Trebisacce-29/09/2020: Rubrica letteraria a cura di Salvatore La Moglie Proponiamo ai lettori de La Palestra un racconto di Salvatore La Moglie più volte premiato Lorella e Gianni, il suo assassino, ispirato a una storia vera. Buona lettura.
Rubrica letteraria a cura di Salvatore La Moglie
Proponiamo ai lettori de La Palestra un racconto di Salvatore La Moglie più volte premiato Lorella e Gianni, il suo assassino, ispirato a una storia vera. Buona lettura.
Lorella e Gianni stavano insieme da più di cinque anni. La loro era una bella storia d’amore tra due giovani che avevano ormai raggiunto la maggiore età. Sin dall’inizio si erano giurati amore eterno e anche che, dopo le scuole superiori, se non fossero andati all’università, si sarebbero sposati o comunque messi insieme come fanno tante altre coppie per diventare una famiglia con almeno due o tre bambini. Erano felici, tanto felici, forse troppo e, così, come spesso succede, il diavolo ci si mette di mezzo e poichè il destino degli uomini è di non essere sempre felici su questa terra e, anzi, quello di soffrire piuttosto che godere delle cose che la vita ci può offrire, ecco che accadde che incominciarono a litigare.
Gianni era gelosissimo e molto possessivo. Lorella era bellissima e lui non sopportava neppure che qualcuno la guardasse. Questo dava un po’ fastidio a Lorella e non perché a lei facesse piacere essere guardata dagli altri quanto per il fatto di sentirsi come prigioniera di qualcuno che la vedeva come proprietà privata ed esclusiva. E così, più d’una volta, si finiva per litigare per le scene assurde di gelosia che le faceva Gianni. Il quale prese a fantasticare con la mente fino ad immaginare più di un amante e di un rivale in amore. Un giorno le disse: «Tu sei troppo bella e gl’altri ti guardano… ci provano… Non pensare mai di tradirmi!… Sarei capace di ucciderti…». E lei: «Ma cosa dici!… Cosa vai a pensare!… Mi uccideresti senza motivo, perché io amo te… A me dà solo fastidio la tua eccessiva gelosia, e lo sai benissimo… A volte mi fai sentire una… una donnaccia… e questo, per me, è intollerabile». E Gianni: «Tu devi amare solo me, hai capito? Il solo pensiero di un altro… mi fa andare in bestia…». Alla fine, Lorella gli disse: «Gianni, ti amo ma sei pesante!… Se continui così io non so se…». «Cosa non sai?… Avanti parla!…». «Io ti lascio…». «Tu provaci… e poi vedi…». «Che mi fai, mi ammazzi?…».
Gianni non rispose ma la sua mente era come ormai offuscata da un solo pensiero: che la sua Lorella potesse essere di qualcun altro. E così le liti e gli scontri si facevano sempre più frequenti, tanto che Lorella, un giorno, decise di farla finita. Pensava: «Non ne posso più, io lo lascio. Devo farmi coraggio e dirglielo… perché così non si può più andare avanti… È un inferno…».
E così fu. Una sera che si videro come tutte le altre, decise di porre fine ad una storia che era stata molto bella, anzi bellissima ma che da un bel po’ di tempo si era trasformata in una specie di incubo. Erano nella casa di lui, in campagna. I genitori di Gianni non c’erano perché erano andati a far visita a degli amici. Lorella, ad un certo punto, raccolse tutte le sue forze e, facendosi coraggio, gli disse: «Ascolta, Gianni. Ti devo dire qualcosa di importante…».
«Mamma mia, come sei seria!… Hai il volto di tutti i colori!… Cosa mi devi dire di tanto grave, è morto forse qualcuno?…».
«Non scherzare… Io ho deciso…».
«Cos’hai deciso? Da’, dimmelo!…».
«Ho deciso che così non si può più andare avanti…».
«E perché non si può più andare avanti? Perché ti amo da morire?…».
«Tu non sai amare, questa è la verità… Mi fai sentire un oggetto… una merce… una proprietà privata… qualcosa di cui solo tu sei proprietario… Io sono solo una donna e non voglio più assistere alle tue scene pazzesche di gelosia… Mi sono stancata, hai capito?… Non ce la faccio più…».
«Ma perché non lo dici chiaramente che c’è un altro, che fai prima… Anche tu sei come tutte le altre, una…».
«Io non sono quello che pensi tu e il solo fatto che mi parli così non sai quanto mi fa male e… e poi sappi che non c’è nessun altro… Ho sempre amato solo te…».
«Non ci credo… Ci dev’essere un altro… ma se pensi di cavartela così… sbagli… perché tu adesso mi stai uccidendo… Se tu mi lasci io sono morto subito dopo… Tu mi stai uccidendo, capisci?… e allora io uccido te!…».
Nel dire queste parole, estrasse, con rapidità, dalla tasca posteriore del pantalone, un coltello piccolo ma tagliente e lo conficcò più volte nell’addome della ragazza che amava, la quale ebbe appena il tempo di dire: «No, non farlo! No!…», per poi accasciarsi a terra. Respirava ancora, non era morta. Lui se ne accorse e, invece di soccorrerla e portarla in ospedale per cercare di salvarla, raccolse il corpo della ragazza che riusciva ancora ad emettere qualche lamento e lo portò nello spiazzo fuori casa. Lo adagiò in posizione centrale, quindi prese la tanica di benzina di dieci litri che stava sempre sotto una tettoia della casa come riserva per le automobili e, dopo averne sparsa un bel po’ sul corpo più volte pugnalato della povera Lorella, tolse di tasca l’accendino e appiccò il fuoco dicendo: «Tu oggi mi hai ucciso per sempre e io uccido te per sempre… Non deve restare nulla di te… Solo cenere…». Quindi si sedette su un tronco di legno e restò lì a vedere come la ragazza che diceva di amare all’infinito si trasformava lentamente e dolorosamente in carne nera.
Adesso, il miserabile, si sentiva appagato, si era tolto come un enorme peso di dosso e pensava che se lui era destinato a finire in galera e a rimanere solo e infelice per sempre, almeno una cosa lo faceva stare tranquillo: nessuno avrebbe mai avuto Lorella: uccidendola sarebbe stata soltanto sua per sempre.