ALTO JONIO Sibaritide e Siritide-20/12/2019: Nella morsa della radioattività
ALTO JONIO Sibaritide e Siritide un tempo accomunate nella magica storia delle Magna Grecia, oggi vivono nella morsa della radioattività che mette e rischio la salute della gente perché fa aumentare giorno per giorno le patologie neoplastiche. Non si tratta, a scanso di equivoci, di fare terrorismo psicologico e di allarmare la gente, ma non è giusto che certi argomenti, visto che impattano sulla salute delle persone, continuino a rimanere tabù facendoci immaginare che, siccome da noi non c’è inquinamento industriale, viviamo in un’isola felice e incontaminata. Non è un caso, infatti, che i tumori in queste due aree tra loro limitrofe siano in forte crescita e continuino a falcidiare quotidianamente vite umane, giovani e meno giovani. La salute e la stessa vita degli abitanti dell’Alto Jonio e della Piana di Sibari, da una parte, sono infatti insidiate dalle ferriti di zinco provenienti dall’ex Pertusola di Crotone e, in parte, ancora oggi interrate nella Piana di Sibari e dall’altra i rifiuti radioattivi sotterrati nella viscere della terra lucana e precisamente nel sottosuolo dell’Itrec, un tempo Centro Enea di Rotondella (MT) che sorge a quattro passi dai nostri paesi. Siritide e Sibaritide accomunate dunque, nonostante le parziali bonifiche ambientali eseguite finora, nel rischio mortale derivante dall’inquinamento radioattivo del suolo, del sottosuolo e dell’aria che respiriamo. E’ ormai risaputo, infatti, che solo una parte delle ferriti di zinco provenienti dalla Pertusola di Crotone e sotterrate in modo furtivo e fraudolento nel sottosuolo della Piana di Sibari è stata rimossa e sono state bonificate le aree interessate, ma ingenti quantitativi di ferriti giacciono tuttora nelle viscere della terra e continuano a inquinare le acque del sottosuolo, l’aria che respiriamo e i terreni su cui vengono coltivati i prodotti che consumiamo quotidianamente. Sull’altro versante, quello lucano, secondo quanto riferiscono le cronache, solo nei giorni scorsi è stato rimosso un gigantesco monolite a media radioattività che era interrato nell’area Itrec di Rotondella (MT), ma le 64 barre di uranio ad alta radioattività, in parte provenienti dagli Stati Uniti, restano minacciosamente depositate, si dice in tutta sicurezza, all’interno dell’area su cui sorge la famigerata e limitrofa area Itrec di Rotondella. Sempre da quanto riferiscono le cronache, iI gigantesco monolite radioattivo (nella foto) è stato rimosso attraverso un’operazione di alta ingegneria meccanica ed è stato trasferito in un altro sito, temporaneo e segreto, per poi essere riprocessato in una fase successiva. Si tratta, secondo le cronache, di un gigantesco monolite radioattivo in cemento armato del peso di ben 130 tonnellate realizzato negli anni ’60 e che, a scopo precauzionale, da allora era interrato nella cosiddetta fossa irreversibile 7.1 presso l’Itrec della Trisaia di Rotondella, un tempo denominata Centro Enea. All’interno del monolite, da quanto si è saputo a posteriori, suddivisi in quattro pozzi a sezione quadrata, a oltre 6 metri di profondità, c’erano una serie di fusti con rifiuti nucleari a media radioattività, tutti inglobati in un sarcofago di cemento armato. Ora il mostruoso monolite, con tutto il carico dei rifiuti radioattivi contenuti al suo intero è stato trasferito altrove, in attesa della realizzazione di un sito nazionale il cui completamento è previsto per il 2025 e che dovrà accogliere tutti i rifiuti radioattivi disseminati sul territorio nazionale. E pensare che per anni alle popolazioni locali è stato fatto recapitare il falso messaggio che l’ENEA fosse solo un Centro-Studi in cui ci si occupava di ricerche e di studi sul nucleare. La verità è che la stessa Sogin, che per anni ha continuato a sostenere che dai campionamenti effettuati non risultava alcuna anomalia radiologica all’interno dell’impianto Itrec, a un certo punto ha dovuto ammettere che a partire dal 2015 le analisi di laboratorio sui campioni d’acqua di falda hanno evidenziato in alcuni punti il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) relativi ad alcuni parametri chimici, non radiologici (trielina, cromo esavalente, ferro, idrocarburi totali) rispetto ai valori massimi consentiti dalla normativa vigente. Cosa che, del resto, è stata più volte confermata dai campionamenti effettuati nel mare Jonio in prossimità degli scarichi a mare dell’impianto Itrec. Non c’è, insomma, da stare per niente tranquilli, anche perché nelle cronache della politica nazionale di tutto si parla tranne che di riprendere i temi dell’inquinamento radioattivo che, insieme ad altre varie forme di inquinamento ambientale, continua la sua crescente mattanza di vite umane.
Pino La Rocca