Trebisacce-12/04/2017:La Pasqua di Resurrezione (di Pino Cozzo)
La Pasqua di Resurrezione
di Pino Cozzo
Nel volto torturato di Gesù è necessario vedere un centro irradiante, l’origine dell’immensa quantità di grazie che affluiranno nel mondo. La sofferenza è il prezzo di innumerevoli gioie per gli uomini, e tutto il bene che esiste nelle anime è frutto della passione di Cristo. Offrendo il suo volto alla sofferenza, Cristo vi ha perciò impresso il segno di una fecondità divina. Il dolore è fonte di progresso e di felicità per chi l’accetta, e anche per altri; procura agli uomini grazie di santità ed è destinato ad accrescere la loro gioia. Di tutti i «perché» pronunciati dall’uomo, quello suscitato dalla sofferenza è il più drammatico. Il dolore infatti penetra nella profondità dell’essere umano, la turba o la sconvolge. Pone inoltre un problema non solamente teorico, ma pratico; l’interrogativo «perché» non deriva semplicemente da un interesse speculativo; ma risuona come un grido personale, il grido di una persona colpita in ciò che ha di più intimo o di più caro. A questo problema di vita il Calvario offre una risposta viva. Nella carne e nell’anima del Cristo la sofferenza rivela la sua ragione d’essere e offre le sue vere dimensioni. Il volto del dolore s’identifica, dal tempo della Passione, con il volto di Cristo: viso puro e santo, viso della perfezione umana, viso divino d’amore, viso di Salvatore che realizza la sua missione. Questo volto di Cristo risponde a tutte le domande degli uomini sofferenti: a coloro che si credono puniti, mostra che si tratta di un invito alla riparazione più che di castigo; a coloro che si considerano sminuiti o spezzati dalla prova, ricorda che nella prova c’è una via alla perfezione e alla nobilitazione; a coloro che si credono vittime della potenza arbitraria, della durezza o della freddezza incomprensiva di Dio, attesta la simpatia divina che vuole assumere come suo il dolore e l’amore divino che si umilia fino al sacrificio totale; a coloro che si affliggono per gli ostacoli posti alla loro azione da disgrazie e fallimenti, testimonia la fecondità soprannaturale delle loro incapacità. Di conseguenza bisogna sforzarsi di conoscere meglio il volto del Cristo sofferente, d’entrare nel segreto dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti. Una luce s’irradierà sui dolori umani. Non che tutta la oscurità possa esser dissipata: la sofferenza resta un mistero, che oltrepassa la nostra intelligenza e sconcerta la nostra ragione. Ci sarà sempre quaggiù qualcosa di inesplicabile nelle nostre prove. Ma questo mistero occorre penetrarlo in comunione con il mistero della Passione. Unendo la propria vita a quella del Salvatore o lasciandosi incorporare in essa, il cristiano cessa di scontrarsi con la sofferenza come se fosse un problema irritante; la croce entra nella sua esistenza, croce condivisa con il Maestro. Il dolore diviene parte integrante della sua vita e del suo amore, accettato e assunto come una missione.