Villapiana-28/11/2016:Destino ormai segnato per la Biovix
VILLAPIANA Destino ormai segnato per la Biovix, la fabbrica sorta nell’area industriale di Santa Maria grazie a copiosi finanziamenti pubblici ma mai entrata in azione tradendo così la speranza di circa 100 operai? Fallito il tentativo di farla risorgere dalle sue ceneri per dare lavoro ai villapianesi? Sembra proprio di sì: sono infatti passati oltre due anni dal momento in cui il sindaco Palo Montalti, subito dopo essersi insediato, ha provato a praticare… la respirazione artificiale a un opificio che, dopo aver incassato i finanziamenti della Legge 488 (lavoro al Sud) in un primo momento per produrre enzimi chimici e in un secondo momento per assemblare pannelli fotovoltaici, ma che alla fine è miseramente fallita prima ancora di aprire i battenti. Encomiabile lo sforzo del primo cittadino che si è recato di persona a Brescia, sede legale della fabbrica che, a seguito delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza su mandato della Procura della Repubblica di Castrovillari è stata sottoposta a varie inchieste giudiziarie sfociate nel sequestro giudiziario della grande struttura industriale che dispone di un capannone di circa 10mila metri quadrati. Da allora la fabbrica è stata messa più volte all’asta per onorare il debito dei creditori. Aste che però sono andate sempre deserte, tanto che col passare dei mesi il prezzo è sceso al punto da spingere il comune a fare questo investimento. E’ proprio per questo che il sindaco Montalti si era recato a Brescia per valutare, insieme al curatore fallimentare e al Magistrato, se ci fossero le condizioni da parte del Comune di acquisire l’opificio attraverso una transazione che ne avesse ridotto i costi almeno del 50%. Per riaprire la fabbrica attraverso una riconversione, il sindaco Montalti aveva anche avviato contatti con una società di Brescia, la “Tecnobuilding” che si era dichiarata favorevole a valutare la proposta e ad occupare la metà dell’opificio ritenuta sufficiente ad ospitare una fabbrica di assemblaggio di moduli abitativi ecologici (casette in legno). L’altra metà sarebbe rimasta nella disponibilità del Comune che, con i soldi incassati avrebbe potuto onorare il muto da attivare con la Cassa DD.PP. per l’acquisto, mentre l’altra metà dell’opificio sarebbe servito come rimessa per i mezzi della raccolta differenziata. Sulla carta un bel progetto, che avrebbe potuto contribuire a ridurre la piaga della disoccupazione. Peccato però che, a distanza di oltre due anni, non se ne parla più!
Pino La Rocca