Trebisacce-13/07/2015:L’Italia, crocevia dell’immigrazione (di Pino Cozzo)
L’Italia, crocevia dell’immigrazione
di Pino Cozzo
L’Italia, in un passato più o meno recente terra di emigranti, negli ultimi anni, è diventata luogo di immigrazione, meta agognata, sponda e àncora di salvezza tanto desiderata da tanti extracomunitari, che provengono da ogni parte del mondo, ma, soprattutto, dall’Africa settentrionale e dall’area del Mediterraneo. Sono Paesi martoriati dalla fame, dagli stenti, dalle guerre e dalle persecuzioni, e tante persone sfidano, ogni giorno ed a migliaia, il pericolo e la morte, ma anche le nostre leggi sulla clandestinità, pur di fuggire dai loro paesi. Quando non vengono rimandati indietro, nelle loro terre, lavorano in piccole fabbriche, nei campi agricoli, come domestici, altri, meno fortunati, chiedono l’elemosina all’uscita dei supermercati o agli angoli delle strade, o, peggio, si prostituiscono. Le carrette del mare e i centri di prima accoglienza mostrano immagini di desolante squallore che non hanno nulla a che fare e da dividere con la dignità dell’uomo. L’umanità, la solidarietà, la comprensione sono elementi da tenere in alta considerazione, ma, forse, sono necessari spunti di riflessione per accettare un fenomeno complesso e delicato, che non può essere liquidato con superficialità. Intanto, tutto nasce dalla miseria, dalla sovrappopolazione, dalle persecuzioni in cui versano tanti di loro, frutto della elevata differenza di tenore di vita tra i Paesi sviluppati e industrializzati e quelli più poveri e meno emancipati. Il problema dell’immigrazione non è e non può essere solo dell’Italia, crocevia di tutti i collegamenti geografici, ma deve riguardare tutta l’Europa e il mondo intero, poiché la posizione non deve rappresentare un handicap. Pertanto, un’immigrazione selvaggia non ha senso, è dannosa, va regolamentata, necessita di un vasto coordinamento con le altre nazioni, con politiche mirate ed efficaci, nel rispetto delle differenze sociali, ma guadando agli interessi locali. I nuovi gruppi sociali si mescolano con quelli indigeni, e si parla, dunque, di una società multietnica. E’ un bene? Se, da una parte, gli immigrati svolgono buona parte degli umili lavori che ormai noi italiani non vogliamo più accettare, se, in un Paese in cui la natalità risulta essere tra le più basse del mondo, si registra un calo demografico che solo i giovani immigrati possono compensare, dall’altra parte, si registrano casi di difficile convivenza civile, di azioni criminali, di furti, scippi, omicidi, atti delinquenziali, che nulla hanno a che fare con la integrazione sociale. Allora, serve solo, forse, una politica volta a stabilire il giusto equilibrio, in base al quale si devono gestire le situazioni sulla reale necessità di lavoro o manodopera. Come dire, vieni, se necessario. Ma poi, una volta non si diceva che è meglio insegnare a qualcuno a pescare, piuttosto che dargli il pesce? E poi, bisognerebbe tenere nella giusta considerazione alcuni elementi come l’inadeguatezza della legislazione vigente, l’impreparazione all’accoglienza e al trattenimento dei migranti e dei profughi da parte dello Stato italiano, la mancata consapevolezza, da parte di chi si occupa di reprimere l’immigrazione clandestina, della gravità e dell’entità del fenomeno, la discrasia tra gli atti degli organismi internazionali e l’attuazione e il rispetto della legislazione italiana. Gli sbarchi sono la fase finale di un processo con diversi passaggi, non nascono da un’imprenditoria della clandestinità improvvisata, ma dal lavoro di un’organizzazione complessa, che da questa attività ricava utili consistenti, ripartiti nella filiera di “tratta”, dall’offerta del transito allo sbarco, alla gestione delle diverse situazioni contingenti. Si tratta spesso di una filiera lunga, anche dal punto di vista della durata nel tempo e quindi richiederebbe azioni e decisioni ben concertate ed attuate. Il flusso di migranti e profughi si alimenta e alimenta il proliferare di organizzazioni mafiose. Sono composte in prevalenza da soggetti di nazionalità straniera (molti dei quali stabilmente residenti in Italia) con permesso di soggiorno o cittadinanza italiana, con forte caratterizzazione etnica, poco propensi alla collaborazione con cittadini italiani o di differente etnia. E i risultati di ciò sono sotto gli occhi di tutti.