Trebisacce-28/02/2019: I docenti: una risorsa “professionale” (di Pino Cozzo)

Pino Cozzo

I docenti: una risorsa “professionale”

di Pino Cozzo

La risorsa centrale della scuola (non solo, ma anche in termini economici) sono gli insegnanti. Per essi, si prevede un organico funzionale di istituto/circolo, cioè una titolarità più estesa dell’attuale incardinamento in una cattedra o in un plesso, in modo da rendere più ampie e flessibili le possibilità di utilizzazione, in funzione dei progetti d’istituto. La legge  parla esplicitamente di “superamento dei vincoli in materia di modalità di organizzazione e impiego dei docenti”. Va ricordato che oggi gli organici sono assegnati alle singole scuole con criteri puramente numerici, sulla base delle classi autorizzate. Alcune prime ipotesi di organico funzionale sono state già definite, in passato, per la scuola elementare, con un’applicazione limitata ai piccoli plessi (sotto i 75 alunni), per i quali gli organici sono stati “risagomati”, e con l’introduzione di una quota di organico “perequativo” per apprezzare -nell’assegnazione delle risorse umane- situazioni di particolare bisogno o di carattere innovativo. Analoghi criteri sono previsti anche per le “piccole” scuole medie, ma risultano di più difficile applicazione. La bozza di legge finanziaria per il 1998 accentua il richiamo agli organici funzionali e sembra vagheggiare ipotesi di titolarità/competenza degli insegnanti più ampie e flessibili delle attuali cattedre. La Legge del 1997 introduce dunque una prima caratterizzazione professionale della prestazione del docente. Se restano fermi solo gli obblighi annuali di servizio, allora l’orario di lavoro supera l’ancoraggio “impiegatizio” alla settimana e diventa possibile una “programmazione plurisettimanale” del medesimo, in relazione alle esigenze, modalità, qualità del progetto educativo (ad es. periodi intensivi, semestri, stages, interventi di accoglienza, arricchimenti, ecc.). Altre misure nella stessa ottica sono rappresentate da un più massiccio utilizzo di forme di incentivazione o retribuzione differenziata, dalla diversificazione degli impegni orari (con la possibilità di stipulare contratti individuali), dall’affidamento di incarichi esterni di docenza ad hoc per specifici interventi formativi. In pochi casi (molto più frequentemente all’estero) è diffusa la pratica del “tirocinio formativo” presso le istituzioni scolastiche per coloro che aspirano ad entrare stabilmente nell’insegnamento. Nella recente esperienza degli istituti comprensivi (scuola materna, elementare e media aggregate nella medesima unità scolastica) viene favorita una più flessibile utilizzazione dei docenti, in un’ottica “verticale”, mediante la formula dei “prestiti professionali” (cioè l’intervento con alunni di ordine scolastico diverso, ad esempio per la lingua straniera, le educazione “espressive”, il sostegno, ecc.).

Il tempo rappresenta una voce essenziale dell’apprendimento. Oggi, i tempi sono rigidamente stabiliti nelle tabelle orarie settimanali delle discipline scolastiche. La legge ipotizza un monte-ore annuale del curriculum (e limita i vincoli “tabellari” alle sole discipline fondamentali (quali e quante ?). Occorre inoltre uscire dalla rigidità (e povertà) della scansione oraria giornaliera, settimanale e annuale, per ripensare invece ad una gestione efficace del tempo in relazione alla qualità della didattica. Piuttosto che una anonima scansione e ripetizione di blocchi orari (magari “frantumati” in singole unità orarie) assegnati alle diverse discipline è bene pensare, per certi apprendimenti, a situazioni di full immersion, a periodizzazioni intensive (ad esempio, per il recupero delle abilità di base), a tempi distesi (almeno di due ore) per esperienze meno frammentate, o addirittura, a giornate dedicate interamente ad un solo nucleo tematico o disciplinare. Nel progetto 2002 -sperimentazione di un modello “orientativo” ed equivalente” di biennio secondario superiore- sono già contenute ipotesi organizzative simili a quelle citate nella legge, in particolare sono previsti: il calcolo delle discipline per monte-ore biennale; una variabilità delle stesse del 15 % in +/- degli standard prefissati; il suggerimento di unità di tempo di almeno due ore consecutive; la valorizzazione in chiave didattica della compresenza di più docenti in una medesima fascia oraria e classe. La riforma della scuola elementare è stato forse l’esempio più rilevante di una organizzazione scolastica improntata alla flessibilità, ma le difficoltà incontrate (con l’accentuazione delle differenze territoriali e geografiche nella qualità e quantità del servizio erogato) devono servire di monito nell’attuale fase di avvio dell’autonomia scolastica. Occorre cioè trovare un giusto equilibrio tra “paletti” (criteri, standard) nazionali e progettualità locale.