Trebisacce-17/04/2019: La Pasqua: la Risurrezione del Figlio di Dio e la salvezza del mondo (di Pino Cozzo)
La Pasqua: la Risurrezione del Figlio di Dio e la salvezza del mondo
di Pino Cozzo
Ogni battezzato nell’acqua e nello Spirito Santo è stato chiamato a trasmettere quello che anche lui ha ricevuto: cioè che Gesù Cristo è morto sulla croce per i nostri peccati, che fu sepolto in un sepolcro nuovo, che il terzo giorno è risorto e che apparve alle donne, a Pietro e agli altri Apostoli . Questo è il grande mistero della fede che coinvolge tutti i cristiani, sia nella vita che nella morte. Questo è il tema dei nostri pensieri e desideri: Cristo, morendo, ha distrutto la morte, e risorgendo ha dato a noi la vita. Le donne lo vedono, si buttano ai suoi piedi e lo stringono forte: è la prova più sicura che Cristo è risorto. Tommaso non ci crede, ma poi getta occhi e mani nello squarcio sanguinante del costato di Gesù e lo riconosce Signore e Dio: siamo di fronte alla conferma più sconvolgente. Con l’autorità ricevuta dallo stesso Gesù, nella potenza dello Spirito Santo, Pietro e gli Apostoli continuano a proclamare nei secoli avvenire: Gesù è risorto come aveva promesso. “O notte, tu solo hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi”, canta l’“Exultet” di Pasqua. In quella notte profonda chi ci potrà introdurre? Ecco che cosa è avvenuto, tanto da far stupire il cielo e la terra: il Padre “ha risuscitato” il Cristo, Suo Figlio, e ha introdotto la sua umanità nel cuore stesso della SS. Trinità. Lo Spirito Santo ha vivificato l’umanità morta di Cristo, “costituendolo Figlio di Dio con potenza”. Lo stesso Gesù opera la sua propria Risurrezione, come aveva annunziato: “Io offro la mia vita, per poi riprenderla”. Così tutte e tre le Persone divine hanno operato insieme in quella notte gloriosa. Noi crediamo, per mezzo della testimonianza dello Spirito Santo che abita in noi, che Cristo è risorto dai morti il terzo giorno, e per lo stesso Spirito crediamo che anche noi risorgeremo. Cristo risorto è la causa e la sorgente della nostra risurrezione futura, poiché egli è morto ed è risorto per tutti noi . Nella Passione di Gesù, la sofferenza umana ha assunto un valore nuovo e ha trovato il suo volto vero, definitivo. Senza dubbio c’erano stati, prima di Cristo, dolori veri, profondi. La storia dell’umanità era portatrice di una immensa miseria, e l’esistenza di ogni individuo era contrassegnata dal segno misterioso di una croce di cui egli ignorava il nome e il significato. Alle coscienze più evolute, la sofferenza appariva come un castigo di Dio, meritato con il peccato. Nel volto del Crocifisso, si rivela il significato autentico del dolore. In lui la sofferenza non è più una semplice esperienza; diventa un misterioso ideale. Essa non è più una punizione che opprime né un peso che l’uomo trascina come un condannato da Dio; è un’offerta accettata liberamente e portata al Padre celeste, in uno slancio d’amore riparatore. Gesù, infatti, le dà un aspetto assolutamente puro. Alle origini dell’umanità, il peso del dolore era derivato dal peccato; ma, ecco, che quel peso, culminando nella Passione del Salvatore, cessa di presentare le stimmate del male e diventa l’espressione dell’innocenza immolata. La sofferenza appare ormai come una compagna della santità, una manifestazione di perfezione. Niente è più santo, più estraneo al male del corpo appeso alla croce. La contemplazione del Crocifisso inoltre ci fa capire che i più crudeli tormenti si accompagnano alla più perfetta purezza dell’anima. Ci aiuta a riconoscere nella sofferenza non più un segno del peccato, ma la via dell’innocenza chiamata a sacrificarsi. Ci impedisce di considerare le nostre prove come una manifestazione della collera o della disapprovazione di Dio, insegnandoci a riconoscere in esse un dono dell’amore paterno che desidera nobilitarci, santificarci e vivificarci. In Gesù, la disposizione interiore non è che la risposta filiale all’amore del Padre. Il volto sofferente, da lui assunto, non ha dunque la smorfia della rivolta. È il volto dell’accettazione completa, dell’offerta generosa e integrale, senza riserve. Non una recriminazione durante il supplizio, a cui il grande benefattore dell’umanità è stato ingiustamente condannato. La parola con cui Cristo esprime il suo dolore è insieme un grido d’amore: « Ho sete ». L’asprezza, l’amarezza, il rancore non trovano posto nei suoi sentimenti. Gli innumerevoli gemiti degli uomini, che si innalzano al cielo accusando Dio della sofferenza che egli manda, non riecheggiano nella voce del Crocifisso. L’ultimo grido di Gesù proclama il suo abbandono nelle mani del Padre. La morte, come il dolore, è pienamente accettata.