Trebisacce-24/07/2018: Monte Mostarico: inferno dantesco

Mostarico

TREBISACCE Proseguono ormai da alcuni giorni, quasi inarrestabili nonostante l’impiego massiccio di mezzi aerei e di uomini da terra, gli incendi, ormai di certa matrice dolosa, sul Monte Mostarico di Trebisacce. I continui incendi, che anche a causa del vento che soffia sul fuoco, hanno ormai distrutto tutto, minacciato da vicino le poche masserie, seminato il panico e messo in fuga uomini e animali, ormai non fanno più notizia tanto che la gente vede piroettare i Canadair sulla propria testa e non si accorge neanche che si dirigono sempre nella stessa direzione: sul Monte Mostarico trasformato ormai in un grande girone dell’inferno dantesco. E’ proprio questo che sembra essere diventata, da diversi giorni, la dorsale del monte Mostarico di Trebisacce, la montagna che fa da corona al centro abitato e che con i suoi contrafforti si spinge in alto verso Albidona, Plataci e Alessandria del Carretto. Una montagna un tempo lussureggiante di pini Marittimi e d’Aleppo, di uliveti e di vegetazione naturale fatta di macchia mediterranea, di rosmarino e di lentisco che, a causa dei tanti incendi che l’hanno devastata negli anni sorsi e di quelli tuttora in atto da alcuni giorni, si è trasformata in una landa deserta dove non c’è più vita ma solo desolazione e morte, sia per la flora che per la fauna tipica che ne facevano un piccolo micro-cosmo naturale. All’origine di un accanimento che negli anni passati ha devastato i territori di Albidona e di Villapiana sicuramente c’è gente ignorante, gente senza cuore e senza cervello, che non sa quello che fa e che quest’anno ha preso di mira il territorio montano di Trebisacce messo letteralmente a ferro e a fuoco. Boschi di pino, macchia mediterranea, uliveti, querce, roverelle…tutto finisce nel tritacarne del fuoco che non risparmia niente. C’è chi si rassegna sentendosi impotente, c’è invece chi si danna l’anima per difendere quel pezzo di terra con il quale i genitori e i nonni hanno campato la famiglia. «Solo quando si cresce, – ha scritto Vincenzo Odoguardi, che ha visto andare in fumo parte dell’uliveto paterno che lui stesso aveva preso a curare negli ultimi anni – ti rendi conto che il ritorno alla terra ti aiuta a ricostruire la tua identità. E’ così che ho imparato a prendermi cura personalmente delle mie piante, curandole e custodendole al meglio. Vi assicuro – ha scritto ancora lo stesso Odoguardi che di professione fa il Direttore dei poni-express in Basilicata – che mai nella mia vita, dico mai, nel difendere il mio uliveto dal fuoco mi sono sentito più utile e in perfetta sintonia con la natura, condividendo il dolore e la rabbia di tutti coloro che amano quella montagna e che, custodendola gelosamente in nome di chi nel corso degli anni, con orgoglio e dignità, si è spaccata la schiena per consegnarla nelle mie mani, fino al giorno in cui l’ho vista bruciare e incenerirsi a causa della cattiveria umana e dell’indifferenza delle istituzioni. Oggi – ha concluso Odoguardi con mestizia – ho rischiato spesso la vita e con me i mie amici, gente comune che per solidarietà cristiana ha vissuto momenti difficili al mio fianco! Solo in questi casi si capisce il dolore, la rabbia e, purtroppo, anche l’impotenza che ti assale e ti sconforta».

Pino La Rocca