ha la Calabria nel cuore, la sua terra d’origine, abbandonata «per una vita migliore». Il nuoto è il suo svago, ma da un anno è diventato anche la sua grande missione.
Il 14 luglio, Napoli attraverserà lo Stretto di Messina a nuoto. Per lanciare un segnale forte in difesa del suo Comune, Trebisacce, in provincia di Cosenza, 10 mila anime che d’estate diventano 50 mila con i turisti. In questo piccolo avamposto della costa ionica è stato chiuso l’ospedale Guido Chidichimo, ma i trebisaccesi non si arrendono e lottano per la sua riapertura. Solo due persone prima di lui hanno compiuto l’impresa: Beppe Grillo con muta e pinne, durante la scorsa campagna elettorale, e un ragazzo disabile nel 2010, atleta paralimpico che aveva deciso di provare a superare i limiti della malattia, una fragilità ossea rara a cui si è aggiunta la perdita della vista, e alla fine ce l’ha fatta.
Il giovane calabrese si ritufferà in mare di nuovo, per compiere la medesima tratta, da Torre Faro in provincia di Messina a Canitello di Villa San Giovanni, in Calabria. Ma il suo intento è ben diverso e punta a sensibilizzare «le istituzioni, affinché ripristinino l’ospedale – spiega – che ci hanno tolto ingiustamente, ma ne avevamo un gran bisogno per garantire la nostra salute. Chiedo, chiediamo noi tutti dei comuni limitrofi, i sindaci e i vicesindaci che sono con me e mi sostengono in questa battaglia, di rimettere in funzione almeno il pronto soccorso. Abbiamo già perso troppi padri, troppi giovani mancati per un infarto non preso in tempo».
Il suo cuore grande ha deciso di allenarsi per un anno in una piscina di Torino in nome dei calabresi, ma anche per rendere grazie del «regalo» che i medici piemontesi dell’ospedale San Giovanni Bosco gli hanno fatto, salvandogli la vita. «Sono stato vittima di una meningite fulminante a cui si è aggiunta un’encefalite – racconta –. Ho vissuto nel coma farmacologico dieci giorni, poi paralizzato per mesi. Grazie alla bravura dei dottori di Torino sono tornato in piedi». Ha provato cosa significa «stare male e avere un ospedale per curarsi».
Un diritto su cui anche i suoi compaesani e quelli della moglie, madre delle due figlie adolescenti nate proprio a Trebisacce, dovrebbero poter contare. E invece no. Nell’Italia dei tagli alla Sanità capita che ci si debba, di punto in bianco, rassegnare a percorrere chilometri, «40-50 – precisa lui – alla volta di Corigliano Calabro o Rossano, gli unici ospedali ancora in funzione, per accedere alle cure. Siamo stanchi di piangere morti».
Attorno a Napoli e al suo testardo e coraggioso gesto, si sono radunati i sindaci del territorio, guidati dal vicesindaco di Trebisacce, Andrea Petta. Hanno organizzato una petizione depositata al Parlamento Europeo lo scorso 12 giugno a Bruxelles, mentre gli appelli sui social network si moltiplicano. «Mi sono allenato tre volte a settimana per un anno alla piscina Sempione di Torino – racconta –. Paura non ne ho neanche un po’. Penso di metterci un’ora e venti minuti, sempre se l’emozione e le correnti non mi giocheranno brutti scherzi. Quando conosci la malattia e la sofferenza profonda, ma hai delle figlie, degli affetti e vuoi solo riabbracciarli ancora, non hai più bisogno di dimostrare niente a nessuno. Non sei un campione, vuoi solo donarti agli altri, con amore e generosità, come qualcuno ha fatto con te».