Trebisacce-10/09/2018: Festa del Pollino – La Madonna scende dal monte (di Giuseppe Rizzo)
NOTIZIARIO L’ALTRA CULTURA
Festa del Pollino – La Madonna scende dal monte
Giuseppe Rizzo
Si è instaurato un fraterno rapporto tra i cultori delle tradizioni popolari e gli amici della zampogna: “ci dobbiamo incontrare alla festa della Madonna di Pollino, nella prima domenica di luglio e nella seconda domenica di settembre !” La festa di luglio dura da venerdì a domenica. Per quella di settembre, partiamo di pomeriggio e andiamo in auto, facendo il percorso più breve di 100 chilometri. Mentre l’amico “Tadòsio” sta alla guida, io ammiro i luoghi che ho sempre amato: i ruderi del “Colloreto”, la verde Piana di Campotenese, i resti del vecchio “Fortino” e la cappella sempre aperta nel valico per Rotonda. E poi, la salita e le curve in mezzo ai faggi. Rispetto le vacche che riposano al fresco, in mezzo alla pista asfaltata. C’è un bellissimo vitellino nero nato da pochi giorni. Vedo ancora erba nelle radure del Pollino. La transumanza di ritorno comincerà a fine ottobre, prima che cada la neve. Compare Gioacchino, che si è spostato da Viggianello a Cammarata, non sta tanto bene di salute, ed è abbastanza anziano. Le sue mucche sono a “Gaudolino”, ma non le vede da 25 giorni. Anche con lui ci incontriamo alla Madonna. Dopo “Piano ruggio”, “Colle d’Impiso”, il “Visitòne” e la grande “masseta”. I cavalli che scacciano le mosche a colpi di coda, riposano al fresco. Sono bellissimi: neri, rossi, bianchi e pezzati. Scendiamo verso il “Mulino Iannarelli”, lasciamo le frazioni delle “Mezzane”, e verso le 17,15 siamo già al santuario. Sono arrivati prima gli amici di Pedali di Viggianello: Antonio Propato, Andrea Miraglia e Francesco Motta. Li vediamo accerchiati da alcuni pellegrini che vogliono ascoltare la zampogna, il tamburello e l’organetto. Rossella Marino è sempre affaccendata per il santuario. Entriamo in chiesa, dove troviamo gruppi di donne che pregano e cantano: la loro voce commuove i presenti. Ma si avverte anche l’emozione della zampogna calabro-lucana: il giovanissimo Tedesco, di Rotonda, suona un vecchia quattro palmi, costruita, circa 80 anni fa, dal notissimo Francesco Bellusci, un arbereshe di Plataci trasferito a Trebisacce. Ci sono anche i nipoti di questo nostro costruttore; li chiamiamo, e restano increduli e commossi per loro nonno. I marocchini cercano di vendere qualcosa nelle loro baracche. Sono stanchi e addormentati: “vita da cani”, dice uno di essi. Francesco Motta e Andrea Miraglia non si stancano di suonare e di cantare. “Tadòsio” s’intòna col suo tamburello albidonese; canta con buona voce; sa improvvisare. E’ un bravo costruttore di organetto e di altri caratteristici oggetti in legno. Il suo laboratorio è nelle vicinanze della “Pagliàra”, sotto il ristorante “Lucrezia”. Siamo un po’ disturbati da una leggerissima pioggia. Uno dei suonatori stacca la inseparabile zampogna dalla bocca e dice: “Non abbiate paura; la Madonna farà tornare il buon tempo !”. Infatti, ricompare una “spericella” di sole, ma è già sera. Gli amici di Pedali hanno conservato un posto anche per noi, nella grande “Casa del pellegrino”. Scarichiamo il nostro cesto sul tavolo, ma le brave donne che sono con Andrea, oltre agli antipasti con salame locale, ci portano anche una porzione di ottima parmigiana. Verso mezzanotte c’è la sorpresa più originale: Andrea e Francesco vengono con una grande caldaia piena di penne al sugo di pomodoro; è un po’ piccante, però è squisitissima. Ce n’è anche con gi altri pellegrini. Non può mancare il vino. Come al solito, le nostre bottiglie le consegniamo ai “Fratielli” addetti al trasporto della statua della Madonna. Dopo, si inizia a suonare, a ballare e a cantare. Però, ogni suonatore che arriva, va a portare la “serenata” alla Madonna. Un altro giovanissimo suonatore si inginocchia davanti alla statua, ma riprende a suonare. Ci riabbracciamo anche con Giovanni De Stefano, da San Severino Lucano, che fa parte dei “Fratielli”. Giovanni suona zampogna e organetto; anche il suo figlio biondino ha imparato l’arte della “capra che suona”. Come fai a dormire nella notte della grande “Veglia” ? Si passa tra amici, suoni e canti, anche fervide preghiere notturne. Però, le donne riescono a riposare in chiesa. Qualcuna si sdraia sui banchi. Ci sono molti bambini, e stanno pure svegli. Quel ragazzino di Francavilla in Sinni non canta solo per la Madonna, ma improvvisa anche strambotti per gli amici, che sono sollecitati a rispondere. Io vorrei sentire i testi di questi canti popolari spontanei, ma il suono forte sommerge la voce. Alle quattro e mezza di mattino, il giovane rettore del santuario, don Zaccara, celebra la messa. Verso le 5,30, inizia il percorso a piedi verso la vallata del “Frido”. Si procede con le torce, in mezzo al bosco, ma fanno luce anche i bianchissimi tronchi dei faggi. La Madonna del Pollino lascia la montagna. Arriva alle “Mezzane”, verso le 8,30, accompagnata con la zampogna. Al ponte di legno l’aspettano i numerosi pellegrini che arrivano con macchine e pullman, dai paesi vicini: grandi applausi e grida di gioia. Qualcuno piange, e forse chiede ancora grazie e miracoli; in silenzio. Pietro, di Alessandria del Carretto, vecchio frequentatore di questa festa, viene accompagnato a braccia; si mette a suonare seduto, con la sua zampogna, davanti alla Madonna. Vicino a lui suonano altri amici: Felice Cutolo à venuto da Ottaviano (Napoli), con la sua Elisa; Luigi Stabile è arrivato da Morano; Rocco Roma e altri suoi amici sono di Alessandria. Ma ci sono ancora altri suonatori. La famiglia Martino, di Cassano, pure con problemi di salute, non manca mai da questa grande festa. A Francesco tremano le mani, ma riesce a suonare il tamburello, a cantare e anche a ballare. Ci sono centinaia di auto parcheggiate; i carabinieri cercano di controllare, ma può succedere anche qualche incidente: una pellegrina è stata portata in ospedale. Ecco perché, noi siamo d’accordo col viaggio a piedi. Le lussuose macchine si potrebbero lasciare un po’ lontano. La Madonna sosta a “Mezzane”, fino alle 13, 30: davanti alla sua chiesetta. Poi, quando i pellegrini cominciano a diradarsi, per la consueta sosta, con “carne, vino e pasta al forno”, viene trasportata, sempre dai “Fratielli” e dai fedeli, nella chiesa madre di San Severino; 21 chilometri di viaggio, a piedi. Ora, il santuario della bella montagna è completamente isolato; con l’imminente autunno sarà tutto coperto di foglie gialle. Da novembre a marzo sarà nascosto dalla neve, e bersagliato dal vento. Solo qualche lupo troverà riparo, presso la “Casa del pellegrino”. I vecchi devoti e gli amici della zampogna aspetteranno il verde della primavera e la nuova festa del prossimo anno. Ci rivedremo a luglio del 2019, carissimi fratelli della zampogna.