ALTO JONIO-14/11/2020: Calabria “zona rossa”: c’è chi la maledice perché mette in crisi il commercio e l’economia e chi invece la benedice perché è lasciato libero di ingrassare e di moltiplicarsi
ALTO JONIO Calabria “zona rossa”: c’è chi la maledice perché mette in crisi il commercio e l’economia e chi invece la benedice perché è lasciato libero di ingrassare e di moltiplicarsi. I primi sono gli operatori economici che, comprensibilmente, protestano perché costretti ad abbassare le saracinesche e chi invece, come gli ungulati, fanno festa e banchettano perché, a causa del Coronavirus, l’Autorità Governativa ha bloccato la caccia programmata e gli interventi di sele-controllo sui cinghiali, che ora hanno ripreso con maggiore vigore a devastare i campi e le colture facendo disperare contadini e agricoltori che vedono andare in fumo tutte le proprie fatiche. A segnalare questa vera e propria emergenza ed a chiedere agli amministratori regionali interventi urgenti sul ripristino della caccia agli ungulati, è la CIA (confederazione italiana agricoltori) che ha raccolto e rilanciato l’allarme-cinghiali. «Sono moltissime – si legge in una nota della Cia-Calabria diramata ieri 13 novembre – le segnalazioni che arrivano a Cia-Agricoltori Italiani Calabria da tutto il territorio regionale (dal Pollino allo Stretto di Messina) da parte di agricoltori, semplici cittadini e dai propri rappresentanti negli ambiti territoriali di caccia che, con legittima rabbia, stanno assistendo alla distruzione quotidiana degli impianti arborei e delle colture, soprattutto delle semine autunno-invernali». In realtà l’agricoltura calabrese è da anni vittima delle incursioni notturne dei cinghiali che provocano la distruzione delle colture da parte di questi ungulati, animali non autoctoni che sono stati immessi a suo tempo per il solo scopo venatorio. Ed è per questo che Cia-Calabria, preoccupata anche per il delicato e complesso momento storico collegato alla pandemia, ha chiesto alla Regione e al Governo interventi urgenti di contrasto ai danni provocati dagli ungulati, ivi compresa la riapertura della caccia al cinghiale e la ripresa dell’attività di selezione e contenimento della specie che è stata sospesa a causa della “zona rossa” istituita per contrastare il diffondersi del contagio da Covid-19. Il problema, come è noto, interessa molto va vicino tutta l’area del Pollino e tutto l’Alto Jonio calabro-lucano tanto è vero che in Basilicata, per lo stesso problema, la Cia ha lanciato una petizione popolare attraverso la quale ha raccolto in poco tempo oltre 10mila firme che sono state consegnate al Governo Regionale per chiedere l’adozione urgente degli stessi provvedimenti.
Pino La Rocca