Trebisacce-30/12/2015:L’anno che verrà (di Pino Cozzo)

Pino Cozzo
Pino Cozzo

L’anno che verrà

di Pino Cozzo

 

Se la vita abbia un significato è una questione ampiamente dibattuta, e l’esistenza umana è assurda, se non ha fondamento, logica o ragione. Nel vocabolario “Treccani”, il termine “assurdo” viene così definito: “che è contrario alla ragione, all’evidenza, al buon senso; che è in sé stesso una contraddizione, che può essere un’affermazione, una tesi, una supposizione, ma anche un’azione”. L’assurdo può essere comico e burlesco, nella tradizione del teatro leggero, ma può essere anche tragico, quando si vive la vita di ogni giorno al di fuori del consueto, senza conoscerne la ragione.  Così, è assurdo il mondo che vuol essere indipendente da Dio, non proteso al compimento della storia con Lui. Mentre, quando il buono e il bene crescono negli anni, poi fioriscono nell’eternità. Tutto può essere prezioso, anche un pezzo di pane o un bicchiere d’acqua, se dato con amore e condivisione. E sì, perché chi si prefigge degli scopi ha motivi più forti per impegnarsi nell’agire, non lavora per un’idea astratta, ma con il pensiero che incontrare e aiutare gli altri significa guadagnarsi un posto al sole, amarli vuol dire già passare dalla morte alla vita, perdere la propria esistenza significa in realtà acquistarla. L’impegno sociale deve mirare a inserire nel tessuto delle relazioni umane un dinamismo e una passione orientati alla meta definitiva: si tratta di affermare la centralità della persona, la libertà e la solidarietà, non tralasciando l’autonomia delle realtà terrene. La speranza cristiana non si dimentica dei limiti a della provvisorietà delle conquiste economiche, politiche, sociali e culturali, conferisce valore all’amore, ma ancor di più alla sofferenza, in cui la persona non solo mantiene la sua dignità, ma può crescere umanamente e far dono di sé ai fratelli. Nella cultura dell’immediato e del progresso, del tutto sempre e subito, del benessere ad ogni costo, del disprezzo per la vita e per l’altro, troppo spesso la speranza sembra soffocata ed asservita ad eventi caduchi ed evanescenti. In realtà, nel cuore e nella mente di ciascuno e nella società esistono attese e desideri di una realizzazione più elevata. La fede è sempre fermento e lievito per il mondo, e ciascuno di noi è chiamato a rendere visibilità e ragione del proprio impegno per la costruzione del futuro, proteso verso la meta eccelsa. Se il passato è ormai immobile nella sua forma, se il presente è a volte spietato nella sua realtà visibile, il futuro si presenta come ampiezza illimitata di possibilità e potenzialità, quasi fosse una materia plasmabile di un abile artefice. Nell’avvenire sta il compimento della speranza, la raccolta di quei frutti a lungo e amorevolmente coltivati e sognati. Il futuro è, nell’ottimista, roseo di promesse, di aspettative, di risultati o effetti, sprona i vogliosi, gli ambiziosi e gli intrepidi, si arricchisce di progetti e di fantasie cullate, di utopie e di desideri, e sembra quasi staccarsi dal suo legame immanente, temporale e statico, per costruire una sorta di terra promessa. Se il fine dell’uomo e della storia si sposta sempre più in là, è naturale che anche la sua fine sia procrastinata, allontanata oltre l’immediata percezione del presente, per avere la sensazione che siano gli altri a finire e a concludere l’avventura dell’esistenza, in un individuale isolamento che non può essere trasferito o mutuato. L’attimo fuggente è un punto di transizione, uno strumento di mediazione di un futuro atteso e agognato, e non si tratta di negare il tempo e il suo inesorabile trascorrere, ma di progettare o di essere elemento del progetto stesso. L’anno che verrà è già alle porte, sta bussando; adesso, sta a noi scegliere il modo in cui aprirgli: se con un muso lungo come il naso di Pinocchio, con gli occhi tristi che rispecchiano il nostro animo morente, o con la speranza e la certezza che la Provvidenza non ci abbandonerà, che il Signore si ricorda sempre dei suoi figli, non li abbandona al loro negativo destino, non li lascia in balìa del cattivo, ma si schiera al loro fianco e li assiste con amorevole e paterna fermezza. E allora, in questa vigilia del nuovo anno 2016, vogliamo fare i nostri più fraterni e calorosi auguri a tutti, ma, soprattutto, alle persone sole, agli anziani, alle famiglie in difficoltà, ai malati, ai bambini orfani, a quelli abbandonati, agli sposi separati, a coloro che hanno fame, ai lontani, a tutti coloro che vivono un’esistenza fatti di stenti e di sofferenze. A loro vogliamo dire: coraggio, siate forti e il vostro premio vi verrà incontro.