Villapiana-15/04/2020: Lettera al Papa di una già professoressa .
Lettera al Papa di una già professoressa .
Santo Padre , costretti dal coronavirus , quest’anno ho dovuto seguire la via crucis in televisione, poichè in genere seguo la via crucis in processione nella città dove trascorro la Pasqua. Un’altra volta l’avevo seguita in televisione, subito dopo la sua proclamazione sette anni fa, quale successore al trono di Pietro.
Ma devo confessarle che nel seguire le stazioni della via crucis , quest’anno ho pianto, si ho pianto, poichè le meditazioni dei detenuti, nella casa circondariale di Padova, hanno toccato profondamente il mio animo, e come me ,credo, tantissima altra gente ha avuto la stessa sensazione.
Mentre di solito attendiamo la Pasqua, quali credenti certamente, ma come la festa conviviale per consumare cene e pranzi in famiglia, coi figli che rientrano da fuori per il ritrovo festivo, mi accorgo, invece, posto il periodo di solitudine a cui siamo costretti, che Lei, Santità, ci ha fatto vivere il tempo quaresimale come profonda riflessione dell’esistenza dell’uomo.
Si quell’uomo ,animale pensante, che però nel tempo della globalizzazione è volto alla ricerca di un suo benessere terreno, dimenticando l’alto senso dell’etica, della morale , della fede , dell’essere uomo che ama incondizionatamente. Quell’ amore che muove il mondo, lo stesso amore che ha indotto Gesù di Nazareth a dare la sua vita per redimerci dai peccati.
E noi, di contro, siamo diventati un’umanità senza umanesimo, una società egocentrica ed egoista che pensa solo a se stessa, a come accumulare averi , pur sapendo che nulla è per sempre.
Trascurando ,invece, il benessere di tanti fratelli che soffrono la fame, l’indigenza, la solitudine, la libertà. Tutte cose che hanno indotto molti esseri umani a divenire peccatori, come i detenuti di Padova che con tanta semplicità ci hanno aperto il loro cuore ,nella notte del venerdi’ santo.
Ascoltare le loro storie , toccanti e commoventi, mi ha fatto pensare alle parole di J.J. Rousseau , che nell’Emilio enuncia ” nessuno nasce nel grembo materno delinquente, ma è la società che lo porta a delinquere”.
Sono stata sempre convinta di questa enunciazione comportamentista, pur credendo in una componente genetica dell’essere umano. Ciò per dire che spesso, molto spesso spinti dal nostro egoismo terreno non riusciamo a vedere la vera disperazione che alberga nel cuore dei nostri fratelli meno fortunati , che per tirare vanti la loro quotidianeita’ commettono crimini, frutto talvolta della disperazione che provano, perdendo di colpo tutto il senso della vita ed il bene prezioso della libertà . Nelle loro enunciazioni non ci sono scorciatoie, nelle meditazioni espresse nelle quattordici stazioni della Via Crucis , lette sul sagrato vuoto della Basilica di San Pietro in questo Venerdì Santo in cui il mondo intero soffre la passione della pandemia, ho percepito solo un grido straziante: la solitudine; una domanda di significato senza sconti, tutto il dolore del mondo per il male commesso, per la violenza subìta, per la fatica di accompagnare chi fino alla fine dei suoi giorni resterà in una cella per pagare i propri errori.
In quelle parole c’è il mistero enorme che è l’uomo e con esso una società complice di queste malefatte, poichè , questa società non pensa a chi ha bisogno, non pensa al dolore degli altri , ma è chiusa in un egoismo solitario di chi vuole accumulare ricchezze fini a se stesse.
Perchè vede, Santo Padre, anche le strofe di Totò nella poesia, che proclama la morte “una livella” ,v’è una sacrosanta verità, dolente seppur cogente: tutti, proprpio tutti moriremo, in ricchezza o in povertà, ma moriremo lasciando i nostri averi terreni, ed allora mi chiedo, non sarebbe meglio, come figli di un Dio comune ,guardare agli ultimi , anzichè soppraffare gli altri per accumulare?
Le sue omelie ,che ascolto ogni mattina nella sua S.Messa a Santa Marta , mi fanno ben sperare che ascoltando le sue sante parole, i suoi moniti ai potenti, ai guerra fondai, possano modificare i loro comportamenti , e finalmente mettere in pratica gli insegnamenti di Cristo .
Vorrei tanto, Santo Padre, incontrarla per poter attingere alla sua pedagogia sociale, in modo da attivare una pedagogia rinnovata ,nell’educazione dei giovani che ci sono affidati, (sono una preside di un Istituto tecnico aeronautico di un piccolo paesino della Calabria: Villapiana, in provincia di Cosenza, vicino a Cassano allo Jonio che lei ha visitato tempo fa). Mettere in pratica comportamenti per le giovani generazioni , per insegnar loro che la vita non va sprecata , ma va impreziosita attraverso i saperi della storia che ci ha preceduti . Insegnargli a far tesoro delle conquiste dei nostri padri. Far capire loro che non serve attivare meccanismi destrutturanti dell’essere umano, ma serve applicare le conquiste della scienza e della tecnica per salvaguardare le nostre vite e la terra nosta madre.
Aver chiesto , alla cappellana della Casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova, di meditare sulla Passione, certamente aiutati da qualcuno , nel raccontare in maniera magistrale ,le loro storie dolorose, è stata un’idea illuminante , facendoci vivere i protagonisti come i personaggi di un romanzo di Dostoevskij.
Sapendo che , invece, sono reali: padri, madri, figli, assassini, vittime, traditori e innocenti feriti che hanno raccontato i loro dolori, perché in carcere hanno incontrato chi ha saputo “riconoscere la persona nascosta dietro la colpa commessa”, come dice il magistrato di sorveglianza alla dodicesima stazione. “Sono queste le creature sospese che mi vengono affidate: degli uomini inermi, esasperati nella loro fragilità, spesso privi del necessario per comprendere il male commesso”. Lo stesso cardinale Angelo Scola , ha ricordato , riflettendo su queste pagine qualche settimana fa , come in Delitto e castigo il protagonista Raskolnikov arriva a sentire il perdono su di sé ed è pronto a ricominciare dopo che il rimorso gli ha fatto ammettere la propria colpa e l’amore e la fede di Sonja gli hanno fatto capire la necessità del castigo, il deserto del carcere da attraversare lontano da lei, fino alla “resa” di fronte all’evidenza del bene di quella ragazza che lo “recupera”.
Molti di noi pensando alle storie vissute da tanti uomini e donne sofferenti e pentiti, potremo ripensare le nostre vite scommettendo sulla educazione sociale e puntando su un’istruzione che guarda al lavoro,all’ arte,alla cultura ed alla religione, come fondamento portante del nostro essere .
L’uomo ,che ancora molti non conosciamo, ma che invece, esercitando l’esperienza di un grande amore, il corpo a corpo di ognuno con il dolore e la colpa di un altro ,può essere visto con luce nuova. Anche se vi è una società che sta andando a pezzi, come dice il magistrato della dodicesima stazione “è necessario che l’uomo espii il male che ha commesso, allora tutto può cambiare . L’assassino di una notte ringrazia perché “ha trovato gente che gli ha ridato la fiducia perduta”; un altro detenuto sogna “di tornare un giorno a fidarsi dell’uomo” e di aiutare altri a portare la loro croce, come è successo a lui.
Ma “se qualcuno gli stringerà la mano, l’uomo che è stato capace del crimine più orrendo potrà essere il protagonista della risurrezione più inattesa”.
Ed allora dico se i nostri potenti della terra guardassero ai meno fortunati , si sciogliessero dai gioghi dell’avidità personale , si potrebbe costruire un mondo migliore.
Concluso Santità professandomi ,con profondo rispetto, la serva sua più umile ed obbediente .
Professoressa Vita Lentini
Villapiana -CS- 87076
3338375641