Trebisacce-26/01/2019: La vita dei semplici (di Pino Cozzo)
La vita dei semplici
di Pino Cozzo
È l’amore vittorioso anche durante la prova, perché si nutre del dolore e lo trasforma in amore. La gloria della resurrezione non fa che manifestare questa vittoria. Si può dire che ormai il volto della sofferenza racchiude la fonte della gioia più elevata, perché in esso si sviluppa segretamente l’amore più grande. La sofferenza dunque non potrà più essere né scoraggiamento né sconfitta; e se non perde il suo carattere penoso, e resta una ferita, diventa però una ferita d’amore, un aprirsi del cuore a un affetto più vivo e più completo, che stimola un’offerta di sé più generosa, in cui la personalità raggiunge il suo compimento. « Ecco l’uomo ». La parola di Pilato deve essere intesa in tutta la portata che essa assume nel dramma in cui si inserisce, e oltre gli intendimenti di colui che la pronunciò. È nella Passione che la natura umana di Gesù si completa: il Verbo fatto carne non avrebbe assunto integralmente la condizione dell’umanità se fosse sfuggito alla sofferenza; attraverso il dolore supremo da lui sopportato, l’uomo compie il suo destino terreno, e l’amore porta il suo cuore umano ad effondersi. Il Figlio di Dio è uomo fin dal momento del consenso di Maria nell’Annunciazione e del presepio di Betlemme, ma lo diventa compiutamente solo col Calvario. Allora il corpo rivela la sua debolezza, l’anima del Cristo manifesta sentimenti sublimi: sulla croce giganteggia l’uomo. La consapevolezza che tutto ciò che noi facciamo non è la nostra, ma opera del Signore Onnipotente, un’opera che largamente supera le nostre capacità umane, ma che misteriosamente dipende dalla nostra fedeltà e dalla nostra generosità, potrebbe far sorgere un desiderio, un’attenzione a ciò che sempre segue alla Sua guida e alla Sua ispirazione, al “non spogliarsi dell’opera di Dio”, un’opera che è così preziosa perché è Sua, e così precaria perché è nostra. Il nostro essere pienamente dipendenti dal Signore dovrebbe renderci consapevoli che noi e la nostra opera siamo solo parte di un più ampio progetto al quale dobbiamo adattarci e al quale dobbiamo lavorare. Dunque, non siamo noi a prendere le nostre decisioni, poiché non possiamo operare senza di Lui. Dobbiamo vivere in costante apertura alle indicazioni del Signore, in preghiera e con le opere; lavorando sotto la Sua guida diretta, anche se apparentemente impercettibile. Questo spirito di dipendenza da un Signore attivo e presente che lavora nel Suo regno, questa idea di essere solo parte di un più ampio progetto divino ha costituito la base per il ministero della prima Chiesa. Ma il grande modello di dipendenza sacerdotale cosciente e attiva nel ministero sarà sempre in Gesù stesso. “Nel rotolo del libro, di me è scritto: Io vengo per fare la tua volontà …. “La mia dottrina non appartiene a me, ma a colui che mi ha mandato”. La libera sottomissione al Padre di Gesù (una sottomissione che, lungi dall’essere umiliante, porta alla glorificazione e alla rinascita dell’uomo nello Spirito Santo) è ampiamente documentata nei vangeli. “Niente è cristianamente proficuo, se non ciò che ha origine nell’obbedienza cristologica”. E così, per noi, come per Gesù, ci sarà sempre un’intima connessione con la nostra vita di dipendenza dal “Padre di misericordia”, e con la nostra possibilità di abbeverarci a quella misericordia, la Sua misericordia. Non importa quale “maggior lavoro” dobbiamo compiere, non siamo i salvatori. Siamo qui per essere un segno di Cristo, per puntare a Lui con la nostra vita; per dire con tutte le nostre opere: “Benedetto l’Agnello di Dio”. Senza questo Spirito, noi possiamo avere tutto, educazione, talento, stima, una parrocchia florida, ma non avere nulla. E allora, potremmo rivolgerci alla Madre di Cristo e della Chiesa per dire: Madre degli uomini, siamo in cerca di pace e di felicità. Tu sola puoi ridonarci la speranza. Ritorniamo a Te per sentire la Tua voce materna e affettuosa, ammonitrice e dolce. Veniamo dopo i nostri paurosi sbandamenti, perché Tu ci indichi la strada da percorrere, quella insegnata da Cristo. Noi ritorniamo a Te, per illuminare del Tuo sorriso le realtà di ogni giorno, i problemi che attendono soluzioni, i doveri e i problemi che incombono su di noi. Guidaci a soluzioni capaci di riformare un mondo stanco e affamato di felicità. Maria, Tu ci conosci, sai quello che vogliamo, ciò che possiamo fare, quello di cui abbiamo bisogno. Aiutaci a conseguirlo. E’ ciò che pensiamo noi, ciò che pensano tutti, dopo aver perso una persona cara, una persona giovane, che nulla o quasi aveva chiesto alla vita di particolarmente esoso o dispendioso, che si era dedicata alla famiglia e altri con altruismo e amore, che non aveva causato o voluto male per nulla e per nessuno, che confidava nella Divina Provvidenza e nell’amore di Dio. A Lui vengono affidate, perché tutto parte dal Padre e vi ritorna, come e quando Lui dispone.