Trebisacce-08/05/2022: IL CANTO XXX DEL PURGATORIO E IL FANTOLINO CHE CORRE A LA MAMMA di Pino Cozzo

IL CANTO XXX DEL PURGATORIO E IL FANTOLINO CHE CORRE A LA MAMMA

di Pino Cozzo

 

E’ il Canto in cui appare Beatrice, in un’aura di fiori, e la sua dolce luce è simile al sole, quando, nascendo ad oriente, è tutto color rosa. La sua testa è cinta da una ghirlanda d’ulivo, e il suo volto è coperto da un candido velo, e indossa colorati vestiti. I colori ricordano le Virtù teologali: il bianco della Fede, il rosso della Carità, il verde della Speranza. Dante, dapprima stenta a riconoscere la donna, “la tanto gentile”, poi ne avverte la presenza e si sente così emozionato da cercare Virgilio, che però non trova, e allora, i suoi occhi si velano di lacrime. Il Poeta le si fa più prossimo, quasi a cercare conforto e rassicurazione. É la scena del passaggio del testimone: il Vate ha ormai esaurito il suo compito, la ragione umana non ha più senso che esista, essa deve cedere il passo alla scienza del Divino. Nello scuotere Dante, Beatrice lo sprona a non piangere, perché, gli ricorda, dovrà versare lacrime ben più amare, e questo fa dei due protagonisti persone vive e reali, legate da aspetti intellettivi ed affettivi molto personali e stretti, che rappresentano altresì realtà metafisiche e trascendenti. La storia di un amore terreno, fatto di materia e sostanza, viene posto sul piano di un insegnamento universale e sovrannaturale.  La missione naturale e divina delle mamme ci dice che l’amore di Dio, per il loro tramite, si riversa sui bambini, ed è corroborato dall’azione redentrice di Gesù, per consentire ai genitori di attuare la loro missione nella società e nella Chiesa. Tutte le madri sono specialmente consacrate e tutta la loro vita è pervasa di amore e dedizione, tendono alla perfezione e rendono lode e gloria a Dio Padre per il dono della maternità, che le assimila a Maria. Ci sono vicine nei momenti felici, per gioire con noi, ma, soprattutto, nelle difficoltà, per aiutarci ed incoraggiarci, sostenerci e consigliarci. Se si ha ancora stima e si attribuisce ancora valore alla famiglia, non si può prescindere dal senso civico e morale da affidare alle mamme, per ciò che attiene all’integrità etica, al rispetto della giustizia, alla sincerità, alla cortesia, alla fortezza d’animo, all’amore. Tutto ciò è retaggio e dipendenza dalla Mamma, di tutte le mamme: la Madonna, nel senso etimologico del termine: “donna mia e di tutti”, la quale non era diversa dalle madri d’oggi, perché ella preparava il grano, faceva il bucato, accendeva il fuoco, si dedicava alla cucina, e, soprattutto, amava il marito e il figlio più di ogni altra cosa al mondo. Era straordinaria nella sua elezione, ma normale nel suo agire. Come tutte le mamme, di ieri e di oggi, e come le nostre mamme, che sono vissute in un contesto sociale diverso da quello di duemila anni fa, ma sono ugualmente ricche di sentimenti e di valori interiori, ed hanno saputo contare su loro stesse, badare a loro stesse, portare il loro prezioso contributo al lavoro, dentro e fuori casa, soprattutto amare i mariti e i figli. Dietro le normali attività, si sono, però, talora, nascoste tensioni, sofferenze, stenti, incomprensioni, progetti, a volte realizzati e a volte meno, dolori. Essere eroine per una settimana può essere relativamente facile e può portare anche emozioni, ma dover lottare quotidianamente con l’incertezza e non farsi schiacciare dal peso delle privazioni è un’operazione che mette a dura prova anche il carattere più forte, reso ancora più forte dalla giovinezza e dalla voglia di portare a termine un compito affidato dal Signore e guidato da un amore incondizionato. E nella normalità della vita quotidiana, quando tutto sembra essere ordinario, monotono e privo di senso, la carezza al compagno di vita e un bacio dato ai figli offrono certamente la misura di gesti straordinari, che dimostrano che così si compie la volontà divina e si attua una missione alta e nobile. E quando sembra di non possedere beni materiali, quando appare privo di significato il dare corso ad un progetto di vita, allora, il donare il proprio cuore, i propri servigi e il proprio sorriso rendono diverso ogni atteggiamento e pregno di significato ogni gesto. E anche quando si deve accettare la prova della malattia, lo si fa con cristiana e paziente rassegnazione, nella convinzione che possa rappresentare una santa purificazione e un’assimilazione alle pene sofferte dal Signore, per la salvezza dell’uomo.