Trebisacce-14/04/2022: LA PASSIONE DI CRISTO: TUTTO E’ COMPIUTO (di Pino Cozzo)

 

LA PASSIONE DI CRISTO: TUTTO E’ COMPIUTO

di Pino Cozzo

 

 

La pienezza di Gesù trova il suo culmine nella povertà della croce, conseguenza estrema dell’incarnazione e suprema rivelazione della sete dell’uomo e della sete di Dio di saziarci. La croce non fu una realtà isolata, ma la conseguenza finale e più piena della povertà intima ed esteriore del Cristo: quella duplice crocifissione dello spirito e della carne si è manifestata nel Suo gridare: “Ho sete”. La croce è un vivere la povertà e la povertà è un vivere la croce. La povertà è un vivere la croce non solo perché è sacrificio, ma perché è un’espressione d’amore. Se noi siamo realmente uniti a Gesù nella preghiera, se noi ci avviciniamo davvero alla Passione di Cristo, allora abbiamo bisogno di condividere la Sua Passione, di quella mortificazione, di quella croce.  Come i discepoli di Emmaus, anche noi troppo spesso siamo “lenti a capire” il valore e la necessità della povertà della croce. Come la povertà, così anche la croce deve occupare lo stesso posto nella nostra vita e nella nostra missione di credenti, come accadde in quella di Gesù. E poiché noi tentiamo di viverla, ci accorgiamo che quella povertà diventa la nostra capacità di arricchirci e la croce la nostra capacità di dare vita. Senza sofferenza, la nostra opera sarebbe solo un’opera sociale, buona e proficua, ma non sarebbe parte dell’opera di Gesù Cristo, né parte della Redenzione. Gesù volle aiutarci condividendo la nostra vita, la nostra solitudine, la nostra agonia e la nostra morte.  Noi non solo diventiamo testimoni del quotidiano mistero pasquale, noi stessi entriamo in quel mistero, entriamo nella stessa Eucaristia di Gesù, noi ”che ci saziamo della carne del Figlio dell’Uomo” diventiamo una continuazione vivente della Sua Eucaristia e dei Suoi misteri. I misteri di Gesù si incarnano nel mistero della vita di ciascuno, una vita nella quale riproduciamo ogni aspetto della vita del Figlio attraverso la comunione di vita, continuando la Sua opera di carità la cui suprema espressione è stata la Sua Passione e morte che sono una cosa sola con l’Eucaristia di cui quotidianamente si nutre la nostra carità con lo stesso mistero pasquale. Entrando nella Sua carità nell’Eucaristia, ed entrando la Sua carità in noi, noi diventiamo Eucaristia vivente con Gesù. In quelle opere d’amore, che sono la continuazione del Suo mistero di donazione sul calvario, la Sua Eucaristia e la Sua opera di divinazione dell’uomo e di preghiera per il Padre sono compiute, poiché in quella carità noi assumiamo le sembianze di Cristo, e così il Padre continua ad essere glorificato nel Figlio in noi.  Al cospetto della grandezza dell’Eucaristia, al cospetto della magnificenza di Dio, si deve rimanere solo in silenzio; in silenzio di fronte a questo grande dono, silenziosi di fronte ad un’infinita grandezza racchiusa in un’infinita umiltà. Nel volto del Crocifisso si rivela il significato autentico del dolore. In lui la sofferenza non è più una semplice esperienza, diventa un misterioso ideale. Essa non è più una punizione che opprime né un peso che l’uomo trascina come un condannato da Dio; è un’offerta accettata liberamente e portata al Padre celeste, in uno slancio d’amore riparatore. Gesù infatti le dà un aspetto assolutamente puro. Alle origini dell’umanità, il peso del dolore era derivato dal peccato; ma ecco che quel peso, culminando nella Passione del Salvatore, cessa di presentare le stimmate del male e diventa l’espressione dell’innocenza immolata. La sofferenza appare ormai come una compagna della santità e una manifestazione di perfezione.