Rocca Imperiale-02/05/2017:ANNIVERSARIO: ROCCA IMPERIALE CALABRESE

ANNIVERSARIO: ROCCA IMPERIALE  CALABRESE

Dopo il Congresso di Vienna,  ritornato al potere sul trono di Napoli,  Ferdinando IV, divenuto I° per l’unificazione delle due corone di Napoli e di Sicilia, diede un nuovo assetto alle province, e Rocca Imperiale per leggi del 1° maggio  e  del 12 dicembre 1816, dal I° gennaio 1817,  esattamente due secoli fa, è stata  definitivamente  assegnata alla provincia  di  Calabria Citra,  con  capoluogo Cosenza, distretto di Castrovillari, mandamento di Oriolo: perciò da lucana divenne calabrese .

     Prima di tale data, Rocca Imperiale fin dalla sua origine (circa 1225) era stata aggregata alla Basilicata ininterrottamente, con capoluogo Matera, poi Potenza, poi ancora Matera, mentre la Chiesa di Rocca ha continuato sin dalla sua nascita a far parte della diocesi di  Anglona  e Tursi fino al 1976, quando per la ristrutturazione delle circoscrizioni vescovili operata dalla S. Sede, viene assegnata alla diocesi di Cassano Jonio,                                                                                                                                                                          A capo dell’amministrazione fino a tutto il 1700  vi era il sindaco che talvolta era analfabeta : importava poco saper leggere e scrivere; il suo potere consisteva soprattutto e quasi esclusivamente nel far compilare gli elenchi di contribuenti e nel coadiuvare  gli agenti esattori delle tasse  i quali periodicamente venivano da Napoli a riscuotere i tributi dei cittadini per il re e  nel riscuotere i  tributi che i Luoghi Pii erano tenuti a dare per l’ “accomodo” delle strade, oltre che nel nominare i cappellani delle cappelle di juspatronato delle Università (così venivano denominati  i Comuni).   La carica durava un solo anno, dal settembre all’agosto successivo, al termine del quale il popolo, convocato  in piazza, eleggeva il nuovo sindaco.   La vita  continuava a svolgersi sempre uguale  a se stessa:  senza sussulti – scrivevamo nell’Ellade del dicembre del 1996 – se si esclude qualche eccezionale avvenimento provocato più dall’esterno che da fatti maturati all’interno della comunità in modo endogeno: terremoti, epidemie, scorrerie di turchi e di banditi, miracoli,  ma anche questi avvenimenti “eccezionali” alla fin fine rientravano nelle normalità della vita dei tempi, essendosi  verificati non di rado nel  corso dei secoli.  C’era una mentalità  bigotta  e superstiziosa: la vita sembrava fervere solamente all’ombra dei campanili, nelle sacrestie della Matrice  e delle Cappelle:  la sera un via vai di vaticali,  censuari, di pastori, di preti, di penitenti, di “bizoche” … e il reverendo procuratore diligentemente annota: introiti di grano, oglio, orzo, cascio (= cacio), casicavalli, vendite di genche, vacche, coiri (= cuoi, pelli).                                                                                                Perciò, gli  spostamenti degli uffici amministrativi burocratici,  da  Matera a Potenza e di nuovo a Matera e, dopo il 1816. da Matera a Cosenza , da distretto di  Lagonegro  a quello di Castrovillari e dal  mandamento di  Rotondella a  quello di Oriolo non  erano il problema preminente e  avvennero tra l’indifferenza della maggior parte dei  Rocchesi.   In  effetti  non cambiava gran che perché le tasse,  i balzelli  si dovevano pagare al Re  o ai feudatari,  ai Raimondo, ai Crivelli, tramite un esattore di Potenza o di Matera o di  Cosenza o l’aguzzino di turno: che importava?   Anzi  la  lontananza dai centri di potere ( Matera km. 80, Cosenza km. 130)  probabilmente era vista come un vantaggio  per le difficoltà che i funzionari esattori  avevano di raggiungere Rocca, dove si facevano vivi  solo per riscuotere le tasse  dai     cittadini .                                                  

Con le leggi napoleoniche dell’inizio del secolo successivo  si erano avuti  sindaci  di più lunga permanenza in carica (normalmente due-tre anni), coadiuvati da due eletti. Il sindaco e gli eletti venivano nominati dai decurioni, i quali  erano scelti a sorte tra i proprietari e i professionisti e nominati col  beneplacito del governo, ma i problemi rimasero gli stessi.                                                                                                                                                                                                               

  Dal 1820 – 21, (inizio delle insurrezioni a Napoli, in Sicilia, in Piemonte)  e soprattutto dall’Unità d’Italia in poi quando la coscienza dei propri diritti e  dei  nuovi bisogni si fa più viva nella popolazione, certamente la lontananza dal capoluogo Cosenza, 130 chilometri di strade  prevalentemente di montagna  spesso tratturi e torrenti impetuosi privi di ponti,  era un problema.  

Gli  aggiustamenti burocratici con la conseguente dispersione di documenti hanno certamente creato seri  problemi ai ricercatori  e studiosi di storia.

I  rapporti col capoluogo non migliorarono per tutto  l’ Ottocento.  Infatti il malcontento. era diffuso in tutta la fascia ionica da Rocca a Trebisacce;  in particolare i Rocchesi continuarono, e continuano tuttora ad avere  stretti rapporti con i paesi  vicini della Basilicata: Bollita (ora Nova Siri),  Policoro, Tursi, Montalbano, Rotondella  e soprattutto con Taranto, città distante 80 chilometri di strade pianeggianti

Dagli anni venti  del secolo scorso ( il Novecento) e fino ad oggi il malcontento assunse anche carattere si fa per dire,  ufficiale,  nel senso che del problema si  fa carico anche l’Amministrazione Comunale: infatti  nell’aprile 1923  il  Sindaco Carmine Cosentino riferisce al Consiglio di  Rocca Imperiale  che “Taranto  si agita perché  sente di  essere costituita a capoluogo di Provincia.  In considerazione  che Rocca, come i Comuni limitrofi del Mandamento di Rotondella   (Nova Siri, Rotondella) e Oriolo (Canna, Nocara, Amendolara, Roseto e Rocca) per ragioni essenzialmente geografiche sono a pochissima distanza dalla linea ferroviaria Taranto- Reggio Calabria e possono raggiungere Taranto con 2-3 ore di ferrovia [siamo nel 1923] e non 8-10 ore per andare  a Cosenza, il Consiglio con entusiasmo e all’unanimità fa voti presso le autorità superiori competenti perché questo comune venisse assegnato alla nuova Provincia di Taranto”.  I  voti dei Rocchesi non vengono accolti. Lo stesso problema si presenta periodicamente: nel 1934  e nell’immediato  secondo dopoguerra (iniziativa sostenuta soprattutto dal  giudice Pasquale Blotta [1] di Oriolo Calabro).   Nel 1957 il Consiglio delibera di aderire alla costituzione  della Provincia del Pollino con capoluogo Castrovillari,  e ancora in occasione   dell’istituzione della quarta provincia di Calabria, quella di Crotone, e per ultimo (è di questi primi anni del terzo  millennio) ci si agita perché Rocca  ritorni alla provincia di Matera.                    Le  iniziative di cui sopra non hanno avuto  seguito soprattutto  per  l’opposizione da parte di imprenditori che hanno stabilito una rete di connivenze  e interessi  con la “corrotta” Cosenza,  nonostante   i Rocchesi, appartenuti  ininterrottamente fino a tutto  il 1816 alla Basilicata, siano, secondo noi, per cultura,  per tradizione e costumi, per lingua e interessi commerciali  più lucani che calabresi.

  Quest’ultima nostra percezione sarà rafforzata, secondo lo scrivente, dall’opera di congiungimento del lungomare di Rocca Imperiale a quello di Nova Siri, che il Sindaco Avv. Giuseppe Ranù  si è impegnato di portare avanti  e di realizzare  entro la fine dell’attuale suo mandato come sindaco.                                                                              

[1]  sposato con la rocchese Faraldi Maria, di Giovanni e di Ida Eleonora Ildegonda Fasolo. Maria era  nipote del cavaliere Giuseppe   

    Faraldi, che  l’amava come figlia..

Vincenzo Manfredi