Cassano All’Ionio-18/11/2024: XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno B)
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno B)
17 Novembre 2024
Lodi Mattutine
Prima Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia
LETTURA BREVE Ap 7, 10. 12
La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello. Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen.
Sorelle e fratelli carissimi,
sembra ogni giorno di vivere in un’apocalisse. Nel sentire comune, almeno, ‘apocalittico’ è un mondo a pezzi, in cui dilagano i conflitti e il panico invade i cuori. Noi confessiamo, però, e celebriamo nel mattino di ogni domenica il passaggio dell’umanità dal buio alla luce. L’apocalisse cristiana, un nuovo giorno già iniziato e intramontabile, è un’esperienza di salvezza.
Avrete ascoltato Ghali, quel giovane rapper (pron.: rèpper) italiano, entrare nel cuore dei suoi fan con un messaggio martellante: «Niente panico». Pare lui stesso abbia dichiarato: «Ho scritto la canzone più importante della mia vita». Se evangelizzare, come ci insegna Evangelii gaudium, è abitare una cultura e raggiungere quelle profondità in cui prendono forma le sue narrazioni, eccoci presi per mano e condotti negli inferi in cui Gesù stesso è sceso. Il nostro popolo ha paura. Adolescenti e giovani conoscono il panico, una fragilità indominabile. Molti adulti sono disarmati davanti alle proprie responsabilità, ma armati fino ai denti gli uni contro gli altri. Anche questo è panico. Esso penetra le istituzioni e fa cadere i più sacri riferimenti, come le stelle, la luna e il sole impazziscono nelle narrazioni apocalittiche.
Ebbene, fratelli e sorelle: è il giorno del Signore. Per celebrarlo le prime generazioni cristiane attraversavano insieme la notte. Forse l’ora scarsa delle messe domenicali è diventata troppo poco per noi. La domenica vuole farci svegliare l’aurora. «Niente panico». Gesù lo aveva raccomandato: «Guardate di non allarmarvi!», «Vegliate!». Ebbene, più profondo è il buio, più chiara è la luce: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello». Questo ci è stato rivelato. In un mondo di lupi ha vinto l’Agnello. Ci siamo radunati in Assemblea, perché abbiamo la responsabilità di narrare Gesù e, prima ancora, di guardare Gesù. In lui è sconfessata l’arroganza che riempie le parole e le decisioni che distruggono la fraternità umana e il pianeta. Siamo qui a esercitare il discernimento, come Chiesa aperta al futuro, come Chiesa dell’Agnello che ci dischiude e ci insegna a leggere il libro della storia. Apocalisse significa rivelazione: il male si rivela per quello che è, ed è un vuoto senza fondo; il bene si rivela per quello che è, ed è un amore senza condizioni. Noi guardiamo l’Agnello. Noi diventiamo agnelli. In mezzo ai lupi, è vero. Ma niente panico! La nostra vita sarà custodita eternamente e diventerà un annuncio.
«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza»: così continua il testo dell’Apocalisse. Sono parole della Chiesa, quasi una cascata di espressioni liturgiche. È la gioia che dilaga, quella gioia che manca a troppe nostre assemblee. Il Documento finale dell’Assemblea Sinodale insiste sul legame indissolubile tra assemblea eucaristica e assemblee ecclesiali, tra il radunarci a celebrare e il radunarci a decidere chi essere, a decidere in che direzione spendere le nostre risorse e incanalare le nostre energie. Di quanta gioia abbiamo bisogno! Essa manca, ci insegna papa Francesco, quando restiamo una Chiesa autoreferenziale. Uccidono la gioia le prudenze ipocrite, quelle tese a non perdere favori e vantaggi, a non avere noie coi potenti. Uccidono la gioia gli eterni rinvii, il far finta di non avere sentito, il rinviare di commissione in commissione, la bugia insistente che “i problemi sono altri”: sono sempre altri, mai quelli che il popolo ha inteso, mai quelli che hai visto tu, mai quelli che ci caricano di voglia di rimboccarci le maniche e lavorare insieme.
«La gioia del Signore sia la vostra forza». Così veniamo salutati dopo avere celebrato l’Eucaristia. Ogni domenica «La messa è finita» e tutto comincia. Il Risorto fa di noi un’assemblea che la gioia trasforma, gente che trasforma ogni ambiente umano. La morte non è vinta in astratto, ma i noi. Abbiamo da distruggere le retoriche che annegano questo messaggio nella banalità. Laiche, laici: in forza del vostro battesimo scuotete la nostra Chiesa perché il clericalismo sia vinto. Esso imprigiona anche noi vescovi e tanti bravi preti in un sistema di sicurezze e di distanze, di temporeggiamenti e di rinvii a fronte dei quali abbiamo gente che muore, italiani che non sanno cosa sperare, migranti criminalizzati e deportati, diritti calpestati e doveri dimenticati, carismi soffocati e profeti isolati.
Cantiamo il Dio di Gesù, che ha visitato e redento il suo popolo. Alziamo il capo, non come gli arroganti, ma come chi guarda lontano, perché vede l’alba e non ha più paura. Sì, l’Apocalisse descrive la nostra sequela di Gesù come un travaglio. Ognuno di noi più ama la Chiesa e più ne fa esperienza. Ma la gioia del Regno che nasce come un bambino è più grande del dolore che ci è chiesto per lasciarlo venire alla luce.
Amen! Dice l’apocalisse. È così. Stiamo saldi.
✠ Francesco Savino