Calabria-04/05/2020: Lettera aperta ai Calabresi da parte di una famiglia calabrese a cui è impedito di fare ritorno in Calabria dove è domiciliata. “La Calabria apre i confini solo ai residenti”.
Lettera aperta ai Calabresi da parte di una famiglia calabrese a cui è impedito di fare ritorno in Calabria dove è domiciliata. “La Calabria apre i confini solo ai residenti”.
L’arte nobile della politica è quella che, nella sua attuazione, deve essere lungimirante, in modo tale che quando si verificano gli eventi, avendoli già previsti, essa non trovi difficoltà a farvi fronte. Certamente nell’agire in suo nome (nobile) necessita, da parte chi è chiamato ad attuarla, anche tanta dose di buon senso, di umanità, di massima comprensione, di competenza, di rigore morale e di uno sguardo a 360° sulla società. Ci si lamentava dello Stato centralistico, così nel 1970 vengono istituite le Regioni, in attinenza ai dettati della Carta Costituzionale. Il decentrare, entro i limiti di buon senso, senza che prevalgano gli egoismi di parte, è cosa buona e utile. Quando poi il decentramento territoriale si discosta dai caratteri universali di una Nazione-Stato, per cui ogni territorio porta avanti le sue richieste di illimitata autonomia, le cose non vanno bene, perché viene meno ciò che caratterizza il concetto di unitarietà dell’intero territorio nazionale. Come si sa, la Sanità, insieme a tante altre competenze, è governata dalle Regioni che, in autonomia, hanno fatto sì che molti servizi venissero razionalizzati e forniti con l’intento di una maggiore efficienza. Molte Regioni ci sono riuscite, altre invece, per diverse motivazioni, non hanno assicurato alla popolazione residente gli adeguati standard qualitativi. E’, di fatto, reale lo spostamento per cure importanti da una Regione all’altra di molti cittadini che, non trovando in loco la giusta risposta ai propri bisogni, deve “arrangiarsi”. E si “arrangia” preparando la valigia e riempiendo il suo portafogli per far fronte a spese di viaggio, visite mediche, pernottamento, ristorazione, ecc. ecc., depauperando la propria Regione di risorse economiche e favorendo quelle di arrivo in economia e possibilità di lavoro (personale sanitario e non solo!). Qualcuno non ha più la residenza in Calabria, ma i suoi interessi sociali, interpersonali, affettivi, sono lì, dove la sua famiglia è residente. E’ il caso che marito e moglie per ragioni prettamente soggettive che la legge consente loro, abbiano residenza anagrafica diverse, ma lo stesso domicilio. Ebbene “il Covid19” ha fatto sì che da una certa data (8 marzo 2020), per tenere sotto controllo la diffusione del virus, ognuno è stato costretto a restare dove si trovava, con le restrizioni di movimento che tutti conosciamo. La persona domiciliata in Calabria, ma non residente, che si trovava fuori Regione insieme alla propria moglie, residente in Calabria, non può farvi ritorno nemmeno a partire dal 4 maggio, poiché il Decreto Regionale del 30 Aprile 2020 n. 38 lo vieta, in contrasto con il DPCM del 26 aprile 2020, che lo consente all’Art. 1 Comma a) “….è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza…..”. I coniugi conviventi dovranno stare lontani, perché uno dei due non è residente? Non avrei mai immaginato che la Calabria, che ha bisogno del contributo di tutti, si chiuda, nonostante il domiciliato è consapevole di doversi attenere rigorosamente a tutte le norme sanitarie del momento (quarantena) con comunicazione agli Organi Competenti. Siamo stati tutti chiusi in casa, ma il disagio per chi si è trovato fuori casa e non è potuto rientrare nel proprio domicilio o residenza dall’8 marzo 2020, è “provar per credere”. E’ una ripicca politica? Lascio ai lettori immaginare… L’incomprensione tra chi si trova in alto danneggia non poco chi sta sotto; tutto ciò fino a quando quest’ultimo non acquisisce piena consapevolezza di essere soggetto pensante, unico nella sua specie. Se si impedisce di far ritorno, significa non riconoscere le ragioni dell’altro. In quale altra Regione si è adottato un simile dispositivo? Nessuna, di destra o di sinistra che fosse! Ecco perché ritengo che troppa autonomia faccia male. Eppure c’è chi, oltre alla sanità e ad altre deleghe già in mano alle Regioni, vorrebbe maggiore autonomia regionale in settori vitali come la scuola, l’istruzione professionale, i trasporti locali, riducendo quelli di collegamento nazionali (soppressione di molti treni in Regioni del Sud), i tributi da versare quasi tutti alla propria Regione e tanto altro ancora. E tutto ciò aumenterebbe la differenza, rafforzando chi è già forte. Agli studenti, al fine di far localizzare entro i confini territoriali gli attuali “Stati Regionali!”, si coloravano gli stessi con colori diversi, perché le Regioni restassero impresse nella memoria. Si vuole la differenza? Si faccia pure! Auguri all’intera Regione Calabria, dove ho vissuto gran parte della mia vita, dando ad essa quanto ogni persona è tenuto a dare attraverso comportamenti eticamente corretti. Stando così le cose, in un futuro non lontano, convincerò mia moglie a spostare la sua residenza dalla terra dove è nata, dove ha vissuto ed ha ricevuto tanto, ma a cui tanto ha dato per generare quell’humus di cui è costruito il vivere civile.
Bologna lì 03 Maggio 2020 Angelo Iampietro – Docente di Lettere in quiescenza