Cassano All’Ionio-21/10/2020: Lettera agli Operatori Pastorali

Lettera agli Operatori Pastorali
Carissimi,
pur se viviamo nella incertezza e nella paura, anche a causa del Covid-19 che ci impone l’osservanza meticolosa delle norme di prevenzione, siamo chiamati alla Carità che è generatrice della creatività pastorale.
Nostro compito è, infatti “porre le condizioni con cui aprirsi a nuove forme di presenza ecclesiale”.
Abbiamo compreso già dall’anno scorso che la parrocchia necessita del radicale cambiamento da presidio topologico- istituzionale alla comunione generativa tra i figli di Dio e, perciò, quest’anno partiamo dal Battesimo, fonte e germe di rinnovamento della scelta cristiana, senza cedere alla tentazione di rinchiuderci nella stanca ripetizione del già fatto.
Mi rivolgo a voi, Operatori Pastorali che, a vario titolo vi impegnate nei diversi ministeri, e vi chiedo di essere “lievito” della parrocchia come testimoni credibili del Vangelo.
Nell’udienza generale dell’8 gennaio 2014, Papa Francesco così diceva: «Noi, con il Battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia; e grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli».
E nell’omelia per la festa del Battesimo del Signore, domenica 11 gennaio 2015, puntualizzava: «La parola “cristiano” significa questo: significa consacrato come Gesù, nello stesso Spirito in cui è stato immerso Gesù in tutta la sua esistenza terrena. Lui è il “Cristo”, l’unto, il consacrato, i battezzati siamo “cristiani”, cioè consacrati, unti» .
Per vivere la nostra umanità come teofania, luogo della rivelazione dell’amore del Padre per ogni uomo, occorre vigilare e non lasciarsi attrarre dal male che, anche dentro la Chiesa, ci minaccia.
Nel consegnarvi il mandato pastorale, ritengo necessario ricordare le due tentazioni ricorrenti nell’attività pastorale, sulle quali Papa Francesco in diverse occasioni è intervenuto, a partire dall’Evangelii Gaudium.
La prima è il pelagianesimo che spinge i cristiani ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni, ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma, afferma Papa Francesco, dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore e di essere sicuro nel suo orientamento.
Voi, operatori pastorali, a cui rivolgo il mio accorato ringraziamento, spesso, davanti alle difficoltà, vi rifugiate in conservatorismi e fondamentalismi, abbarbicandovi a condotte non più significative.
La dottrina cristiana non è un sistema di pensiero chiuso e ideologico, incapace di generare domande, interrogativi e dubbi, ma è viva, è inquietante. Ha un nome preciso, si chiama Gesù Cristo. Se cerchiamo di cambiare la parrocchia, l’associazione o il movimento di cui facciamo parte, con l’ennesimo tentativo di cambiare le strutture, ci illudiamo.
L’unico cambiamento possibile sta in Cristo Signore e nell’azione inarrestabile dello Spirito. Il proposito dell’operatore pastorale sia soltanto quello dell’apostolo Paolo: “Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (1Cor 9, 22). La seconda tentazione su cui dobbiamo mantenere desta l’attenzione è quella dello gnosticismo, che porta sempre a fidarsi del ragionamento logico e chiaro, ma che, però, perde la “tenerezza della carne del fratello”. La seduzione dello gnosticismo è quella di “una fede rinchiusa nel soggettivismo, in cui interessa una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma in cui il soggetto rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti” (EG 94).
Lo gnosticismo ci impedisce di trascendere!
“La differenza fra la trascendenza cristiana e qualunque forma di spiritualismo gnostico sta nel mistero dell’incarnazione. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo” (Papa Francesco, discorso all’Incontro con i Rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, Firenze 10 Novembre 2015).
Vi esorto, dunque: siate operatori pastorali secondo lo Spirito!
Siate uomini e donne di grande spiritualità, che è l’arte integrale dell’essere.
Vi chiedo di essere mistici, “mistici dell’istante” che prendono sul serio la propria umanità, in quanto narrativa di un Dio che “vive in questo mondo”.
“La mistica dell’istante è una dichiarazione di amore alla vita e un impegno per la costruzione di un futuro comune. Il mistico è colui che scopre di non poter smettere di camminare. Sicuro di ciò che gli manca, capisce che ogni luogo in cui passa è sempre provvisorio e che la ricerca va avanti. Che ci dev’essere dell’altro. E quella specie di eccesso, che è il desiderio, lo porta ad eccedere, ad attraversare i luoghi e a non perderli. Come ricorda Michel de Certeau, il mistico “non abita da nessuna parte, è abitato”. Il mistico si lega, come Ulisse, all’albero maestro di una speranza che non appartiene al futuro, ma all’invisibile. O meglio: a ciò che ancora non è visibile” (José Tolentino Mendonça).
Vi esorto ad essere operatori pastorali identificandovi totalmente con Cristo secondo quanto diceva Santa Teresa di Lisieux: La mia vita è solo un attimo, un’ora di passaggio.
La mia vita è solo un giorno che svanisce e sfugge.
Oh mio Dio, tu sai che per amarti sulla terra
non ho che l’oggi.
Buon cammino.
Cassano all’Jonio, 20 Ottobre 2020.
Vostro
✠ don Francesco, Vescovo