Trebisacce-01/05/2018: Francesco di Paola: parole e opere di un santo calabrese (di Pino Cozzo)

Francesco di Paola: parole e opere di un santo calabrese

di Pino Cozzo

 

L’eterno rapporto filiale di Dio con gli uomini affonda le radici nella storia dei secoli, e ci racconta una storia fatta di amore e di carità, di dedizione e amore, di domande e di risposte. E’ una storia intessuta di parole, di chiamate, di eventi straordinari, in cui l’uomo, formato sì di un corpo materiale, ma soprattutto di uno spirito e di una ragione, accoglie, liberamente, il verbo e volontariamente lo rende attuale. E’ una relazione in cui l’uomo impegna la sua intelligenza, la sua volontà, il suo cuore, tutti doni di Dio, il quale a lui affida il futuro della terra e l’applicazione di una verità che a lui è stata trasmessa. Questa adesione, se realizzata, va al di là di un semplice contatto di fiducia, di stima, di disponibilità, mette in gioco un elemento fondamentale, imprescindibile che risponde al nome di “fede”. E’ una piccola parola, ma con un grande, immenso significato che non può essere spiegato con nessun lessico e da nessuna parola colta. Implica solo un abbandono, una cieca dedizione, qualcosa che va oltre la fiducia, la stima, coinvolge il profondo dell’essere, necessità di una completa alienazione e la dignità di essere figlio di Dio. Non è riservata a tutti, anche se a nessuno è preclusa la docilità dell’atteggiamento che possa essere permeato da così profonda grazia. E’ un dono dello Spirito Santo che non fa preferenze, che la riserva a tutti coloro che si lasciano da Lui sfiorare, a Lui legare, a Lui commisurare. Quando tutto questo viene attuato nella propria vita, nel proprio spirito e nella propria carne, quando si diventa completamente fratelli e amici di Cristo, si arriva alla Santità. Ed è ciò che in molti è avvenuto: il perseverare in un credo o il cambiare direzione verso una vita vissuta alla sequela della parola del Vangelo e nella consacrazione al Dio della pace e dell’amore. Anche San Francesco di Paola è stato uno degli amici più graditi a Dio, che ha fatto della sua vita un inno al Signore, che ha amato fino all’inverosimile, che ha servito nel silenzio, nella povertà e nella più completa dedizione, dovunque si trovasse, con chiunque operasse, in ogni tempo. Ha attuato i dettami degli insegnamenti del Cristo, Lui stesso servitore, ha vissuto esperienze straordinarie di ascesi e di contemplazione, ha amato coloro che gli stavano accanto, ha rappresentato un punto di riferimento per tutte le comunità dove ha trascorso la sua vita, ha voluto lenire le sofferenze di tanti, soprattutto di coloro che cooperavano con lui all’edificazione del regno di Dio, ha lasciato segni tangibili del suo passaggio sulla terra, per raggiungere, poi, quella patria celeste e quella gloria eterna che sono riservate a chi opera nella carità e nell’amore. La sua ferma volontà di diventare un sacerdote, ha fatto di lui un fratello che ha pregato, lavorato e svolto il suo apostolato evangelico tra la gente e per la gente, privilegiando gli ammalati, i sofferenti, gli ultimi. Ha voluto tanto bene alle persone ed è stato ampiamente e giustamente ricambiato, perché tanti sono i fedeli che si affidano ancora oggi a lui nelle preghiere, impetrandogli ancora quei numerosi e straordinari miracoli che hanno costellato la sua esistenza terrena, ai quali lui non si è sottratto nella convinzione di essere un intercessore della potenza di Dio e uno strumento della grandezza e della misericordia divina. Quella di assicurare una grazia al giorno è il grande dono concesso a S. Francesco dal Signore, il santo che dissemina di miracoli il suo passaggio terreno, pieno di prodigi e di guarigioni, che sono numerosi e vari, anche se quello più famoso e più emblematico è l’attraversamento dello stretto di Messina. Quando il santo si avvicina con i suoi fratelli ad un barcaiolo chiedendo un passaggio, questi gli risponde che lo avrebbe fatto solo dietro pagamento. S. Francesco non si scompone e, dopo essersi raccolto in preghiera ed aver chiesto l’intercessione del Signore, stende il suo mantello sul mare, col suo bastone costruisce una vela, fa salire a bordo i suoi viaggiatori, e, tenendo stretto il suo vincastro a mo’ di timone, si libra sulle onde e passa dall’altra parte del mare. Sulla sua grande povertà, sul suo spirito di penitenza e sul serio lavoro, si narra che egli dormisse su un’asse di legno e avesse una tegola per cuscino, e sulla sua alimentazione, pare che egli si nutrisse solo raramente e solo nei giorni di festa, e con poche e povere cose. Lavorava dal mattino fino alla sera con un maglio di ferro, vestito di un abito lacero, e, purtuttavia, la sua perdona odorava di muschio e i suoi capelli scintillavano come fili d’oro. Camminava scalzo tra i rovi e gli sterpi, ma i suoi piedi erano sempre bianchi, delicati e soavi, come se li avesse sempre protetti e custoditi in morbidi calzari, forse perché la sua robusta corporatura lo aiutava molto, ma molto più probabilmente perché era il Signore il suo protettore. Rifuggiva l vanagloria e l’ipocrisia e tutte le sue opere, soprattutto, quelle buone, le faceva in gran segreto, era austero e critico con sé stesso, ma buono e comprensivo con tutti, con i suoi confratelli e le persone del popolo, con cui si relazionava e a cui dava preziosi consigli: nessuno ritornava a casa, senza essere confortato e allietato, e gli infermi erano guariti dalla sua intercessione e dalle

sue preghiere. Come dire che agli amici di Dio vengono conferiti grandi poteri, per la Gloria eterna.