Trebisacce-06/11/2022: DANTE E IL CANTO XV DELL’INFERNO: LA PATERNA FIGURA DI VIRGILIO di Pino Cozzo
DANTE E IL CANTO XV DELL’INFERNO: LA PATERNA FIGURA DI VIRGILIO
di Pino Cozzo
In questo canto, si narra l’incontro di Dante con Ser Brunetto Latini, maestro del Poeta, che sopraggiunge insieme con un gruppo di anime, che per la curiosità aguzzano gli occhi, per meglio rendersi conto di ciò che stia accadendo. E’ un passo in cui il linguaggio acquista l’espressione della meraviglia, delle esclamazioni, degli interrogativi, ma, soprattutto, della gioia di rivedersi. Brunetto si interessa al viaggio del discepolo, ne chiede spiegazioni, vuol saper il perché, come un buon padre, e Dante gli narra dello smarrimento nella selva oscura, del ritorno sulla dritta via, ed altri particolari e vicende. Ma poi, il dialogo assume il carattere della profezia, ampia e solenne, in cui Brunetto rimpiange e si rammarica di aver dovuto interrompere l’opera educatrice nei confronti del valente allievo, e gli predice l’immortalità, ovviamente letteraria, nonostante l’invidia e il contrasto manifesto dei fiorentini, che, a suo dire, sono maligni, ciechi, ingrati ed indegni. E’ un canto che ovviamente rievoca intimità e confidenza tra i due personaggi, è un momento di nostalgia; in esso, Dante ricorda la sua infanzia, le sue speranze, e anche le sue delusioni, l’ansia nella speranza di fare bene, operare secondo coscienza e scienza, cosa che non sempre accade in generale, e non accadeva nella Firenze del ‘300. Ma è Gesù è il vero divino Maestro che insegna, che ammaestra, che persuade, che consola, che sostiene, è la vera fonte della vita, che guida le intelligenze più eccelse ed indirizza le menti di tutti coloro che a Lui si affidano ciecamente e si mettono docilmente nelle sue mani. Gesù è il Maestro, il nostro Maestro e il Maestro di tutta l’umanità, di quella che a Lui si affida, ma anche di quella che in Lui non crede, l’unico, il solo, quello che deve rappresentare il nostro modello, a cui noi dobbiamo ispirarci, Colui al quale rivolgersi per qualunque dubbio o difficoltà esistenziale o di dubbio. Tutti gli altri maestri possono essere di valido aiuto, nella misura in cui, a loro volta, o prendono Gesù quale riferimento supremo, oppure, per una ragione o per l’altra, sono suscettibili di indirizzare le intelligenze e le anime verso di Lui; e questo vale, ad esempio, per quegli autori classici, come ad esempio Virgilio, nei quali vi è una sensibilità naturale cristiana, ed è appunto lui che Dante sceglie come guida e vate. La scelta di Virgilio come guida nei primi due regni dell’oltretomba non è stata una scelta casuale. Dante è un grandissimo estimatore di Virgilio, e, sin dalla sua giovinezza, Dante ha sempre studiato la figura di Virgilio e soprattutto l’Eneide. Dante quindi vede in Virgilio la figura ideale come sua guida in un viaggio che solo un grandissimo poeta come Dante poteva fare e raccontare con versi meravigliosi. Dopo questo viaggio, Dante, infatti, sarà un altro uomo. Non più lo spaurito e anonimo viaggiatore che va in pellegrinaggio nell’aldilà per liberarsi dal peccato e dai dubbi, ma un uomo consapevole del valore della sua e dell’altrui vita, un uomo che ha raggiunto Dio e porterà sempre con sé il ricordo di questa visione. Virgilio e Dante sono come padre e figlio, tant’è vero che Virgilio chiama Dante “figlio” e Dante chiama Virgilio “Padre”. Virgilio è un grande poeta dell’età classica, certamente ricordato per aver scritto opere meravigliose, ma è e verrà ricordato anche come colui che ha accompagnato Dante nei regni dell’oltretomba. Ha cioè assunto il comportamento del buon padre di famiglia, della persona saggia, di colui che aiuta a superare le difficoltà che la vita ci riserva, per il nostro bene, per la nostra crescita, per la nostra santificazione. Sì, perché la santità è il semplice dovere di ciascuno di noi, che siamo stati creati per cose più grandi, per ciò che è più eccelso, per amare e per essere amati. La santità non è la lussuria di pochi. E’ per questo che Gesù ha detto: ”Siate santi come il Padre è santo”. E la santità non è niente di speciale per chi vuole collaborare con Cristo alla redenzione dell’umanità, è un dovere di tutte le donne e di tutti gli uomini, per essere a stretto contatto con Gesù. Specialmente quella santità vivente, che potrà permettere a Cristo di vivere in tutti noi la sua vita. La santità è quella completa unicità con Cristo per pregare in lui, operare in lui, essere uno con il Padre e il Padre possa amare il mondo per il Suo tramite. Oggi, poi, è la festa di S. Leonardo, patrono della nostra città, il Padre di tutti noi, l’uomo che si è lasciato plasmare ed è cresciuto educato in famiglia e nelle comunità che frequentava, rispettoso dei genitori e dei superiori, docile nell’opera di formazione in lui operata. Lui che faceva grandi progressi nello studio e dimostrava grandissimo interesse per le funzioni che si svolgevano nelle corti o nella chiesa del suo villaggio. Sia per tutti noi un esempio da imitare.