Trebisacce-25/02/2019: IL SENSO DI APPARTENENZA (di Francesco Cozzo)
IL SENSO DI APPARTENENZA (di Francesco Cozzo)
Nel mondo del calcio, la fascia da capitano è un simbolo ricco di fascino e tradizione, meritevole di essere assegnato a uomini veri.
La Roma l’ha affidata per diciannove anni a Francesco Totti, che è stato in grado di onorarla fino all’ultimo giorno, in cui si è congedato davanti a una platea emozionatissima e ha lasciato spazio a Daniele De Rossi, suo degno successore.
La Juventus è ben rappresentata dal grintoso Giorgio Chiellini, il quale ha raccolto la pesante eredità di Gianluigi Buffon, carismatico portiere di alto livello: la stessa staffetta è avvenuta anche nella nazionale italiana. In precedenza, i bianconeri avevano potuto contare per lungo tempo su Alessandro Del Piero, altro leader prezioso.
Di recente, però, alcuni club si sono trovati in situazioni imbarazzanti. Nella scorsa stagione, appena arrivato al Milan, Leonardo Bonucci è stato insignito di una fascia gloriosa, già indossata da Cesare e Paolo Maldini, nonché da Gianni Rivera e da Franco Baresi. Invece di trarre ispirazione da queste leggende e di provare a compiere un lungo percorso con la maglia rossonera, il difensore viterbese ha preferito imitare Schettino e abbandonare presto la nave.
Poche settimane fa, l’Inter ha degradato Mauro Icardi, attaccante dotato di uno strepitoso opportunismo nell’area di rigore avversaria, ma evidentemente non della necessaria capacità di mantenere unito uno spogliatoio, caratteristica mai mancata a Sandro Mazzola, Giacinto Facchetti, Beppe Bergomi e Javier Zanetti, autentiche bandiere della storia nerazzurra.
Un capitano non può limitarsi a scambiare il gagliardetto con il proprio omologo a inizio partita. Deve essere un modello per i giovani, compiere continui sacrifici, incarnare i valori della società sportiva alla quale è legato.
Il senso di appartenenza sta rischiando di svanire. La corsa a un ingaggio migliore e il desiderio di acquisire visibilità attraverso i social network prevalgono spesso su professionalità e attaccamento ai colori. Troppi calciatori cambiano maglia in modo frequente, dimostrando di essere schiavi di un mercato frenetico.
Gli adulti, abituati al cinismo del mondo contemporaneo, si sono rassegnati. I tanti bambini innamorati di questo fantastico sport, al contrario, continuano a sognare: rincorrono un pallone per strada o in un campetto di periferia, sperando di riuscire a emulare il proprio idolo, che forse, nel frattempo, si è ormai trasferito in un’altra squadra. Magari, quando cresceranno e giocheranno nei principali stadi del mondo, sapranno invertire la tendenza e restituirci un calcio romantico.
Francesco Cozzo