Trebisacce-06/12/2020: La Madre di Dio: l’Immacolata e la Tota Tua ( di Pino Cozzo)

Pino Cozzo

 

 

 

 

 

 

 

 

La Madre di Dio: l’Immacolata e la Tota Tua

di Pino Cozzo

Per dirlo con le parole  di Giovanni Paolo II, c’è una “stupenda e penetrante dimensione di vicinanza alla Madre di Cristo ”, e noi crediamo che il suo esempio e la sua guida nella nostra vita possano costituire la chiave del nostro  rinnovamento  e della nostra condotta, come è avvenuto per l’apostolo Giovanni e gli altri Undici. Essi, come noi, erano pieni di sincerità e di buone intenzioni. Erano vissuti nella conoscenza e nell’intimità insieme col Signore per tre anni di ministero. Erano diventati attivi, convincenti, forti predicatori della buona novella che Lui aveva portato. Erano discepoli maturi, convinti della loro abilità di rimanere fedeli al Maestro. Fino a  quella Notte. Allora, ciascuno Lo abbandonò, ciascuno Lo tradì a suo modo, perfino “il discepolo che Gesù amava”. Ma, fra tutti, fu Giovanni che, riconoscendo la sua debolezza, andò da Maria. Giovanni che trovò in lei più forza,  serenità e amore; un amore per rafforzare il suo, per guidarlo e sostenerlo. Maria portò Giovanni alla fedeltà, alla conversione e al rinnovamento del Calvario, perché fosse il solo testimone fra gli Undici del volontario sacrificio sacerdotale di Gesù. Se noi, nella nostra debolezza, nel nostro fallimento, ma anche nel nostro desiderio di crescereer rafforazare il suo, per guidarlo e sostenerlo.za, andò da Maria. Giovanni che trovò in lei la forza, la s, ci volgiamo a lei che è la Madre di ogni “discepolo”, se è una persona reale nella nostra vita, come Giovanni, lei ci guiderà alla fedeltà e alla generosità al di là di ciò che avevamo conosciuto prima. Ella può diventare per noi un pozzo vivente di Giacobbe, versando per noi l’acqua della vita, ricordando a Suo Figlio che “non abbiamo vino” e ricordando, guidando, rafforzandoci nel “fare ciò che Lui ci dice…”. Dobbiamo imparare solo la lezione di Giovanni, di “prendere Maria con noi”, una lezione che gli Undici avrebbero imparato con la Pentecoste, consacrando e affidando la nostra vita, il nostro ministero e il nostro rinnovamento alla sua guida. Poiché viviamo questo dono, apprezzeremo e gioiremo in esso, apprezzando umilmente e con gratitudine ciò che abbiamo ricevuto, e dicendo nello stesso Spirito Santo ciò che ispirò Elisabetta: “Chi sono io perché la Madre del mio Signore viene a me?”. Lei è la nostra Madre, non semplicemente nell’immaginazione, né per “volontà di uomo, ma da Dio stesso”.  Dalla croce della Sua nascosta e perenne comPassione, sotto le sembianze sofferenti, Gesù continua a dare il solenne dono della Sua Madre a coloro che, come Giovanni, cercano di accompagnarlo sui sentieri che portano ai tanti Calvari dai quali Lui ancora manifesta la Sua sete: “Discepolo, ecco tua Madre …”“Da quel momento, il discepolo la prese nella sua casa”.  Noi che continuiamo questo tenero mistero dobbiamo farlo fino alla pienezza, prendendo Maria “nella nostra casa”, essendo “la causa della Sua gioia come lo fu Gesù, avvicinandoci a Lei come fece Lui”, mantenendo in noi “Lei che non possiamo separare dalla nostra gioia, alla quale noi confidiamo i nostri dispiaceri, e con la quale noi superiamo tutte le afflizioni. Non pensiamo che stiamo lavorando con Lei, se diciamo solo poche preghiere per Lei. Dobbiamo vivere costantemente con Lei, affidarci a Lei con quella ingenuità dei bambini in tutte le nostre gioie e dispiaceri, imitando le sue virtù e abbandonandoci completamente nelle sue mani”. Pregando come fece Lei, e pregando con Lei, entrando nella sua esperienza dei misteri della vita di Gesù, nella preghiera contemplativa del rosario, la Sua anima diventa un filtro vivente, attraverso il quale noi stessi sperimentiamo il mistero del Dio Vivente. Il Suo abbandono la unì all’abbandono di Gesù e dell’umanità i cui affanni Egli prese su di sé. “Lei è assolutamente vuota: vuota di orgoglio, invidia, gelosia, amarezze, malizia e cose del genere. Ecco perché Lei poté essere piena di Dio. E noi, cercando quella sorta di vuoto, pratichiamo la vera devozione per Lei. ‘Affidatevi alle mani del Signore’ umilmente, nascostamente, assolutamente privi di orgoglio”. La parte più bella di Nostra Signora fu che, quando Gesù entrò nella sua vita, immediatamente, senza esitare, andò da Elisabetta  per donare Gesù a lei ed a suo figlio. Come leggiamo nel Vangelo, il bambino sussultò di gioia al primo contatto con Cristo”.  Il mistero del suo Cuore è di perfetta oblazione: oblazione sia come autosvuotamento che come totalità di dono, un doppio “donarsi” in armonia con Lui che attuò la sua oblazione in e per mezzo dell’oblazione di Maria. Poiché il suo Cuore era così vuoto da essere completamente riempito e da essere completamente donato, Lei è sia Vergine dei Poveri che Madre di Carità. Se la povertà e la carità vanno insieme, allora colei la cui povertà di spirito conobbe una tale profondità deve possedere un cuore scolpito da quella povertà la cui profondità d’amore rimane per noi insondabile. Nella sua povertà, Lei è Madre di Carità, quell’abisso di povertà che diventa gioia immensa e fonte d’amore.