“Il nome proprio”.
Nei versi una continua e toccante invocazione alla luna
“Prodigio è il tuo giusto nome, Luna,/per questo non so/come, ma devo vederti/ogni notte, e ogni notte tra mille/i riflessi che mi accarezzano/sono le scintille di te”. E’ la luna la musa ispiratrice di Elena Gaiardoni, autrice dell’opera “Il nome proprio”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. Così come la luna ha ispirato diversi poeti nel corso del tempo, perché con la sua luce riesce ad illuminare la notte e, nello stesso tempo, a regalare atmosfere emozionanti. «Ho sempre amato studiare i nomi – spiega la poetessa di Verona – perché fin da bambina capivo che erano come una sorta di corona per una persona. Davano un potere, avevano una possibilità di farti felice e, per tutta la storia della nostra civiltà, la scelta del nome è sempre stato un dubbio, un enigma, una ricerca».
«Elena Gaiardoni – scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, autore, regista e poeta, figlio del Premio Nobel, Salvatore Quasimodo – parla dell’amore come capacità di condividere e di sostenersi reciprocamente. Occorre camminare accanto all’altro per affrontare l’onda incerta, invitando a godere la vita con il partner nella gioia e nella sofferenza[…]».
Le liriche, come una carta d’identità, sono intitolate con un “nome proprio”, in cui si intrecciano suoni, colori e memorie che, verso dopo verso, e con un linguaggio empatico e diretto, riportano il senso di una vita illuminata dalla luna, a volte in maniera soffusa, altre in maniera più fulgida, ma pur sempre luminosa anche nella notte. Ad ispirare la silloge è, inoltre, la natura che, nel suo rapporto con l’uomo, spesso ha bisogno di intermediari. Ed ecco, allora, il ruolo catartico degli animali, in particolar modo dei felini, creature – secondo l’autrice – piene di grazia e sensibilità. Il gatto, proprio come la luna, veglia nella notte. Le stesse tenebre che, a volte, invadono l’inconscio e l’animo umano, angosciato quando affronta situazioni di difficoltà e dolore. «Non amo lasciare messaggi ai lettori – conclude l’autrice, che scrivendo e pubblicando poesie ha realizzato il sogno di una vita -. Mi piace lasciare una musica (per questo Elena scrive, sempre, con Mozart nelle orecchie) e attraverso questa musica vorrei che il lettore scoprisse un’altra realtà. Le parole non danno messaggi ma la poesia deve inciderle per scoprirne il senso più profondo».
Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)