Albidona-12/03/2022: Pasquale “Colàscio” e la sua sofferta memoria contadina  (di Giuseppe Rizzo)

L’ALTRA STORIA

 

Pasquale “Colàscio” e la sua sofferta memoria contadina

 di Giuseppe Rizzo

 

Non mi trovo in paese, ma gli amici dell’ “Altra cultura” mi informano che “. . . se n’è andato un altro nostro caro depositario delle memorie locali: Pasquale Napoli, alias “Colàscio”, o “Carolìna”.  

Pasquale era nato in Albidona, nel 1937. Fu mio amico, fin dall’infanzia. Sua madre, zi’ Maria coltivava un pezzo di terreno comunale, vicino alla nostra masseria. Eravamo anche vicini di vigna.

Quel ragazzino bassotto, che sembrava di poche forze fisiche, lavorava come un uomo grande, maneggiando zappa, accetta, coltello e altri arnesi del mondo contadino. Mentre mieteva il grano, raccontava con sincerità anche la storia della sua umile e laboriosa famiglia. Insieme al fratello Antonio, piangeva per il padre Vincenzo, caduto nella guerra fascista di Grecia e Albania. Pure il vecchio nonno Antonio, mio vicino  di casa al rione “Pozzo”, piangeva, non solo Vincenzo ma anche il suo secondo figlio Giuseppantonio, morto nella stessa guerra. Io lo sentivo lamentarsi così: “La patria ! la patria m’ha ucciso due figli !”

Piangevano anche i miei, dannati della terra. Ricordo che una mattina, zi’ Maria e Pasquale entrarono nella stalla e videro che l’asinello era morto: i vicini di casa del Militòne li aiutarono a trascinarlo fuori e lo fecero precipitare nella “costa di Pastatosta”, dove arrivavano subito cani e corvi. Pasqualino e zi’ Maria piangevano il loro paziente compagno di lavoro. Nel mondo contadino, quando muore un animale domestico, è un grosso guaio; è una perdita di speranza. Pasqualino lo piangeva anche a scuola, qualche compagno rideva, ma la maestra forestiera cercava di consolarlo.

Questo mio compaesano aveva una memoria di ferro: parlava del lavoro che svolgeva insieme alla madre vedova, e soprattutto del fatto di suo nonno materno (Pasquale Chiaro-Colàscio), che provocato nella foresta di “Straface”, uccise la guardia  “Calienno”  di Amendolara. Parlava di uno zio carabiniere, ma non l’ha mai conosciuto.

Poi, Pasquale si sposò e rimase nella piccola masseria del nonno Antonio, in contrada Panebello. Non era di florida salute ma lavorò sempre, con sua moglie e con i suoi figli. Un giorno passai per la masseria Scillone; Pasquale, che ne era l’affittuario, mi fece vedere un vecchio ulivo circondato da rami spinosi, e mi disse: “Questo è l’ulivo di Titta; ci ho messo le spine, perchè non deve essere maltrattato dal bestiame”. Sì; Titta era quel Gianbattista Scillone, uno dei rivoltosi del 1848”. Pasquale continua a raccontare:  “ … una notte piovosa, sorpreso dai gendarmi borbonici, Titta saltò dalla paglièra, appoggiandosi a un bastone verde di ulivo, ma il ramo restò conficcato nel terreno; poi attecchì, miracolosamente, e diventò ulivo grande, e c’è ancora !”.

Pasquale fece soltanto un po’ di scuola elementare, ma per me, era uno storico prezioso. La storia la conosce chi l’ha vissuta e chi l’ha sofferta. Ma la stiamo cancellando noi, che abbiamo pure studiato. Non si leggono né libri e né giornali; i giovani, e anche certe signore di oggi, stanno sempre con quella “tappa” davanti agli occhi, e sanno fare solo “wahtsApp”.

Pasquale raccontava l’ ALTRA STORIA di Albidona; come altri nostri informatori, la conosceva meglio di noi. E’ la storia che non ha avuto mai voce: il duro lavoro nei campi, le tristezze della guerra, i morti in campagna, e anche qualcosa di bello. E Pasquale Napoli sapeva fare pure “cose belle”. Tornava con la vecchia mula, sempre carica di legna. Poi, sedeva davanti alla casa e faceva l’artigiano-artista, come altri anziani che sono già morti. Costruiva attrezzi contadini, ma anche oggetti in legno: collane di capre e di buoi, in miniatura, “cucchiàre”, fusi per la lana, pala e rastrello della panificazione, e finanche i giocattoli per i bambini: senza usare la costosa e brutta plastica dell’odierno mercato consumistico. Volete che vi spieghi quella foto che lo vede piegato sulla scarpa ? Pasquale sta preparando il giunco per intrecciare fichi secchi, passandolo per l’anello metallico del laccio, …  meglio dire “curriùlo” di cuoio ! Pasquale sapeva fare anche i “curriùli” con la pelle di cane: era un contadino veramente geniale, e noi lo ricordiamo come una pietra che si è staccata dalla nostra casa, dalla nostra anima, dalla nostra storia.  Nelson Mandela diceva che gli anziani sono come una grande biblioteca. (6 febbraio 2022)