Trebisacce-14/08/2024: Il Canto II dell’Inferno: Dante e il cammino della Redenzione, con Maria, la Madre del Redentore (di Pino Cozzo)

maria madre

Il Canto II dell’Inferno: Dante e il cammino della Redenzione, con Maria, la Madre del Redentore di Pino Cozzo

Dante ancora una volta ha timore di affrontare il temerario passo, poiché teme che le sue virtù non siano tali da sostenerlo e guidarlo nel viaggio ardimentoso dell’oltretomba. Con il corpo corruttibile, Enea scese nel regno delle tenebre, ma Iddio aveva stabilito che da lui e dai suoi discendenti sarebbe nata Roma, la grande, che prima avrebbe conquistato e unificato il mondo, e poi, sarebbe stata la sede del successore di Cristo e di S. Pietro. E ancora, S. Paolo sarebbe diventato il soldato di Cristo, dopo essere stato il suo più acerrimo persecutore. Virgilio, come al solito, rimprovera Dante di essere vile e pavido, e gli racconta che, mentre si trovava nel Limbo, venne a cercarlo una donna, nobile e bella, che gli chiede di soccorrere il Sommo poeta, smarrito e pauroso nella selva oscura del peccato e del disimpegno, atterrito dalla presenza delle tre fiere, e lo prega di riportarlo sulla via della salvezza e della tranquillità. C’è nel Cielo una donna gentile e splendida a cui piace ciò, Maria Vergine, la madre di Gesù e di tutta l’umanità, che fece chiamare Santa Lucia e le affidò Dante. La santa andò da Beatrice, donna tanto amata e venerata in vita dal poeta, con i suoi lucenti e splendidi occhi come stelle, con la sua voce angelica e ferma, e perciò appare chiaro che egli, protetto da queste siffatte e cotali donne, debba  superare i suoi timori, deve ricercare e ritrovare il coraggio e la serenità, deve insomma scuotersi dal torpore e confermarsi nel proposito di affrontare quel periglioso viaggio, che tanti insegnamenti e ammonimenti lascerà nell’umanità di ogni tempo e di ogni luogo. Il canto dunque vive e si fonda su sulla solita eccelsa poesia, sospeso tra il cielo e la terra, tra le ombre e il fulgore, tra l’incertezza e la verità. La notte buia della morte del Cristo, che già prefigurava tristi presagi, è stata benigna testimone del più amorevole disegno di Dio. A lei è toccato di avvolgere gli insani gesti con il suo manto pietoso, lei è stata scelta per confondere ed offuscare le menti. Ha nascosto una trama immobile e sospetti prestabiliti. Gli astri e le stelle, atterriti, si sono occultati. Nessuna colpa, la sua, ché merito, anzi, ne ebbe di dare al mondo a sua intrinseca natura. Il suo greve sguardo e il suo volto scuro si sono sciolti in un sorriso e in un abbaglio, e il sole è tornato a risplendere, ed essa è diventata luce di speranza. Gli eccelsi esempi di conversione che vanno da S. Paolo a San Francesco d’Assisi, da S. Agostino al Manzoni, ed altri, meno roboanti che accadono quotidianamente, ci narrano che tutti noi, prima o poi, sentiamo una Voce, alla quale in molti diamo ascolto. La risurrezione non è solo o tanto la vittoria di Cristo sulla morte e quindi un suo trionfo, ma è soprattutto la causa della nostra gioia e della nostra salvezza, della certezza che se Lui è riuscito a far questo, anche noi, che siamo suoi fratelli, possiamo essere eredi della stessa sorte nell’eternità. Egli, dunque, regna con la forza dell’amore, perché è stato servo umile e obbediente, che ha ascoltato il Padre e, con mansuetudine, ha donato sé stesso. La storia resta, oggi, una drammatica lotta tra il bene e il male, e Cristo vive in essa, per orientarla, se solo noi riusciamo a dare ascolto alla Sua voce e ai Suoi insegnamenti, attraverso le tante attuazioni della verità, della libertà, della bellezza, della pace, della natura, per attuare la vocazione dell’uomo, quella dell’amore e della fratellanza, con un’attenzione agli ultimi.