Trebisacce-25/03/2021:La Passione e la Morte del Cristo: noi viviamo il giorno della Salvezza di Pino Cozzo

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La Passione e la Morte del Cristo: noi viviamo il giorno della Salvezza

di Pino Cozzo

Nel volto torturato di Gesù, è necessario vedere un centro irradiante, l’origine dell’immensa quantità di grazie che affluiranno nel mondo. La sofferenza è il prezzo di innumerevoli gioie per gli uomini, e tutto il bene che esiste nelle anime è frutto della Passione di Cristo. Offrendo il suo volto alla sofferenza, Gesù ha impresso il segno di una fecondità divina. Il dolore è fonte di progresso e di felicità per chi l’accetta, procura agli uomini grazie di santità ed è destinato ad accrescere la loro gioia: il volto del Cristo è un viso puro e santo, il viso della perfezione umana, il viso divino d’amore, il viso del Salvatore che realizza la sua missione. Quel volto risponde a tutte le domande degli uomini sofferenti: a coloro che si credono puniti, mostra che si tratta di un invito alla riparazione, più che di castigo; a coloro che si considerano sminuiti o spezzati dalla prova, ricorda che, nella prova, c’è una via di perfezione e di nobiltà d’animo; a coloro che si credono vittime della durezza di Dio, attesta la simpatia divina, che vuole assumere come suo il dolore e l’amore, che si umilia fino al sacrificio totale; a coloro che si affliggono per gli ostacoli posti alla loro azione da disgrazie e fallimenti, testimonia la fecondità soprannaturale delle loro incapacità. Una luce s’irradierà sui dolori umani. Non che tutta la oscurità possa esser dissipata: la sofferenza resta un mistero, che oltrepassa la nostra intelligenza e sconcerta la nostra ragione. Ci sarà sempre quaggiù qualcosa di inesplicabile nelle nostre prove. Ma questo mistero occorre penetrarlo in comunione con il mistero della Passione. Unendo la propria vita a quella del Salvatore, o lasciandosi incorporare in essa, il cristiano cessa di scontrarsi con la sofferenza, come se fosse un problema irritante; la croce entra nella sua esistenza, quella croce condivisa con il Maestro. Il dolore diviene parte integrante della sua vita e del suo amore, accettato e assunto come una missione. La Pasqua illumina e salva l’uomo e l’intero creato. Nel cristiano, sussiste l’insoddisfazione dell’incompiutezza, ma, al tempo stesso, germoglia la certezza del compimento. Di qui, una visione nuova dell’esistenza e della storia, che non concede più alcuno spazio alla disperazione, né alla passiva e remissiva rassegnazione. I primi cristiani non si stancavano di meditare la risurrezione del Signore, nella quale scorgevano la radice della loro consolazione. L’iniziativa della passione e morte di Gesù parte da Dio Padre: si tratta del suo progetto eterno d’amore per noi uomini. E Gesù, a sua volta, per nostro amore, firma la sua personale e libera decisione dicendo: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso”. Com’è possibile rimanere insensibili di fronte a questo sorprendente impulso amoroso? Il grande ed inspiegabile dramma, o meglio, il fascino della Croce – che è nostra salvezza – ha conquistato Dio, nostro Padre, e Gesù stesso, “il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. Questo è il grande mistero della fede che coinvolge tutti i cristiani, sia nella vita che nella morte. Questo è il tema dei nostri pensieri e dei nostri desideri: Cristo, morendo, ha distrutto la morte e, risorgendo, ha dato a noi la vita. Le donne lo vedono, si buttano ai suoi piedi e lo stringono forte: è la prova più sicura che Cristo è risorto. “O notte, tu solo hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi”, canta l’“Exultet” di Pasqua. In quella notte profonda, chi ci potrà introdurre? Ecco che cosa è avvenuto, tanto da far stupire il cielo e la terra: il Padre “ha risuscitato” il Cristo, suo Figlio, e ha introdotto la sua umanità nel cuore stesso della SS. Trinità.