Rocca Imperiale-18/04/2018:LETTERA APERTA ALLA COMUNITÁ ROCCHESE ( di Giuseppe Iannarelli)
LETTERA APERTA ALLA COMUNITÁ ROCCHESE
Dammi un ricovero dove ripararmi ed un giaciglio dove riposare, qualcosa da mangiare e , ti sarò grato per la tua ospitalità. Nel mio peregrinare senza sosta, parlerò di te e della tua casa, della tua cordialità e ti descriverò come colui che pur non conoscendomi, mi ha dato ospitalità, ha condiviso con me un tetto ed un pasto caldo e mi ha detto: “ sii sempre il benvenuto, questa è la tua casa e questa è la tua famiglia, sia che tu dimori sotto al mio tetto o in ogni angolo di strada di questo paese; e, se puoi, tu che conosci il mondo, non giudicarmi per ciò che non ti è stato gradito, ma aiutami a capire dove ho sbagliato per potermi migliorare.
Potrebbe essere questo, un incipit, per un’opera, l’Opera grandiosa di cui sono state capaci le grandi civiltà nel corso dei secoli, partendo dagli egizi, ai greci, ai romani. Il Mediterraneo, la culla di tutte le più grandi civiltà, ed oggi la nostra comunità, come tante altre che sorgono sulle coste di questo Grandioso Bacino, può vantare di essere proprio quest’opera grandiosa, la Storia, la Cultura, le Tradizioni, il Progresso, acquisiti con il passaggio sulle nostre terre, di tutte le più grandi civiltà mai esistite prima e altrove.
Oggi, un po come quel pellegrino, di cui dicevo, giro in lungo ed in largo, tanto per lavoro quanto per passione quando posso, ed ogni volta al mio rientro, quando all’orizzonte intravedo il mare, i monti, il paese, come d’istinto inizio a recitare i versi di Cesare Pavese “ Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. …”
Credo, siano sufficienti questi pochi versi, per descrivere quali sono i miei sentimenti verso Rocca Imperiale e la Comunità Rocchese, anche se i tanti o pochi che mi conoscono e sanno chi sono, sanno anche che non sono originario di Rocca Imperiale.
Partendo da questo presupposto, nella fierezza che mi conferisce l’appartenere alla comunità Rocchese, non posso che esprimere tutto il mio orgoglio nel parlare e, descrivere altrove la mia gente e la mia terra, il mio paese, tanto nei miei discorsi quanto nelle mie opere, non ultimo il mio lavoro.
Purtroppo, mio malgrado, devo confessare, in quanto Rocchese, di aver fallito nei miei buoni propositi, ma cosa ancor più grave ho mentito agli altri ed a me stesso nel raccontare altrove solo ciò che di buono avevo da raccontare, nascondendo e negando anche a me stesso quanto di sbagliato nei miei comportamenti, avevo da nascondere.
Ho fallito quando, pur denunciando da più di un anno, che la strada che porta a Contrada Maddalena è diventata una discarica a cielo aperto, io per primo non ho fatto nulla per impedire che continuasse tale scempio.
Ho fallito quando pur dopo aver postato da più di un anno le foto della presenza di eternit nella medesima discarica, non ho impedito ai miei figli ed a quelli dei miei concittadini di transitare o addirittura soffermarsi li vicino magari per raccogliere un fiore, un asparago o giocare con un cane.
Ho fallito quando, pur dopo aver notato e segnalato che i lavori di rifacimento dei marciapiedi in viale Sandro Pertini non erano andati a buon fine, in quanto già nell’estate del 2017, a poche settimane dall’esecuzione dei ripristini, la pavimentazione si staccava come se incollata con la saliva, non ho fatto nulla per rimediare.
Ho fallito, quando ho raccontato e racconto in giro che il mio è un paese unico nel suo genere, Il paese della Poesia e dei Limoni per Antonomasia, per eccellenza, ed è stramaledettamente vero e mi inorgoglisce, ma dovrei dire anche che da anni non faccio nulla per riparare una strada che ormai è ridotta un colabrodo ed è l’unica strada che mi consente di accedere rapidamente al paese.
Mi chiedo allora, a cosa mi è servito, rendere più bello ed accogliente il paese, averlo reso un’antologia poetica a cielo aperto, se poi non sono stato in grado di offrire alla mia gente ed ai miei ospiti i servizi essenziali. Magari la strada non rientra neanche nelle mie competenze, potrebbe essere provinciale, non so, avrei comunque dovuto impormi con gli organi competenti.
Ecco, a ragion di logica, in un progetto di riqualificazione urbana, se ho un parco Arena da costruire e un palo della luce che mi sta nel bel mezzo di una strada, tra l’altro mettendomi io stesso a rischio di andarvici a sbattere, cosa dovrei fare prima: togliere il palo della luce o dare precedenza all’opera di abbellimento?.
Si, devo dire però che il palo non è di mia competenza e, non so se è nato prima il palo e poi la strada, come nell’eterno dilemma del “prima l’uovo e poi la gallina o viceversa”, resta sempre il fatto che anche il palo è li ormai da qualche anno ed io nonostante l’ho visto, non faccio nulla per spostarlo adesso, e, quando poi orgogliosamente ed a ragione della mia buona fede porterò i miei ospiti a visitare il mio parco?.
Ecco io oggi, in quanto cittadino Rocchese mi sento di aver fallito perché non sono capace di darmi poche buone regole e qualche piccola priorità per essere veramente e pienamente orgoglioso della mia appartenenza e dalla mia opera.
Ho fallito, in quanto, pur viaggiando in lungo e in largo, ed apprezzando quanto di più bello si possa trovare altrove, non sono capace di farne tesoro e parlarne alla mia gente, non riesco ad essere capace di migliorarmi e di migliorare.
Sono rimasto meravigliato visitando una città come Turku nel cuore della Scandinavia, i suoi abitanti riuscissero ad avere fioriere PUBBLICHE ricche di fiori a -5° nel mese di aprile e, quanto ne fossero orgogliosi ed entusiasti. In Austria ho trovato insediamenti industriali nel cuore di villaggi turistici a 2000 metri di altezza in pieno Tirolo, ho fatto fatica ad accorgermene. Ho AMMIRATO ed ammiro, l’ordine e la pulizia di questi paesi, ma poi a casa mia? Nel mio paese?
Giudico, condanno e punto il dito, sono attento a dire cosa non fanno gli altri e lodo tutto ciò che faccio, giusto o sbagliato che sia, ma poi, mi viene in mente di recitare i versi di Pavese“ Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. …”, e capisco che infondo, il primo a sbagliare, il primo a voler tutto questo sono io, cittadino Rocchese, membro della comunità e primo amministratore di me stesso.
Un giorno rientrando a casa ho alzato gli occhi al cielo ed ho visto il più bel tramonto che mai madre natura, cosi generosamente ed altrove avesse offerto, era proprio li sul cielo della mia terra, quella terra che altrettanto generosamente mi era stata affidata e solo io con la mia cura ed il mio rispetto avrei reso ogni giorno più bella ed unica.
Giuseppe Iannarelli