Trebisacce-19/06/2014: La Provvidenza bussa alla porta del Sud ( di Paola Caracciolo)
La Provvidenza bussa alla porta del Sud
«Imparai a conoscere New York, ogni angolo, ogni buco, in lungo e in largo. Camminavo per le strade spesso in preda a un odio frenetico e cantavo, a volte, una canzone italiana e mi fermavo a piangere». Questo scritto inizia con un ricordo di Emanuel Carnevali, poeta appartenente a quella schiera di persone per le quali è doveroso serbare affetto e riconoscenza. È tremendamente difficile accostarsi ai suoi pensieri, come se il dolore, l’insistente afflizione tanto potente della sua esistenza trovasse estensione in ogni pagina, in ogni singola parola delle sue memorie. Un’infelicissima epopea mai consolata. Bisognerebbe leggerli i suoi scritti, bisognerebbe avere uno stomaco di ferro, ogni tanto.
Era il 1914 e una nave s’avvicinava alle coste americane. È il 2014 e una nave s’avvicina alle coste italiane. Si andava nel nuovo mondo, ora invece si chiede al vecchio mondo di diventare nuovissimo. Pensa al Sud. Pensa alla sventurata porzione d’Italia con le ali tarpate, al Sud senza ossigeno, alimentato dai veleni scaduti di certa gente misera e disgraziata. Una terra senza sollievo e condannata alla sopravvivenza. Chi bussa alla porta del miserabile? Non accade. Invece questa volta è accaduto. Resta da chiedersi quanto bisognerà attendere prima che la porta venga aperta del tutto. A chiare lettere: quella che è denominata con la parola modernissima “immigrazione” è la capacità di crescere. Nelle scuole, luoghi spesso controproducenti di conoscenza, viene detto che l’immigrazione è quel fenomeno di insediamento di uomini in paesi diversi da quello in cui sono nati. Per contro si identifica la “globalizzazione” come una certa unificazione. Si nota un filo rosso.
Capacità di crescere, si diceva, che equivale alla capacità di prendere coscienza dell’intero sistema di valori in cui si vive come un dato contingente, casuale, frutto di scelte vecchie e nuove, di situazioni politiche, non certo universalmente valide. Nessuno è nel giusto per grazia divina. Si viene a conoscenza delle proprie caratteristiche quando queste incontrano differenze. È necessario prendere atto di ogni sfumatura culturale, di ogni modo di intendere lo stare al mondo e delle dinamiche che lo rendono possibile. Fondere i sistemi culturali usuali con mille altri senza temere di perdere quel che si ha e quel che si è; una paura, questa, inutile e dannosa come qualsiasi altra. Questa è la crescita individuale, l’unica sfida da accogliere. Allora quando si è in quello che nell’Ottocento tanto si è definito consorzio umano, quando, dopo la nascita, ci si trova nel mondo sconosciuto e non richiesto, non si deve far altro che osservare, prendere atto e mai denigrare. Non se ne ha facoltà. Pensa all’ignoranza, alle mafie, tutte accomunate dalla mancanza di quell’altro capace di mostrare che la strada che si percorre è una delle innumerevoli e, senz’altro, non la migliore possibile.
Pensa al Sud dell’Italia, al culmine della sofferenza si trova ad avere contatti con popolazioni che guarda con sospetto, le stesse popolazioni protagoniste di una nuova fase già cominciata. Sarà la fase della presa di coscienza di sé, dell’uscita da quello stato di insicurezze e finte forze che ancora segna il corso degli eventi di un territorio che ritroverà nuova linfa.
Paola Caracciolo