Pino Faraca è uno dei figli più ricordati di Cosenza, ciclista indimenticato e pittore dall’immenso talento. È trascorso poco più di un anno dalla scomparsa di Pino e in occasione del 1* memorial Pino Faraca ho incontrato Patrizia Faraca, sorella di Pino, e sua nipote Roberta Castellano. La storia della famiglia Faraca inizia nel profondo sud degli anni ’30, in un’Italia che di lì a poco avrebbe conosciuto il secondo conflitto mondiale. Francesco Faraca nasce nel centro storico di Cosenza il 1° Gennaio del 1935. Francesco vive la sua adolescenza tra miseria e polvere, e la sua unica via di fuga era la bici e l’amore per il suo idolo, il più grande ciclista italiano di tutti i tempi Fausto Coppi. È il 1949, il Giro d’Italia passa da Cosenza e Francesco si arrampica su di un muro per applaudire Coppi: “La rivalità tra Coppi e Bartali era leggenda. “[…] Coppi mi sorrise e mi salutò; lo presi come un segno del destino. E fu amore per la bici.” Francesco è un buon ciclista tra i dilettanti, vince in Puglia, in Abruzzo e nel GP di casa che si svolge sul circuito di Corso Mazzini. Sfiora la vittoria al GP San Pellegrino e nel GP di Ischia. Il 27 agosto, proprio di ritorna da Ischia entrando a casa trova sulla porta la moglie con il piccolo Giuseppe in braccio. È nata una stella luminosissima. Giuseppe è il primo di sette fratelli, cinque dei quali imbracceranno la bici e seguiranno le orme di papà Francesco. Giuseppe è attivo tra i dilettanti dal 1976 al 1980, coglie diverse vittorie con la maglia della squadra di famiglia la Fausto Coppi – ndr la squadra fondata da papà Francesco e dall’amico Vincenzo Le Donne – tra cui spiccano quelle al giro di Campania, a Vertova e il record della cronoscalata Bologna-Raticosa. “Per scherzo lo portai ai piedi di una salita fatta di pietra con pendenze impossibili da scalare per un ragazzo […] Lui senza indecisione inforcò la bici e senza apparente difficoltà scalò quel muro senza mai alzarsi dal sellino.” (Francesco Faraca – dopo aver incoraggiato suo figlio, Pino, a scalare la salita della cosidetta Delegazione, sita nel Centro Storico di Cosenza). Il 1981 è l’anno della consacrazione mondiale di Pino. Faraca è da poco passato professionista con la Hoonved-Bottecchia,e il ds Zandegù scommette su di lui: “È Faraca il nuovo Bahamontes.” Pino impressiona al Giro del Mediterraneo e alla Milano-Sanremo, giunge 5° al Giro di Puglia e al Giro dell’Etna tira la volata al compagno Mantovani 2° preceduto dal grande Saronni, giunge 9° nel GP di Lanciano. Pino è atteso alla conferma, è tra i convocati per il Giro d’Italia. È il 13 maggio quando il Giro parte da Trieste, Pino è 10° nella prima semitappa a Bibione, e nello stesso giorno si aggiudica la cronosquadre sempre sul traguardo di Bibione: Moser è in rosa, Faraca veste la maglia Bianca di miglior giovane. Sarà poi 5° in classifica a 22″ dalla Rosa di Moser, in fuga con Argentin viene fermato da Zandegù per aspettare il capitano Mantovani: perderà minuti che lo faranno scivolare al 13° posto in generale. Tappa dopo tappa impone il suo talento. Diventa capitano e nonostante due cadute conquista la maglia Bianca. La difenderà in maniera eccelsa sulle Dolomiti: nella scalata delle Tre Cime di Lavaredo Pino è in fuga con Battaglin, Saronni, Ceruti, Munoz e Argentin. Taglierà il traguardo a 40″ da Battaglin e ipotecherà la Maglia Bianca. La sera nella sua stanza d’albergo Pino, papà Francesco e zio Mario, e il fratello Giacomo troveranno alla porta Motta, Gimondi e un vecchietto, Gino Bartali pronti a complimentarsi con il giovane cosentino. Faraca concluderà il Giro 11° dietro a Baronchelli. La sua scesa è inarrestabile, Alfredo Martini lo affianca durante il Giro degli Appennini e gli comunica che farà parte della rosa degli azzurri per il campionato del mondo. Pochi minuti dopo Pino scivola, si rompe la clavicola e sbatte la testa: è in coma. La caduta pone fine alla carriera di un astro nascente del ciclismo italiano. Pino si riprenderà ma non tornerà ai livelli di prima, riproverà l’esperienza al Giro nell’82 e nell’83 senza risultati eccellenti. Nell’86 mentre affronta la discesa della Crocetta viene investito da un auto pirata e trasportato d’urgenza all’ospedale di Paola, rischia ancora una volta la vita. Nell’86 arriva l’ultima presenza al Giro, passa con la carovana da Cosenza dove è applaudito per l’ultima volta dal suo pubblico. Dopo aver lasciato il ciclismo Pino si dedicherà alla pittura – aveva conseguto il diploma al Liceo Artistico – coltivando una passione che lo ha sempre accompagnato sin da bambino. Pino adorava Picasso, suo idolo insieme a Eddy Merckx. “Vincerò le mie Tre Cime di Lavaredo, quando qualcuno guardando un mio quadro, senza paura di sbagliare dirà: è un Faraca.”Pino vivrà una seconda giovinezza nella sua galleria d’arte di Cosenza, dove darà vita ai suoi pensieri con dense pennellate di colore ispirandosi al suo pittore del cuore Picasso: i quadri rappresentano scene di vita quotidiana, ciclisti in fuga che si stagliano in un paesaggio umanizzato e affrontano temi di attualità come la dipendenza dalla droga e dall’alcol, passando per l’amore per il Cosenza, sua squadra del cuore e per Cosenza, sua città natale. Le sue opere sono conservate gelosamente dalla moglie Maria e dalla sorella Patrizia, e dall’amico fraterno Ernesto Colnago, fondatore della Colnago e grande estimatore di Pino. Uno dei suoi quadri diventerà, anche, nel 2005 la copertina ufficiale del suo amato Giro D’Italia.
Un grazie speciale a Patrizia e Roberta.
A cura di Luigi Cristiano (redattore thesports.altervista,org)