Trebisacce-01/12/2024: Dante e il canto XXX del Paradiso: il fulgore dell’Empireo di Pino Cozzo

 

Dante e il canto XXX del Paradiso: il fulgore dell’Empireo

di Pino Cozzo

 

Il Poeta sta per concludere il suo fantasmagorico viaggio, si avvicina all’agognata meta, il suo traguardo è ormai vicino. La sua personale capacità di scrutare ciò che lo circonda è in relazione alla trasformazione di ciò che lui contempla: adesso, un fiume con una esplosione di profumi e colori sulle sue rive, da cui scaturiscono “vive faville” che si posano sui calici dei fiori, che poi si immergono nelle acque, da cui escono altre scintille: metafore dei beati e degli angeli del Paradiso. Si avvicina il culmine della visione di Dante, che, intanto, deve congedarsi dalla visione della sua guida e amata Beatrice, che ritorna al suo naturale e meraviglioso posto, per sancire un corso degli eventi ormai compiuto, laddove ogni emozione e ogni sentimento si adagia, nell’immensità della Grazia di Dio, nella totale comunione con i fratelli e le sorelle, nell’armoniosa integrazione col mondo, verso cui tutti siamo incamminati. Nel gaudio eterno si acquieterà il desiderio illimitato dei cuori, laddove ci sarà il riposo eterno, la festa, l’alba del giorno del Signore senza tramonto. Gioia, ineffabile e sicura allegria, integrità di amore e di pace, brama di eterna ricchezza comporteranno l’immediata esperienza di Dio nella salvezza definitiva. Lo sguardo dell’artista Dante è rivolto verso il cielo profondo e definitivo, non turbato dal dolore o dalla sofferenza, meta ultima del mondo presente, completa e dolce immersione nel fulgore divino. Il mondo futuro non è solo una dissolvenza dell’attualità, presenta sempre delle tracce del presente, che, nel filtro dorato del Paradiso, appariranno più vivide e nette. Quell’aura, cui tutti aspiriamo, nasconde un gioco di regole a noi sconosciute, una cornice del tutto nuova, una trama originale e magnifica tutta da dipanare.  La consapevolezza che tutto ciò che noi facciamo non è la nostra, ma opera del Signore Onnipotente, un’opera che largamente supera le nostre capacità umane, ma che misteriosamente dipende dalla nostra fedeltà e dalla nostra generosità, potrebbe far sorgere un desiderio, un’attenzione a ciò che sempre segue alla Sua guida e alla Sua ispirazione, al “non spogliarsi dell’opera di Dio”, un’opera che è così preziosa perché è Sua, e così precaria perché è nostra. Il nostro essere pienamente dipendenti dal Signore dovrebbe renderci consapevoli che noi e la nostra opera siamo solo parte di un più ampio progetto al quale dobbiamo adattarci e al quale dobbiamo lavorare. Dunque, non siamo noi a prendere le nostre decisioni, poiché non possiamo operare senza di Lui. Dobbiamo vivere in costante apertura alle indicazioni del Signore, in preghiera e con le opere; lavorando sotto la Sua guida diretta, anche se apparentemente impercettibile. Ma il grande modello di dipendenza sacerdotale cosciente e attiva nel ministero sarà sempre in Gesù stesso. La libera sottomissione al Padre di Gesù (una sottomissione che, lungi dall’essere umiliante, porta alla glorificazione e alla rinascita dell’uomo nello Spirito Santo) è ampiamente documentata nei vangeli. “Niente è cristianamente proficuo, se non ciò che ha origine nell’obbedienza cristologica”. E così, per noi, come per Gesù, ci sarà sempre un’intima connessione con la nostra vita di dipendenza dal  “Padre  di  misericordia”, e con la nostra possibilità di abbeverarci a quella misericordia, la Sua misericordia.