Acri-23/07/2021: “MATTEO BANDELLO E LO ZIO VINCENZO IN CALABRIA – IL MISTERO SVELATO”: IL NUOVO SAGGIO STORICO-LETTERARIO DI ANGELO MINERVA
“MATTEO BANDELLO E LO ZIO VINCENZO IN CALABRIA – IL MISTERO SVELATO”: IL NUOVO SAGGIO STORICO-LETTERARIO
DI ANGELO MINERVA
di Giulia Aloia
Con il volume “Matteo Bandello e lo zio Vincenzo in Calabria – Il mistero svelato”, pubblicato nella Collana Micromegas dall’Editore Marco Solfanelli di Chieti, Angelo Minerva, dopo “Bandello & Co – Nobiluomini, nobildonne, dotti, religiosi, militari e altri alla corte di Matteo Bandello”, torna ad occuparsi, con accuratezza e competenza, della figura e dell’opera dello scrittore lombardo.
Matteo Bandello, nato a Castelnuovo Scrivia nel 1485 e morto ad Agen in Francia nel 1561, di nobile famiglia, fu frate domenicano e poi cortigiano, straordinario testimone della variegata e tumultuosa realtà cinquecentesca, mirabilmente confluita e rappresentata nella sua famosa raccolta di 214 novelle.
Il padre, Giovanfrancesco, fuoriuscito e in seguito trasferitosi stabilmente a Roma a causa dei rovesci subiti dalla sua famiglia, sul finire del XV secolo, alla caduta di Ludovico il Moro, fu poco presente nella vita di Matteo, che invece poté contare, proprio nei cruciali anni dell’adolescenza, sullo zio Vincenzo, personalità autorevole e di grande prestigio, Generale dell’Ordine domenicano dal 1501 dopo essere stato nei sei anni precedenti priore del convento milanese di Santa Maria delle Grazie.
Proprio con lui, «che – come precisa l’autore del saggio – aveva già percorso mezza Europa per visitare i conventi del suo ordine», all’inizio dell’estate del 1506, il giovane religioso, in qualità di segretario, giunse nella Calabria Citra per la ricognizione dei già numerosi conventi domenicani presenti nel meridione d’Italia.
Di questo viaggio, fino a qualche anno fa, si sapeva davvero poco, infatti alla prima e imprecisa testimonianza di Leandro Alberti nel “De viris illustribus Ordinis Praedicatorum”, nel corso dei secoli, ne sono seguite altre, che però non hanno fatto che ripetere quelle scarne notizie; solo in tempi più recenti sono stati finalmente cercati, trovati e analizzati documenti che hanno permesso di fare luce su molti aspetti di quel misterioso viaggio.
Comunque, con molta probabilità, l’età avanzata e la fatica accumulata in diversi anni di spostamenti causarono la malattia che portò l’anziano monaco alla morte, il 27 agosto del 1506, nel convento domenicano di Altomonte in provincia di Cosenza, interrompendo così un percorso che prevedeva anche la visita dei conventi siciliani.
La missione, iniziata in primavera a Napoli, si concluse alla fine dell’estate in quella stessa città con la sepoltura del Maestro Generale nella Basilica di San Domenico Maggiore, secondo le sue ultime volontà.
Un’esperienza per molti aspetti drammatica per Matteo Bandello quella vissuta in terra di Calabria, contrassegnata dalla scomparsa di due persone amate, dal momento che, oltre allo zio, perse anche Violante Borromeo, celebrata nei suoi versi col nome di Viole, la donna di cui si era innamorato – quasi certamente in modo platonico – senza essere ricambiato un anno prima a Firenze, e la notizia gli giunse proprio una volta arrivato nella Valle del Crati, precisamente nella città di Bisignano.
Gli accenni, più o meno diretti, a questa esperienza giovanile lo scrittore li fa non tanto nelle lettere di dedica o nelle novelle della sua famosa raccolta, quanto nei versi del meno conosciuto “Canzoniere”, «dove ricorda il primo amore giovanile perduto e il terribile dolore che ne era derivato e che lo aveva fatto ammalare fin quasi a portarlo alla morte, se non fosse intervenuta a curarlo nientemeno che l’ex regina di Ungheria Beatrice d’Aragona, ritiratasi a Napoli nel 1501 dopo che Ladislao II, che aveva sposato segretamente per mantenere il trono, aveva chiesto e ottenuto da papa Alessandro VI l’annullamento del loro matrimonio».
La cura, a dir poco bizzarra, era consistita in una sorta di pozione magica con dentro disciolta la polvere di uno smeraldo messo a disposizione da Beatrice. Comunque sia, il giovane domenicano, una volta guarito, gliene sarà per sempre grato.
«Verità storica o invenzione fantastica? Realtà o lirica rêverie? Ossequio al cliché petrarchesco allora tanto di moda?» si chiede, tra l’altro, l’autore nella “Premessa” del suo volume. «Forse… forse una particolare miscela di realtà e fantasia. Ciò che resta di reale e provato è la visita alle comunità fratesche domenicane che Vincenzo Bandello aveva voluto estendere al Regno di Napoli e che però non sarà mai portata a termine».
Di questo, con grande dovizia di testimonianze e di particolari inediti, si occupa Angelo Minerva nel suo nuovo e appassionante saggio storico-letterario, col quale offre un nuovo ed essenziale tassello utile per ricostruire in modo più completo e preciso la vita e l’opera di uno degli scrittori più importanti dell’età rinascimentale.