Italia-01/11/2017: ANTISEMITISMO? PROVIAMO A PRATICARE L’ANTICRETINISMO, CH’È MEJO.
ANTISEMITISMO? PROVIAMO A PRATICARE L’ANTICRETINISMO, CH’È MEJO.
Brano tratto da: “Il Porto di Roma”; Maurizio Silenzi Viselli; Newton & Compton Editori.
…Claudio affrontò la risoluzione politica della crisi economica e sociale con iniziative di taglio decisamente avveniristico.
Per prima cosa pose riparo ai danni provocati dagli arbìtri del suo predecessore Caligola, concedendo un’amnistia, rinunciando all’immunità imperiale e revocando i provvedimenti contro gli Ebrei (risale a questo periodo la realizzazione della Sinagoga, orientata a sud-est verso Gerusalemme, ritrovata nel settore meridionale di Ostia sulla cosiddetta Via Severiana; si tratta di una scoperta eccezionale, essendo questo il più antico edificio di culto ebraico mai ritrovato in Italia ed in tutto il Mediterraneo occidentale.).
Segue nota nel testo.
La storia degli Ebrei di Roma è la storia della più antica comunità ebraica d’Europa, essendo, le prime notizie scritte, sulla loro presenza a Roma, databili al 159 a.C. (quando giunse un’ambasceria ebraica che, a nome di Giuda Maccabeo, chiese ed ottenne di stringere un impegno di amicizia).
Possiamo pensare che quelle prime botteghe, ritrovate negli scavi, come abbiamo già visto, a ridosso del Castrum Ostiae, potrebbero essere appartenute a commercianti ebrei provenienti dal contesto ellenico, sia insulare che continentale (quindi ancor prima del 159 a.C.).
Questo primo insediamento, attestatosi alla foce del Tevere, potrebbe aver attivato degli scambi e dei rapporti in grado di realizzare quella iniziale testa di ponte propedeutica all’accordo poi stipulato.
Possiamo facilmente immaginare la dinamica degli eventi: i commercianti (di grano o di altri prodotti orientali), sicuramente spicci e concreti, piazzarono efficacemente i loro presidi direttamente sul mare, nei pressi ed al riparo della postazione militare, da dove potevano vigilare l’arrivo e la partenza delle loro navi e dei loro prodotti, o da dove potevano più semplicemente acquistare di prima mano le merci da vendere in città.
Si trattava del resto di un’organizzazione imprenditoriale più facilmente avviabile da uomini esterni al sistema oramai più statico ed abitudinario dei cittadini romani ostiensi (che, come abbiamo ipotizzato, parlando della Ostia di Anco Marcio, si devono essere trovati a subire molto gradualmente l’affermarsi di una posizione sempre più arretrata rispetto alla linea di costa). Questi nuovi commercianti, abituati a viaggiare ed a cogliere rapidamente le occasioni più favorevoli allo scambio, li dovettero quindi precedere in un’intuizione di posizione più commerciale ed efficiente.
Questi nomadi del commercio si trovavano anche in una condizione che gli permetteva di adattarsi più facilmente alla precarietà urbanistica di una localizzazione posta quasi in riva la mare (che del resto risultò poi nei fatti, non solo non provvisoria, ma vincente).
Il successo e la tranquillità di questo originario nucleo ebraico dovette richiamarne numerosi altri; questa comunità si localizzò in parte a Roma, al di là del Tevere, in una posizione, anche in quel caso, solo inizialmente decentrata, visto che con la realizzazione del Porto di Roma il centro commerciale urbano si spostò in riva destra, proprio a ridosso del quartiere ebraico.
Questa comunità ebraica, romana in tutti i sensi di questa definizione, ha suscitato sempre in Roma, pur nei capricci altalenanti di una storia millenaria, un grande rispetto.
Per evidenziare questo sentimento (sottolineato da Abraham Berliner nella sua “Storia degli Ebrei di Roma; Rusconi libri), basterebbe anche soltanto analizzare un pensiero di Marco Terenzio Varrone espresso nell’opera “Sulle antichità umane e divine” del 47 a.C.: “…per oltre 170 anni gli antichi Romani venerarono gli Dei senza bisogno di immagini sacre, e se quest’uso fosse rimasto, il culto degli Dei sarebbe stato più puro”. Questo brano, come riportato e commentato da Sant’Agostino, non solo esalta il valore spirituale della religione ebraica, ma stabilisce anche un comune punto di contatto sostanziale e positivo con un originario criterio spirituale romano.
Questa componente religiosa degli Ebrei non assunse mai connotazioni politiche, essi rimasero sempre fedeli alla loro cittadinanza romana anche quando Roma entrò in conflitto militare con Israele.
Questo atteggiamento sancì il definitivo affermarsi di un sentimento di fratellanza a cui nessun “vero” Romano è stato mai disposto a rinunciare.
Claudio emise un editto nel quale stabiliva tra l’altro che: “…gli Ebrei di tutto l’impero possono seguire senza ostacoli i loro ordinamenti aviti, purché non disprezzino le religioni degli altri popoli, limitandosi ad osservare le proprie leggi.”.
Fine del brano, scritto da uno che possiamo considerare attendibile, visto che il suo cognome compare già in alcuni bolli laterizi imperiali (vedi immagine).
Maurizio Silenzi Viselli architetto