Trebisacce-14/06/2024: L’ULTIMA CAMPANELLA (una lezione lunga sessant’anni) di Pino Cozzo

 

L’ULTIMA CAMPANELLA

(una lezione lunga sessant’anni)

di Pino Cozzo

Dimmi in che modo insegni e ti dirò in quale considerazione tu tenga questa tua professione.  Potremmo dire che il docente sia un professionista COLTO, perché gli compete un rapporto forte e continuo con i saperi disciplinari, con la loro evoluzione, e con la loro traduzione in discipline scolastiche. Di ogni disciplina dovrà compiere una lettura “bruneriana”, in grado di coglierne il valore formativo, di promozione di linguaggi, di metodi, di conoscenze, che, secondo lo studioso, sono gli elementi da trasferire negli alunni e renderli educabili. Ma è anche un TECNICO, perché deve padroneggiare i meccanismi della trasmissione culturale, della comunicazione, della relazione  educativa, delle competenze, che vanno dalla gestione del clima della classe all’uso dei materiali didattici, al sostegno attivo dell’apprendimento degli allievi, al governo delle diverse realtà presenti nelle scuole ed a lui affidate. E’ un CREATIVO, perché è invitato a combinare in maniera originale ed espressiva le diverse variabili della situazione educativa. L’insegnante non è un istruttore, è un educatore ed un comunicatore. Dunque, una buona comunicazione con gli allievi è una risorsa decisiva: ma un bravo insegnante è in grado di imparare anche dagli allievi, è in grado di far tesoro della personalità degli alunni e di “adattare” alle loro caratteristiche le proprie strategie comunicative e informative.  Il docente è ancora un professionista RIFLESSIVO, perché ha l’obbligo di scrutare sotto l’humus delle apparenze, per capire come il “contesto” interagisca sulla formazione culturale e quindi cognitiva delle ragazze e dei ragazzi. E in questa esplicitazione, un posto rilevante assumono le dinamiche relazionali, affettive, i conflitti, le emozioni, le fantasie. Ogni alunna o alunno rappresenta un mondo a sé, che non è statico, ma si esplicita in un continuo divenire, in una continua maturazione e in una continua emancipazione, che ha un vissuto nel suo background, con una educazione, una situazione familiare, un carattere, un modo di rapportarsi che cambia man mano che si scorre l’elenco degli iscritti a ciascuna classe. Il concetto di educazione racchiude in sé soprattutto libertà ideologica e comportamentale che trae guida e manifestazione dall’ambiente, dai genitori e dai docenti che indicano, soprattutto nei primi anni di vita, quale sia il percorso da seguire per raggiungere mete elevate. In questo contesto, il comportamento dell’insegnante rappresenta una stella cometa per gli alunni, e anche i rapporti sociali che egli instaura con i colleghi lasciano nei ragazzi delle tracce ben segnate in termini di ricordi ed emozioni, si rivela centrale nel percorso professionale dell’insegnante: è anche osservando il modo in cui gli adulti interagiscano tra di loro che i più giovani apprendono il senso di riconoscimento reciproco, la capacità di comprendere l’altro, il mettersi nei suoi panni, il valore della gentilezza (intesa come capacità di ascolto e di accoglienza delle fragilità altrui), il senso di empatia e di fiducia reciproca. Il momento del pensionamento non è un porre un punto e tornare a capo; per godersi questa seconda parte di vita, che potrebbe anche essere migliore, non bisogna cadere vittima della solitudine e del pensiero negativo. Piuttosto è importante chiedersi cosa si sia accantonato fino a quel momento e capire che forse sia arrivato il momento di levare i propri sogni dal cassetto e cercare di realizzarli, ponendosi però sempre dei limiti accettabili. È importante frequentare amici, e non chiudersi in casa, tenere i contatti coi colleghi, muoversi ed essere attivi. Insomma bisogna continuare ad essere operativi, per superare quel linite invalicabile che a volte sembra un muro troppo alto.  La mia ultima campanella è suonata a mezzogiorno di giorno sette giugno duemilaventiquattro, dopo quasi quarant’anni di servizio nelle scuole dell’Alto ionio cosentino e materano. Ma la primissima era suonata nell’ottobre del millenovecentosessantatré con la frequenza della prima elementare, in cui ho sperimentato un peregrinare tra vari maestri, ma anche la conoscenza di una signora eccezionale che risponde al nome della Maestra Maria Marino, una signora dalle doti umane eccezionali ed una vera “mamma” per tutti i bambini e le bambine a lei affidati. Nel seguente anno, si è consumata la prima grande fortuna della mia vita, quando un’altra grande Maestra, Zia Dorina Verni Le Voci – straordinaria donna dalle profonde e solide conoscenze che potesse comprendere lo scibile umano, e mossa da un’incrollabile fede nel Signore Dio – mi ha voluto con lei nella sua classe dove ho conosciuto compagni straordinari, come Anna Franca Veneziano, Tina Potestio, Antonio D’andrea, Cenzino Oriolo, Mimmo Petrone, Pino De Vita e Zoila Le Voci, che doveva diventare poi la mia bella compagna di tutta la mia vita. La gavetta delle varie scuole dell’Alto Ionio cosentino da insegnante comincia con la prima nomina a Villapiana (comune di nascita e origine) da parte della eccezionale preside Campana, ed è proseguita poi con tanti altri comuni, Amendolara, Rocca Imperiale, Oriolo, Tarsia, con nomine degli allora presidi. Il passaggio alle scuole superiori da docente con nomina dell’ex Provveditorato agli Studi si è attuato nel 1988 con il ritorno al Liceo Scientifico di Trebisacce dove ero stato studente, dove avevo avuto come docenti delle vere colonne del sapere, come i Proff. Francesca Richichi Misiti, Michele Misiti, Nicola Pasculli, Pippo Aprile, ed è stato per me motivo di grande orgoglio, e, contestualmente, all’Istituto Tecnico Filangieri. Sono stati momenti indimenticabili, perché lì ho trovato docenti che avevano fatto la storia di quelle scuole, come la Prof.ssa Fulvia Bromo Gioia, donna di elevato spessore culturale, umano e professionale, Nicola Filidoro, e Giovanni Di Serafino, colleghi preparati ed anch’essi molto disponibili ad elargire validi consigli. La pausa del 1992-1993 è stata finalizzata all’accettazione del ruolo nella paterna lucania, a Policoro, ma, subito, nel successivo anno, è seguito il trasferimento al Filangieri, dove mia moglie aveva già precedentemente ottenuto il ruolo per l’insegnamento della matematica, e tutto ciò per me ha costituito motivo di grande gioia. Ed è in questo trentennio che ho potuto conoscere gente di elevato spessore professionale, dai dirigenti che si sono susseguiti, ai colleghi, Proff. Raffaele Gatto, Rita Pirri, Margherita Lateano, Rosetta Lategano, Laura Gioia, Maria Sansone, Maria Rosaria Risoli, Pino Pomarico, Pino Lanzillotta, Gino Rago, Vincenzo Pesce, Maria Noia, Franco Abate, Franco Lofrano, e poi, Matteo Del Gaudio, Mirella Ieno, Elena Pace, Cristina Albamonte, Nicola Grosseto, Salvatore La Moglie, Franco De Franco, Riccardo Mazziotti, Francesco Lerra, Franco Vivacqua, Don Ciccio Faillace, Mariella Gioia, Laura Pugliano, Carmela Maurella, Marialucia Lattuca, Andrea Canciello,  per citarne solo alcuni, dall’elevata caratura culturale, umana e docimologica. A loro va il mio grazie per avermi tanto insegnato. Così come la collaborazione coi direttori che si sono alternati, il personale amministrativo, i collaboratori scolastici, non hanno mai manifestato un diniego, mai usato una parola fuori luogo, mai assunto un atteggiamento scortese. A tutti loro va il mio grazie. Si sono alternati nella scuola tanti, ma tanti colleghi, a volte solo per uno o pochi anni, ma con tutti si è instaurato un rapporto di profonda amicizia e stima. Ora si chiude una bella parentesi, il mio è un passo indietro, ma lascio la parte più importante di me, che sono mia sorella Antonietta, mio figlio Giuseppe, e mio cugino Francesco Chiaromonte, e come per me suo padre e sua madre sono stati per me genitori, lui, sua sorella e suo fratello, sono per me fratelli, a loro il facile compito di perpetuare una meritoria opera professionale. Ho due rimpianti: di non essere mai arrivato in ritardo a scuola per le lezioni, e il non aver dato l’opportunità ad un docente supplente di sostituirmi, perché Iddio ha voluto che non mi assentassi per lunghi periodi. Dedico questo mio dire al Signore che ha divinamente e benevolmente guidato la mia mente, i miei passi e il mio discernimento, i miei genitori, Italia e Francesco, che hanno creduto nelle capacità dei loro figli –  Antonietta, Filomena ed io-  ed hanno fortemente voluto che studiassimo e diventassimo seri professionisti, voglia il Signore custodirli nella Sua Grazia e nel Suo amore. Un grazie particolare a mia moglie Zoila e i miei figli Francesco e Giuseppe, mia sorella Antonietta che mi sono stati sempre vicino e mi hanno sostenuto, moralmente e materialmente, nei momenti più difficili, senza di loro non ce l’avrei fatta. Altra piacevole concomitanza è la comune quiescenza che si attua in quest’anno scolastico insieme a due vecchi e grandi amici, Riccardo Mazziotti e Francesco Lerra, vere colonne dell’Istituto e del corso CAT in particolare, anche con loro abbiamo condiviso tante esperienze didattiche e formative che hanno maturato in noi una solida struttura didattica e rafforzato i nostri rapporti professionali. Grazie a tutti, vi porterò per sempre nel mio cuore.