Trebisacce-16/05/2019: Nostra sorella morte – omaggio a Comare Rosa Colotta (di Pino Cozzo)
Nostra sorella morte – omaggio a Comare Rosa Colotta
di Pino Cozzo
Sin dalla nascita dell’uomo, la morte viene considerata un qualcosa da trattare con rispetto e timore. La si ricerca come punto terminale di un’esistenza fatta di vuoto e aridità, e la si teme, come un qualcosa che possa porre fine ad una vita, che, anche se non vissuta con impegno e serietà, ha sempre radici terrene difficili da estirpare. Ma ha un senso la morte? O meglio, ha un senso la morte di un essere umano? Spesso, quasi sempre, ci si preoccupa più dell’esistenza e della sofferenza che precede la morte, che non il momento finale del trapasso, ma la caducità, la temporaneità ci appartiene sin dalla nascita: si nasce per morire e si muore per dare la vita. E’ un’ancestrale condizione che risale alla storica umanità peccatrice, quando il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte. Anche Gesù ha assunto la condizione umana, ha provato angoscia e dolore, ha emanato forti grida e lacrime, ma si è sempre abbandonato alla volontà del Padre. Ha fatto della sua morte un atto di donazione e di immolazione, pieno di significato. Accettando liberamente la morte, per attuare il progetto salvifico del Padre, Gesù Cristo ne ha fatto un atto supremo di amore per Lui e per i fratelli, ed ai credenti dà la possibilità di condividere con fiducia la sua totale ed incondizionata dedizione. Chi crede nel figlio di Dio, già da subito, possiede la vita eterna, e, nell’ultimo giorno, riceverà la salvezza completa con la risurrezione. Tutta la Chiesa e i suoi aderenti vive con questa gioiosa certezza, ed Essa, nel corso dei secoli, con l’invocazione dei santi e il suffragio per i defunti, ha mostrato di credere che i morti vivono ancora, e che la vita non è tolta, ma trasformata. Dopo la morte, sopravvive un “Io” personale, fatto di coscienza e volontà, se si vuole, si può chiamare “anima”, ed ogni soggetto percorre una via di compartecipazione alla vita del Signore risorto, e la sua risurrezione comincia già sulla terra, con l’esistenza di fede e di carità, poiché la vita senza le opere è nulla. Ognuno di noi, dopo la vita terrena, trova un’esistenza ancora più alta, donando la sua definitiva adesione a Dio, e senza il pericolo di perderlo. Il giudizio di Dio opera già adesso, nella vita terrena, per promuovere il bene e liberare dal male, ma si muove verso un momento supremo. La vita dei defunti è felice per i giusti e un po’ più triste per i malvagi. E’ vero, è un concetto difficile da assimilare, ma ognuno dovrà comparire davanti al tribunale supremo di Dio per rendere conto del proprio operato. Solo nella comunione con Cristo la vita è autentica, è Lui il metro per misurare ciò che vale e quello che non vale. La vita terrena, breve o lunga, è sempre preziosa e ci è concessa per maturare in noi la scelta di Dio, definitiva e irreversibile.
Se il corpo di ciascun individuo, se l’anima di ciascuna persona sono il tempio del Signore, questa donna è stata senz’altro la dimora dello Spirito Santo che si è insinuato ed è cresciuto in lei, con la forza della volontà e dell’impegno evangelico. E’ stata una donna che ha cercato quotidianamente l’incontro immediato con Dio, con qualunque tempo e ad ogni costo, per completare quella totale comunione con il Signore e i fratelli, in un’armoniosa integrazione, verso l’eccelsa meta verso cui gli uomini sono incamminati. Ora, la nostra famiglia è un po’ più povera, più orfana, ha perduto un punto di riferimento elevato, che tendeva verso l’Altissimo con ogni gesto, con ogni parola, con ogni atteggiamento. Nel Suo nome, ha formato i suoi figli e i suoi nipoti, li ha resi uomini e donne capaci di vivere nella società e di dare un fattivo contributo di idee e di azione, li ha educati innanzitutto alla fede e al credo, ha insinuato in loro il germe della cultura evangelica e dell’esempio materno. E’ stata una moglie fedele e rispettosa, una mamma attenta e amorevole, una persona responsabile. Comare Rosa è stata la donna del sorriso, che si apriva ogni qual volta ci si incontrava, e aveva una parola di conforto e consolazione per tutti, dall’alto della sua esperienza. Tutti noi eravamo felici di rivederla e di salutarla, perché la sua figura era un esempio di umanità e di bontà. Ringraziamo il Signore per averci concesso il privilegio di avercela fatta conoscere e di averla fatta vivere in mezzo a noi per il tempo che Lui ha voluto stabilire. Ora la affidiamo alla Sua immensa misericordia e bontà, con la certezza che le riserverà un posto tra gli eletti, al Suo cospetto, e che godrà del Suo volto celeste per i secoli in eterno.