Trebisacce-08/10/2018:    Il PD deve “resistere” (di Antonia S.M. Roseti)

   Antonia S.M. Roseti

Il PD deve “resistere”

 

Venerdì 5 ottobre presso la Casa Comunale di Trebisacce si è tenuto un incontro con il Presidente nazionale del Partito Democratico Matteo Orfini, il quale è stato accolto dal Sindaco Franco Mundo, da Simona Colotta segretaria del Circolo PD di Oriolo nonchè componente della Segreteria Provinciale e da una rappresentanza del Circolo PD di Trebisacce costituita dal Segretario Giampiero Regino, dalla Vice segretaria Antonia S.M. Roseti e da diversi componenti del direttivo e tesserati quali Rocco Soldato, Franco Gatto, Mario Torsitano, Antonio Brunacci, Michele Calvosa e Egino Orlando. L’incontro è stata l’occasione per illustrare al dirigente nazionale del PD le caratteristiche del territorio ma anche per alcune riflessioni sul futuro del partito. A tal uopo, il Sindaco di Trebisacce, nel manifestare l’orgoglio per quanto già fatto dalla propria amministrazione per il territorio, ha evidenziato le numerose difficoltà presenti e legate in particolare alla situazione della sanità locale e in generale alla solitudine in cui versa la Calabria rispetto alle dinamiche della politica nazionale, evidenziando la necessità di un rinnovamento del Partito e la centralità che i sindaci dovrebbero avere in tale processo. Successivamente ha preso la parola il Segretario del Circolo PD di Trebisacce che ha individuato tra le principali cause della disfatta elettorale del 4 marzo lo scollamento tra centro e periferia accentuato dalla designazione dall’alto dei candidati protagonisti delle elezioni politiche 2018, candidati il più delle volte non radicati sul territorio e pertanto non in grado di comprenderne a pieno le istanze. Periferia della quale, invece, è indispensabile tener conto in questa fase di ricostruzione del partito anche in riferimento alla situazione della sanità locale; auspicando, quindi, una maggiore valorizzazione dei circoli in questo momento così delicato per il Partito. Proprio in riferimento alla situazione critica nella quale versa il Partito, Rocco Soldato ha evidenziato che nel ricostruire il Partito è imprescindibile una analisi critica delle cause che hanno portato il PD al di sotto del 20%; analisi dalla quale dovranno conseguire necessariamente consapevolezza e rinnovamento. Il dirigente nazionale del PD Matteo Orfini, impegnato nella sua visita nei principali territori dell’Alto Jonio, ha ascoltato con attenzione gli interventi ribadendo la sua opinione circa l’opportunità di procedere ad una profonda revisione del Partito adeguando la sua struttura -risalente ormai a dieci anni fa- alle dinamiche della società odierna tra le quali l’impatto dei social sul modo di fare politica e la necessità di aprire il Partito ai giovani. Dunque di molto si è discusso; dalla bellezza del nostro territorio alla sua complessità, dall’urgenza di un’analisi lucida e attenta delle ragioni della sconfitta registrata dal Partito Democratico il 4 marzo alla irrinunciabilità di un rinnovamento a tutti i livelli del partito. Come non essere d’accordo? E’, infatti, da qui che bisogna ripartire poiché la ricostruzione del partito non può prescindere dalla consapevolezza delle criticità che hanno determinato la sconfitta; occorre cioè riflettere su cosa ha portato il PD ad un risultato così negativo nonostante le numerose riforme dallo stesso attuate; è innegabile che il PD ha condotto l’Italia fuori dalla crisi all’indomani dei giorni in cui Ligabue componeva “Buonanotte all’Italia” e sul Sole 24ore  appariva il monito alle istituzioni “Fate presto, i soldi degli italiani stanno per diventare carta straccia”. Gli anni del PD al Governo sono indicati come gli anni della “legislatura dei diritti” alla luce delle riforme realizzate sul piano dei diritti civili, della legalità, della lotta alla povertà (il biotestamento, le unioni civili, il dopo di noi, la legge sul terzo settore, la legge contro lo spreco alimentare, l’adozione del Codice Antimafia, l’istituzione dell’ANAC, l’introduzione del reato di tortura e di caporalato); riforme che sicuramente hanno contribuito a rendere più giusta l’Italia e alle quali è sottesa un’attenzione alle persone più deboli. Ma è evidente che non è bastato. Non è bastato per diversi motivi. Non è bastato per la portata della crisi economica i cui effetti imperversano soprattutto al Sud dove l’indice di disoccupazione è di gran lunga superiore alla media nazionale, dove ancora la piena fruizione dei servizi essenziali appare un miraggio. Le condizioni in cui versano ad esempio la sanità locale, i trasporti, le infrastrutture hanno contribuito a rendere il nostro territorio  un territorio solo, un luogo dove è potuta arrivare solo una lontana eco di quelle politiche così virtuose realizzate dal PD poiché è un territorio nel quale ancora si lotta per l’effettività del diritto alla salute. Non è bastato, poi, per la diffusa disaffezione e sfiducia nella politica locale i cui protagonisti spesso vengono designati attraverso logiche che prescindono da una vera presenza sul territorio; non è bastato -inoltre- perché l’eccessiva frantumazione del PD ha finito per prevalere sui bisogni concreti dei cittadini; non è bastato perché troppo spesso le questioni relative alla leadership del Partito hanno mostrato di essere prioritarie rispetto alle esigenze più urgenti della collettività, recidendo quella connessione sentimentale con il Paese propugnata da Togliatti. Questi fattori hanno determinato l’humus ideale per il radicarsi di forze estremiste e populiste, -miopi e oscurantiste- sicuramente inidonee a far fronte ai problemi dell’Italia, ma abilissime nell’intercettare il malcontento generale. Sembra, quindi, più opportuno parlare -come è stato da più parti evidenziato- delle ragioni sì, ma soprattutto delle “emozioni” che hanno determinato la sconfitta del PD…quelle emozioni, cioè, che non tanto hanno impedito a molti italiani di cogliere quanto di positivo il PD ha realizzato, ma che hanno spinto, comunque, molti italiani a cercare lo strappo con quella politica locale spesso sorda alle istanze del territorio e con quella politica nazionale ormai così distante dai cittadini; in definitiva, quelle emozioni che si sono tradotte nell’espressione del c.d. voto di protesta. Le ragioni e le emozioni della sconfitta devono essere messe a fuoco e devono entrare a far parte del vissuto del Partito in quanto devono essere immanenti a quella che è stata definita la “Costituzione emotiva” dello stesso; il PD, infatti, deve ripartire proprio da qui: dal dotarsi di una “Costituzione emotiva” intesa come sintesi di valori, di principi, di obiettivi comuni ed idonei a delineare l’identità di un partito. Il PD deve, quindi, dotarsi di una “Costituzione emotiva” ormai irrinunciabile per ripartire e per essere in modo efficace minoranza non solo politica ma soprattutto etica dell’Italia; è necessario, infatti, che il PD ricominci proprio dal posto designato dagli elettori nel rispetto del principio di democrazia che è l’essenza delle consultazioni elettorali; ma, soprattutto, è irrinunciabile che il PD scelga di elevarsi a minoranza etica del Paese, quella minoranza -cioè- che nasce dall’indignazione dinanzi alle politiche populiste e superficiali dell’asse Lega-M5S e dall’ambizione di voler costituire una seria alternativa, di  resistere a chi realizza manovre economiche e fiscali spregiudicate, a chi costruisce muri, a chi nega i permessi umanitari, a chi svilisce l’importanza della cultura, a chi ha la presunzione di regolare un fenomeno complesso come l’immigrazione attraverso slogan o battendo i pugni, a chi demonizza tutto ciò che è diverso (da chi?), a chi antepone la sicurezza alla cultura. In questa delicatissima opera di ricostruzione il PD non può non avvalersi di quelli che dovrebbero essere gli strumenti all’uopo più funzionali: i circoli. Ed infatti il circolo costituisce la realtà politica più vicina alla persona, nonché il link e quindi quel collegamento tra centro e periferia ormai del tutto svanito. In tale ottica, i circoli devono assurgere ad entità dinamiche, luoghi di discussione, di condivisione, di relazione, laboratori di idee e di impegno civico. Il PD dunque deve ripartire, ed in fretta. Dalle persone, dai circoli, dal Sud, da Riace. Prima che sia di nuovo troppo tardi, prima di dire un’altra volta “Buonanotte, all’Italia”.

                                                                                                                            Antonia S.M. Roseti