Trebisacce-22/12/2016:FACCIAMO IL PUNTO SU: TRA ‘800 E ‘900. LA DEFLAGRAZIONE DELLA MODERNITA’. CONTESTO STORICO-ECONOMICO E SOCIO-CULTURALE. (di Salvatore La Moglie)

 

Salvatore La Moglie
Salvatore La Moglie

FACCIAMO IL PUNTO SU:

TRA ‘800 E ‘900. LA DEFLAGRAZIONE DELLA MODERNITA’. CONTESTO STORICO-ECONOMICO E SOCIO-CULTURALE.

Di  Salvatore La  Moglie

 

Nessun autore della prima metà del Novecento potrà mai essere compreso fino in fondo se non si ha presente la complessità di ciò che è avvenuto in Europa negli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento, quando si ha, cioè, il massimo dell’esplosione della Modernità nelle società borghesi industriali e capital-imperialiste della civiltà Occidentale. Fare una disamina approfondita sarebbe impossibile nell’economia di questo lavoro. Più schematicamente e superficialmente si può dire che agli inizi degli anni ’80 del XIX secolo la cultura positivista con i suoi valori, ideali e certezze è ormai  entrata in crisi e viene messa in discussione in quasi tutti i campi del sapere e dell’attività intellettuale.

Ma cosa è successo e quali sono gli avvenimenti più importanti e decisivi tra seconda metà dell’Ottocento e prima metà del Novecento? In maniera seppur schematica e per punti, questo è il quadro della situazione, questo il contesto storico, politico, economico e sociale:

 

  • La civiltà e la società capitalistica e industriale (società moderna; poi post-industriale o post-capitalista o post-moderna o post-fordista, soprattutto a partire dalla seconda metà del ‘900) si sviluppa sempre di più.
  • La borghesia è la classe al potere che guida la Seconda Rivoluzione industriale e che trasforma il colonialismo in un imperialismo sempre più aggressivo.
  • Corsa agli armamenti.
  • Gara imperialista soprattutto tra Inghilterra, Francia e Germania (che, parallelamente all’Italia, ha compiuto la propria unificazione).
  • Nazionalismo (le nazioni più forti vogliono prevalere sulle altre).
  • Razzismo e antisemitismo.
  • Progresso tecnico e scientifico.
  • Questione d’oriente, cioè quel focolaio di tensione internazionale per i territori posseduti dall’impero Ottomano (la Turchia) e da quello Austro-ungarico. Nel 1911-12, la guerra di conquista imperialista tra l’Italia di Giolitti e l’impero Ottomano, per ottenere la Libia, ne è un notevole esempio.
  • Grande sviluppo industriale dell’Italia (età giolittiana): sviluppo della democrazia e del liberalismo, del movimento operaio e delle sue istituzioni (partito socialista e sindacati); delle leghe rosse (socialiste) e di quelle bianche (cattoliche).
  • 1914-18: scoppia la Prima guerra mondiale a causa dell’aggressività della Germania di Guglielmo II; crollano quattro imperi: quello Ottomano, degli Zar in Russia, Germanico e Austroungarico; nascono nuovi regni e nuovi stati.
  • 1917: Rivoluzione sovietica in Russia. Nasce il primo stato socialista del mondo, che dal ’22 si chiamerà URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), con regime totalitario (stalinismo). Stalin resterà al potere fino al 1953. L’URSS sarà una superpotenza fino al ’91.
  • 1922: Marcia su Roma e avvento del Fascismo (altro regime totalitario) con Mussolini (duce) fino al ’43 e poi fino al ’45 durante l’esperienza di Salò.
  • 1929: crollo della borsa di Wall Street (per motivi di sovrapproduzione e gioco al rialzo in Borsa). In America e in Europa i disoccupati sono decine di milioni. Roosevelt e gli altri paesi varano un vasto piano di lavori pubblici, noto in America come New Deal.
  • 1933: in Germania si afferma, con Hitler, il Nazismo, che durerà fino al ’45.
  • 1939: scoppia la Seconda guerra mondiale dovuta all’aggressività di Hitler e Mussolini. Nell’agosto del ’45 gli americani sperimentano la bomba atomica su Nagasaki e Hiroshima. La guerra è finita ma, poi, per anni si avrà la Guerra fredda tra i due Blocchi, quello occidentale e quello sovietico, che terminerà definitivamente nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino.

Questo, invece, il contesto culturale:

  • Dopo Copernico, Darwin dà al mondo il secondo grande scossone che sconfessa clamorosamente il racconto biblico: l’uomo deriva dalla scimmia; vi è stata, nei millenni, una selezione naturale, con adattamento e disadattamento, per cui il più forte prevale e il debole soccombe in una dura e secolare lotta per la sopravvivenza. Così avviene anche nella società ma anche nella psicologia umana, per cui si è parlato di darwinismo sociale e psicologico, (valga per tutti il caso di Svevo e  La coscienza di Zeno). Come Copernico, Darwin avrà un’influenza immensa nei diversi campi del sapere e della società.
  • Tutto viene messo in discussione. La cultura riflette su se stessa. Si ha la crisi dei fondamenti della matematica e lo sviluppo delle geometrie non euclidee.
  • Teoria dei quanti di luce (il quantismo di Max Planck, 1901-12).
  • Crisi della filosofia del Positivismo (la borghesia che era al potere, badava al dato concreto, ai fatti, esaltava la scienza, la tecnica e il progresso come infinito, come pure i valori di libertà, uguaglianza, giustizia, diritto dei popoli all’autodeterminazione, ecc., anche se solo a parole). In letteratura, al Positivismo corrisponde il Naturalismo francese di Zola che, in Italia, si chiama Verismo (Verga, Capuana e altri).
  • Reazione simbolista e decadente in Francia contro il Positivismo; crollo delle certezze e dei valori per cui l’uomo si sente smarrito, sconfitto di fronte ad un mondo industrializzato e ad una scienza e a una tecnica che hanno creato il disincanto del mondo (Max Weber), cioè hanno ucciso il sogno, la fede e il sentimento). E’ la rivolta contro la Modernità che sta rendendo l’uomo un corpo senz’anima.
  • E’ un mondo in cui tutto appare relativo e instabile e la realtà molteplicemente interpretabile.
  • 1899 (e poi nel 1900) Freud pubblica L’interpretazione dei sogni; nasce la psicanalisi. Freud scopre l’inconscio (la nostra oscura dimensione psicologica, la più importante, che non affiora alla coscienza, se non con il sogno o l’analisi psicologica approfondita). Freud, insieme a Marx e Nietzsche, è considerato un maestro del dubbio.
  • “Principio di indeterminazione” di Werner Heisemberg (1927): è la conferma che nella scienza non ci sono certezze e conoscenze 
  • 1905 Einstein elabora la teoria della relatività che, nel 1916, diventa teoria della relatività generale (teorizza un mondo quadridimensionale: oltre a lunghezza, altezza e larghezza, di cui si è già a conoscenza, vi è lo spaziotempo relativo).

Tra ‘800 e ‘900 sorgono e si sviluppano diverse e importanti avanguardie artistiche:

 

  • ESPRESSIONISMO (che è, praticamente, il corrispettivo del Decadentismo in arte).
  • DADAISMO (Tzara, pensando al bambino che balbetta un “da-da-da”, finisce per dar vita a questo movimento).
  • CUBISMO (maggior esponente Picasso).
  • FUTURISMO (avanguardia che interessò più di un campo. Fondatore: Marinetti ).
  • ASTRATTISMO (Kandinski è il maggior esponente).
  • SURREALISMO (si rifà a Freud e alla scoperta dell’inconscio; prevale la surrealtà, si valorizza l’inconscio e il sogno. Breton è il massimo esponente).
  • PITTURA METAFISICA (maggiori esponenti: i fratelli De Chirico-Savinio).

Dunque, il complesso e anche apocalittico quadro storico-politico ed economico-sociale più sopra esposto non può non pesare sulle coscienze degli artisti, dei poeti, degli scrittori e dei filosofi. Nella Seconda metà dell’800, e soprattutto a partire dagli anni ’70-80, si avvedono che la scienza, la tecnica, la filosofia, la ragione e, insomma,  la razionalità borghesi, tanto esaltate dal Positivismo, non sono capaci di rispondere a tutti i “perché” e spiegare tutti i misteri della vita e della realtà che ci circonda, mentre sono state solo capaci di distruggere il sogno e la fede. Sogno e fede che, oltre che bisogni dello spirito umano, sono pur sempre delle alternative di fronte alle incertezze e alle paure generate  dal disincanto del mondo (Max Weber) e dal disagio della civiltà (Sigmund Freud).

     Vi è, dunque, in quegli anni così traumatici e critici, la profonda coscienza di un mondo e di una civiltà borghesi che cessano di essere tradizionali e iniziano ad essere inesorabilmente complessi e complicati da vivere. Vi è, profonda e dolorosa, la presa di coscienza sulla crisi della ragione che diventa, così, crisi della cultura. Perché, in verità, quella che viene chiamata cultura della crisi  è, alla fin fine, un riflesso  della  crisi della cultura. La cultura riflette su se stessa, sui propri fondamenti, sulle proprie ragioni d’essere. E, così, la geometria s’avvede di non essere più e soltanto euclidea; la fisica e la meccanica mettono in discussione gli “eterni assoluti”; Freud scopre l’inconscio e ci dice che siamo sfaccettati e non tutti d’un pezzo; Einstein ci svela i segreti della teoria della relatività e Heisenberg quelli del principio di indeterminazione; in filosofia – da diversi versanti – Nietzsche, Croce, Husserl, Bergson e  Heidegger, insieme a tanti altri, contestano e combattono attivamente il “credo” scientista e razionalista del Positivismo; l’Espressionismo in arte e il Decadentismo in letteratura reagiscono duramente ai canoni del Naturalismo alla Zola in nome dello spirito, del sogno, della fantasia (anche di quella più inquietante), dell’inconscio e, in una parola, dell’Io e della soggettività.

     L’Espressionismo e il Decadentismo si avvedono ben presto che la civiltà industriale, capitalistica, moderna ha fatto dell’uomo un corpo senz’anima, un guscio vuoto dominato dalla razionalità di un mondo ormai inquinato e corrotto, senza più grandi ideali per cui vivere e morire e, fatalmente, avviato verso la catastrofe, verso l’apocalisse. Non è un caso che Svevo scriverà, a conclusione della Coscienza di Zeno, che «la vita attuale è inquinata alle radici » e che l’unica salvezza potrebbe consistere in una megadeflagrazione dell’universo che lo riconduca ai primordi per un nuovo probabile (?…) inizio, con una nuova umanità un po’ meno malata e un po’ più sana. Ma Svevo sa che questa è una “provocazione” letteraria dettata dalla disperazione e dalla assurdità della vita. Come sa, pure, che Freud  è un grand’uomo ma la sua psicanalisi non guarisce e non salva. La salvezza, semmai, può venire solo dalla penna: la scrittura è terapeutica e solo attraverso lo scrivere possiamo dire la nostra verità e rappresentare, anche se in modo parziale, il mondo e la realtà.

      E qui giungiamo al problema di fondo: la realtà. Problema che è, poi, l’alfa e l’omega della nostra esistenza. Lo scrittore decadente è ben consapevole del fatto che il mondo e la realtà, nella loro totalità, gli sfuggono e che egli non riuscirà mai a coglierli completamente, ma solo in parte e, soprattutto, dal suo particolare punto di vista. Lo scrittore decadente –  molto di più di quello barocco del ‘600 – ha capito definitivamente che l’uomo attuale non è più, biblicamente, al centro dell’universo, è ormai periferico e che il “paradiso”, che già Milton vedeva perduto, adesso è perduto per sempre. L’uomo ha, dunque, perso anche questa speranza e al suo posto è subentrato il sentimento di una profonda sconfitta e di una inguaribile malattia esistenziale.

      Allo scrittore e all’artista decadenti, la realtà appare  complessa, relativa, instabile, multiforme, sfaccettata, frantumata e, quindi, inafferrabile e molteplicemente interpretabile. Il problema, però, non è solo questo. Il problema sta soprattutto nel fatto che ad essere disgregato e sfaccettato (con tutto quel che segue), non è solo la realtà ma anche l’uomo, il suo Io e il personaggio che viene presentato al lettore come espressione di quello che l’uomo è diventato. E, così, figura comune a tutta la letteratura decadente, con propaggini e diramazioni fino ad autori come Calvino e Landolfi (per tanti aspetti così vicini), diventa quella dell’antieroe, dell’inetto alla vita, dell’uomo senza qualità annichilito dall’esplosione della Modernità.

     Si tratta di una figura e di un personaggio anticipati già, in gran parte, da Dostoevskij (l’idiota e l’uomo del sottosuolo) e da Gončarov (Oblomov). Ma, se volessimo andare ancora più indietro, c’è Shakespeare con il suo tragico Amleto, che riflette sull’essere e il non essere. E com’è questo personaggio? Quali sono le sue caratteristiche? Egli, come Amleto, non è capace di prendere di petto la realtà come farebbe un Napoleone (così adatto, invece, alla vita!..) e, quindi, non riuscendo a piegarla alla propria volontà finisce per subirla ed esserne dominato. Egli è inadeguato alla vita e incapace di decisioni immediate; eterno irresoluto e malato nella volontà; è incerto, apatico, indifferente e psicologicamente paralizzato; vive la vita da sconfitto e da frustrato; non riesce ad avere un rapporto armonioso con la realtà e con gli altri esseri umani, con i quali regna sovrana l’incomunicabilità e il fraintendimento; non vive, ma si vede vivere. Non resta che una  disperata solitudine e una visione pessimistica della vita che, il più delle volte, ha come sfondo il destino catastrofico di quell’«atomo opaco del male» (Pascoli) che è il pianeta su cui viviamo. Da Pirandello a Svevo, da Proust a Joyce, da Mann a Musil, da Kafka a Čechov, da Tozzi a Borgese, da Palazzeschi a Moravia, da Landolfi a Calvino (ma l’elenco potrebbe continuare) ci troviamo sempre di fronte a questa figura, a questo personaggio emblematico di un’epoca e di una civiltà tanto complesse da mutare i connotati “interiori”, psicologici dell’individuo.

     Se durante il Positivismo si era parlato di darwinismo sociale in merito alla dinamica socio-economica che condiziona e determina gli “adatti” e i “meno adatti”, per la civiltà post-positivistica  e decadente si può parlare di darwinismo psicologico. Zeno Cosini, come tanti suoi affini letterari, non è sconfitto, come ‘Ntoni Malavoglia, dal dato socio-economico ma è sconfitto e annichilito dal dato psicologico, dalla sua stessa coscienza. La sconfitta non è orizzontale ma verticale. Questo stato d’animo decadente di fronte alla realtà del mondo moderno, contro la quale Munch ha lanciato il suo disperato urlo, ha dominato quasi tutto il Novecento e, per più di un verso, esso ci accompagna ancora, anche perché gli avvenimenti storici, politici e sociali sembrano proseguire lungo quella linea tracciata fra fine ‘800 e primi decenni del ‘900 e, anzi, le nostre ansie, le nostre paure e le nostre incertezze (ormai globalizzate) sono, indubbiamente, accresciute e rese più insopportabili.