Trebisacce-23/10/2017: CHIAMATI A DISCERNERE: IL VESCOVO A TUTTO IL POPOLO DI DIO CHE E’ NELLA DIOCESI DI CASSANO ALLO IONIO – 11 OTTOBRE 2017 (di Pino Cozzo)

Pino Cozzo

CHIAMATI A DISCERNERE: IL VESCOVO A TUTTO IL POPOLO DI DIO CHE E’ NELLA DIOCESI DI CASSANO ALLO IONIO – 11 OTTOBRE 2017

di Pino Cozzo

 

E’ pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma, di quel tipo di ragionamento, cioè,  logicamente corretto in apparenza ma che, in realtà, porta a conclusioni false o assurde. Per orientarsi e orientare, vi è bisogno del discernimento, di quella capacità di scegliere ciò che è buono da ciò che non lo è. Esso deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti: esso è la scure. Esaminare, dunque, e tenere ciò che è buono, dopo aver fatto una cernita. Non lasciamoci rubare la Comunità: evangelizzazione e (è) comunità. La fraternità cristiana è rappresentata dal fatto di diventare una cosa sola con Cristo e che anche i cristiani diventano una cosa sola tra di loro e ciò significa di conseguenza una cancellazione dei confini naturali e storici che separano. Deve perciò regnare l’éthos, ma anche il pathos e il logos. Le parole del Signore al giovane ricco “perché mi chiami buono, nessuno è buono, se non Dio solo, significa forse che noi, immagine del Dio buono, dobbiamo a nostra volta essere buoni, una “corporatio cum Christo”. Non esiste l’io con il tu e il voi, ma il noi. Pronunciare il no a questo e il sì a quello costituisce la libertà di azione che il Signore lascia ad ognuno di noi. I quattro verbi della generatività sono il desiderare come scelta tra il bene e il male, quando il desiderio si avvolge su sé stesso, non coinvolge l’altro, è autoreferenziale, diventa egoismo; il partorire è la mediazione della vita, una forma di compartecipazione al progetto di vita del Signore; il prendersi cura, l’I care di Don Milani, il far crescere, educare e guidare alla fede, alimentandola continuamente; il lasciare andare, trasmettendo anche i valori fondanti del cristianesimo e della vita. L’iniziazione cristiana  rappresenta una sfida complessa, ma affascinante e la convinta scelta della triplice prospettiva missionaria, iniziatica e antropologica; il recupero della centralità della comunità ecclesiale e della famiglia nell’iniziazione cristiana dei ragazzi; la presa in carico da parte di un gruppo variegato di persone del compito complesso della stessa iniziazione. In passato, la fede veniva trasmessa in famiglia, non teoricamente, ma nella vita quotidiana, con le parole, ma, soprattutto, con le azioni. Si trasmetteva per osmosi, nelle vicende e nelle esperienze giornaliere: le feste, i lutti, le difficoltà economiche, il modo in cui si pensava e si parlava, il modo in cui si pregava insieme, la scuola, la maestra, la parrocchia. Ma, a mano a mano che venivano meno i grembi generatori sociologici della fede, abbiamo iniziato a caricare sull’ora settimanale di catechismo il compito di iniziazione alla fede: siamo stati gradatamente e progressivamente abbandonati da coloro che generavano alla fede.

Molti ritengono che la fede non sia necessaria per vivere bene, perciò, prima di educare ad essa, bisogna suscitarla, con il primo annuncio, dobbiamo far ardere il cuore delle persone, confidando nella potenza del Vangelo, che chiama ogni uomo alla conversione e ne accompagna tutte le fasi della vita. Siamo portati a prendercela con il Signore nei momenti negativi, ma non ci ricordiamo mai di ringraziarlo, quando viviamo attimi di gioia. L’autoreferenzialità e la riduzione della parrocchia a centro di distribuzione di servizi religiosi, come se fosse una macchina erogatrice di prodotti.

La seconda conversione riguarda il ripensamento del modello di iniziazione cristiana in prospettiva catecumenale, per ripensare al processo di riscoperta della fede da parte degli adulti, che dovrebbero rappresentare l’esempio più maturo della fede e della testimonianza.

Il Convegno nazionale di Verona, con i cinque ambiti individuati (la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità umana, la tradizione, la cittadinanza) sono luoghi di esperienza esemplificativi dell’arco intero della vita e della convivenza umana. Educare alla vita buona del Vangelo; si potrebbe aggiungere buona per definizione.

Per modello strettamente catecumenale, si può intendere come percorso di iniziazione cristiana dei ragazzi, centrato sul coinvolgimento dei genitori, come dire, “A Deo per filium”.

Il modello dei quattro tempi, per il quale l’odine dei sacramenti rimane quello tradizionale, ma la logica del percorso è centrata sugli adulti e sulla comunità ecclesiale. Per il modello consueto con ispirazione catecumenale, in molte diocesi e parrocchie non ci sono ancora le condizioni per cambiamenti strutturali, ma c’è già la necessità di cominciare a immettere nelle abitudini tradizionali una mentalità nuova.  Forse, alla fine, con la pratica e con l’esempio, le abitudini si modificano, o, se vogliamo, le migliori pratiche aiutano a migliorare i comportamenti.

Come criticità, il rinnovamento stenta a decollare, se si resta dentro il vecchio modello catechistico, la debole applicabilità della prospettiva catecumenale nel contesto del vecchio modello e la sostenibilità del cambiamento, rispetto alle reali risorse delle parrocchie. Allora, si imposti un cammino di iniziazione cristiana ad  ispirazione catecumenale, che veda la centralità della famiglia-genitori, per mezzo di un percorso globale e integrato, cioè, di apprendimento, conoscenza e testimonianza;

la connessione dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana, con una realizzazione che avvenga nella comunità. In conclusione, fuggire ogni pericolo significa fuggire ogni responsabilità e defilarsi da ogni forma di impegno ed evangelizzazione.