Trebisacce-20/02/2017:Sindaci, amministratori, segretari di partito, movimenti, associazioni e cittadini comuni dell’Alto Jonio tutti al fianco di Giovanni Papasso sindaco di Cassano Jonio per esprimergli vicinanza e solidarietà per l’atto abominevole da lui subito con la profanazione della tomba del padre.
TREBISACCE Sindaci, amministratori, segretari di partito, movimenti, associazioni e cittadini comuni dell’Alto Jonio tutti al fianco di Giovanni Papasso sindaco di Cassano Jonio per esprimergli vicinanza e solidarietà per l’atto abominevole da lui subito con la profanazione della tomba del padre. Un atto vile ed esecrabile, questo che, come hanno sottolineato in tanti, offende e mortifica un amministratore di lungo corso che da sempre si batte per la sua gente e in difesa della legalità. Uno spregevole atto di barbarie che, oltre alla persona, offende gli affetti più cari. che rischia di mettere in cattiva luce il civilissimo popolo della Città delle Terme e che dimostra, ancora una volta quanto, a qualsiasi latitudine, sia difficile e talvolta anche pericoloso fare il mestiere dei sindaci: sempre sovra-esposti e troppo spesso costretti a combattere in solitudine contro l’illegalità ed il malaffare. Ad esprimere la solidarietà al collega Papasso, a nome della città di Trebisacce, ci ha pensato il sindaco Franco Mundo: «Ho appena saputo del vile atto consumato contro l’amico e collega Gianni Papasso. Un atto – ha scritto il primo cittadino di Trebisacce – che offende la dignità degli uomini liberi, democratici e politicamente impegnati a difendere i destini della nostre comunità. Siamo perciò tutti al fianco di Gianni Papasso e lo incoraggiamo a continuare la sua battaglia politico-amministrativa per la crescita della sua comunità e dei nostri territori. In casi come questi – ha concluso l’avv. Mundo – non servono frasi di circostanza e non bastano le dichiarazioni di solidarietà. Serve impegno, servono meno lingue che sparlano e calunniano e più amore e dedizione, non verso il sindaco o l’amministrazione, ma verso la propria terra».
Pino La Rocca