Trebisacce-06/12/2022: Il dono dell’amore reciproco

 

Il dono dell’amore reciproco

di Pino Cozzo

 

Come sappiamo, la speranza e l’attesa nella sua storia dell’uomo si è concentrata nell’arrivo del grande giorno della restaurazione, l’annuncio del regno da parte del messia che avrebbe proclamato la grande stagione della grazia di Gesù e inaugurato quel regno con segni e meraviglie, simboli della rinascita e del rinnovamento (l’estinzione del debito, la liberazione dei prigionieri, il conforto dei malati). L’arrivo dei Magi alla grotta di Betlemme potrebbe ricordarci il passo scritto dal profeta Isaia, quando dice: “Lo spirito del Signore è su di me, Egli mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a consolare i cuori affranti, a proclamare la libertà ai prigionieri, ad aprire le porte delle carceri, e a proclamare l’anno di Grazia del Signore…” Questi sapienti però non erano soltanto scienziati, ma anche un po’ sacerdoti: solo loro sapevano interpretare certi «segni» che vedevano nel cielo come profezie, oppure annunci di negatività e per questo erano molto ascoltati dal popolo, che chiedeva loro di prevedere il futuro. Può darsi dunque che alcuni di tali studiosi, avendo scoperto qualcosa di insolito tra le costellazioni e dopo aver consultato i libri sacri che ne parlavano in collegamento con la nascita di qualche sovrano o condottiero, siano partiti «da oriente» per essere i primi a incontrarlo e a rendergli omaggio: magari per farselo amico, in vista della sua futura importanza e del suo futuro eterno regno. In virtù di quella chiamata, anche noi siamo messaggeri con Gesù dell’amore del Padre, inondati del Suo Spirito, soprattutto ai poveri di spirito, i quali, senza riguardo alla volontà o alla salute, soffrono una fame che non può mai essere saziata col “solo pane”: hanno fame di Dio, della Sua parola, del Pane di Vita, del tocco della Sua compassione. E così, tutti i battezzati sono chiamati a soddisfare quella fame, siamo chiamati ad “essere Gesù”, in sua vece, per loro. Per ciascuno di noi Iddio ha rappresentato la percezione di questa chiamata nel bel mezzo della nostra mediocrità, per dare più di noi stessi, impreziositi dal desiderio di portare nelle nostre vite e nel nostro piccolo mondo la visione della fede e del messaggio d’amore. Gesù proclama beati gli ultimi della società, perché sono i primi destinatari del Regno, e, proprio perché sono bisognosi, Egli, nel suo amore infinito, gratuito e misericordioso, va loro incontro e li chiama ad essere suoi fratelli e discepoli, conferendo loro quella dignità che nessuna circostanza o persona può annullare o diminuire. Anzi, una situazione fallimentare può costituire un vantaggio, perché i poveri e i sofferenti già sperimentano la loro debolezza e i loro dolori, e sono, quindi, disponibili a farsi salvare da Dio. Gesù stesso è povero e umiliato, si fa ultimo degli ultimi, è perseguitato e crocifisso, ma esulta nel Signore e loda il Padre, gioisce con Lui e per Lui. Nella mentalità del nostro tempo, caratterizzato dal mito del progresso, della ricchezza, della notorietà, si avverte forte la spinta ad essere da soli artefici del proprio destino. Cresce la speranza del successo a tutti i costi, con qualunque mezzo, lecito o meno, della soddisfazione delle proprie caduche aspirazioni; monta l’arrivismo e l’arricchimento fine a sé stesso. Il fascino e la bellezza “della buona notizia” non teme paragoni, fa uscire dalle sicurezze illusorie ed effimere, scaccia le paure, spesso infondate, attrae la nostra attenzione su aspetti più seri ed edificanti, carichi di belle promesse e di gioiose prospettive. Non si può parlare della Santa Famiglia, se non si parla di Maria, come presenza dello spirito, bellezza interiore, profumo di santità, fede verginale, amore materno, fedeltà sponsale e gloria celeste. In Lei, sono rappresentati tutti i doni divini dell’amore e del perdono. Il suo non è stato un ruolo passivo; è stata chiamata e Lei ha risposto, si è donata senza porre quesiti. La Sua grandezza consiste, sì, nell’aver portato in grembo il figlio dell’eterno Padre, ma, soprattutto, nell’aver creduto alla parola del Signore, nell’aver manifestato un’immensa fede, nell’essere stata il principio di un progetto universale. Ogni donna è saldamente legata ai figli, ma Maria integra questa dimensione umana con una straordinaria comunione con Dio. Maria, e con Lei il suo sposo Giuseppe, cerca di educare Gesù come farebbe qualsiasi altra madre, tenendo spesso presente che però quel figlio è diverso dagli altri, in modo del tutto particolare, perché Lui deve occuparsi delle cose del Padre.