Rocca Imperiale-10/07/2017: Innovazione tecnologica e disoccupazione.
Innovazione tecnologica e disoccupazione.
Si sente spesso dire dai giovani e non che l’attuale disoccupazione sia dovuta allo sviluppo delle tecnologie. Certamente molti o tutti i mestieri di una volta, il calzolaio, il fabbro, il falegname, il sarto, sono quasi del tutto spariti, dei numerosi artigiani di qualche decennio fa sono rimasti in pochi; le industrie forniscono prodotti di buona qualità e a basso costo. Le lavatrici, ad esempio, sostituiscono le donne di Rocca Imperiale che una volta lavavano i panni alla riva del torrente Canna o del canale Salso e/o alla “cibbia”, L’artigianato però persiste là dove si offrono alla clientela prodotti innovativi, durevoli e su misura, vogliamo dire che il calzolaio, il fabbro, il sarto deve adeguarsi ai tempi, padroneggiare quanto la tecnologia gli offre per venire incontro alle esigenze di una clientela sempre più esigente. A Rocca Imperiale, ad esempio, come del resto altrove, sono rimasti in pochi gli artigiani innamorati del loro mestiere e sono dei veri artisti. Gli altri se vogliono lavorare devono cambiare “mestiere”, avvicinarsi ai nuovi mestieri: c’è bisogno di badanti per l’assistenza agli anziani sempre più numerosi, di infermieri, addetti alla ristorazione … , mestieri che i nostri giovani non sono propensi ad esercitare. Bisogna cioè cambiare mentalità, bisogna adattarsi essere disposti al cambiamento. Ronald Reagan ha fatto il bagnino prima di diventare attore e poi Presidente Usa, e Barack Obama il gelataio, Madonna faceva la cameriera di fast food e Harrison Ford il falegname …. . Così Il contadino che si ostina a lavorare con i metodi di una volta è destinato ad abbandonare la terra perché non gli permette di vivere . Dunque il problema della disoccupazione dovuta all’innovazione tecnologica c’è per chi si ostina a voler fare lo stesso mestiere, quello di sempre. Una volta il figlio dello scarparo nasceva e moriva scarparo e così il figlio del notaro moriva notaio e del medico moriva medico; per imparare il mestiere si andava dal ”mastro” o, per i lavori di campo, dal massaro per diventare “furisill”, prima, e poi “gualano” e, al sommo della “carriera”, massaro. Ora le cose sono dunque cambiate, la sola forza fisica non basta più. Il manovale ignorante, che non si aggiorna è destinato a vivere di “assistenza”. Anche l’agricoltore deve cambiare mentalità e non intestardirsi a coltivare prodotti poco redditizi, deve essere attento a ciò che richiede il mercato, deve puntare sull’ alta qualità del prodotto; il cittadino oggi diventa sempre più consapevole di che cosa vuole, di che cosa mangia, l‘agricoltura è cambiata, il metodo di coltivazione dei prodotti non è quello di una volta. Perciò anche il contadino non può più essere ignorante, deve essere istruito sui prodotti, sulle richieste dei mercati nazionali e internazionali e avere il coraggio di cambiare colture. A Rocca ciò è stato capito, il cambio di colture è frequente, da quella estensiva di una volta per la coltivazione di cereali il contadino rocchese è passato alla coltivazione dell’’uva e poi a quella di albicocche, di kivi, di fragole, … e ora al prodotto di eccellenza di Rocca Imperiale, alla coltivazione del limone del quale nel 2011 si è ottenuto dal Ministero dell’ Agricoltura e dalla Comunità Europea il riconoscimento I.G.P. (Indicazione Geografica Tipica) Monocomunale[1], ma deve ancora maturare lo spirito di aggregazione, deve associarsi, deve vincere l’innata diffidenza verso gli altri ed essere aperto, disposto ad associarsi, vigile, sì, ma non diffidente, aperto alla cooperazione, all’ associazionismo, a consorziarsi per imporre il prezzo e il prodotto che deve essere di alta qualità e non essere sopraffatto dai cosi detti “mediatori”. Comunque nel mondo agricolo non c’è disoccupazione: per la trasformazione dei prodotti, per la confezione degli stessi prodotti per l’esportazione, dagli ortaggi alla frutta, si ricorre alla manodopera straniera. Il problema è che oggi tutti frequentano la scuola anche, quella superiore, ci si diploma e ci si laurea e i giovani così aspirano a un lavoro diverso da quello dei genitori che hanno fatto sacrifici, si aspira al lavoro intellettuale, a un posto fisso, meglio se statale, perché il lavoro oggi si dice è fluido nel senso che oggi c’è domani non c’e, mentre quello statale offre sufficiente garanzia di stabilità. Il lavoro certo non sparirà, ma diventerà sempre più fluido. “ La scuola è chiamata a svolgere un ruolo importante: la promozione di competenze che vadano oltre il presente, il contingente, come le capacità logiche, che non sono mai oltrepassate anche nella fluidità del lavoro. Fluidità che vuol dire anche mobilità: i giovani dovranno essere pronti a muoversi, più di quanto facciano oggi, altrimenti degli studi effettuati e delle giuste aspirazioni dei genitori non resta che un pezzo di carta magari da incorniciare e appendere in salotto. Il vero problema è che non hanno una contribuzione sufficiente per garantirsi la pensione: cioè entrano tardi nel mondo del lavoro e non maturano i requisiti sufficienti per ottenere la pensione . Dovrebbero essere questi, i requisiti, il numero di anni di contribuzione ad essere modificati da parte del governo. Per quanto riguarda il prossimo futuro la stampa di questi giorni ci allarma: c’è chi ritiene che entro i prossimi 15 anni vi sarà l’invasione dei robot con notevole perdita di posti di lavoro, e perciò Bill Gates, il fondatore di microsolft, propone di tassare i robot , e chi, ad esempio i manifatturieri, i quali ritengono che i livelli di occupazione rimarranno invariati o che addirittura aumenteranno. I maggiori timori di perdere il posto di lavoro provengono dai giovani, i quali ritengono che i datori di lavoro sono più propensi ad assumere nuovo personale già competente anziché formare e ricollocare il personale in esubero derivante dai cambiamenti tecnologici. Intanto, a San Giovanni Rotondo c’è già il robot Mario. Si tratta di tre piccoli esemplari che assistono i malati di Alzheimer ricoverati nell’unità di geriatria dell’ospedale voluto da San Pio da Pietralcina. (v. Corriere del Mezzogiorno del 16 giugno 2017). Da quanto si è detto si evince, si ripete, che bisogna puntare sul cambiamento di mentalità, essere aperti e disponibili se necessario a lavori più umili, come anche adattarsi alle nuove tecnologie. [1] Può dirsi limone di Rocca Imperiale solo quella produzione che avviene nel territorio di tale Comune.
Vincenzo Manfredi