Trebisacce-16/03/2022: CULTURA e FEDE: il vescovo Savino propone il suo “Vocabolario” per la Quaresima (di Giuseppe Rizzo)
CULTURA e FEDE: il vescovo Savino propone il suo “Vocabolario” per la Quaresima
Giuseppe Rizzo
E’ arrivata anche nelle mie mani la Lettera pastorale sulla Quaresima che il vescovo di Cassano Jonio, mons. Francesco Savino ha diffuso nelle parrocchie, da mercoledì delle Ceneri, 2 marzo 2022.
Sono 47 paginette che io ho letto in una sola tirata. Ma ci torno, per segnare, come è mio abitudine, alcuni appunti che forse potrebbero leggere non solo i credenti e quelli della “fede interiore”, ma anche gli indifferenti, i non credenti e quei “saggi” e “laici” che si atteggiano a “liberi pensatori”.
Il presule di Cassano, nella sua “Premessa” parla di “parole chiave”, di “parole che ci servono” e anche di “Vocabolario”.
Io mi chiedo, perchè dovrebbero servire solo per questi 40 giorni di Quaresima ? Monsignor Savino non tratta soltanto di teologia e del mistero della croce, ma anche di attualità culturale, morale e sociale dei tempi che stiamo vivendo. Parla dei “rischi” di oggi, che riguardano non solo la Chiesa ma anche la società: i giovani non leggono più un libro o un giornale ma sono immersi nei media; si sta perdendo il contatto umano con gli altri. Si continua a inseguire il consumismo più sfrenato e si muore anche per la strada, durante una notte brava. Mi sembra che l’autore della pastorale parli di “tutta” la politica: sì, c’è ancora il politico che “raggira” la gente, ma c’è pure la politica del dissenso costruttivo. Il messaggio di Francesco d’Assisi è universale. Manca anche l’obiettività nella televisione e nei giornali: vedete le cronache sulla pandemia e sulla tragica guerra Russia-Ucraina.
Per i disturbi della Chiesa, bisognerebbe trovare anche il libro di Tomas Halik: “Il segno delle chiese vuote- Per una ripartenza del cristianesimo. Ed. Vita e pensiero, 2020”. Ottima parola la “ripartenza”: riguarda anche la “ripartenza” per una nuova politica.
Mons. Savino è un uomo colto; sa di filosofia e di letteratura ma anche di psicanalisi. Segue Recalcati e altri scrittori e saggisti che parlano della crisi attuale della società.
Ecco perchè il vescovo, meditando sull’occasione della Quaresima, propone il suo “vocabolario” delle “parole che ci servono”: la conversione e l’ascolto (leggere bene il Vangelo), la penitenza e la preghiera (veramente sentite nel cuore); la croce (che ricorda il motto dei monaci certosini), la carità (che può trasformare l’uomo), la fraternità (che ricorda l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco), e poi, anche il digiuno, la speranza (Cristo è morto per l’uomo), la resurrezione (il salto decisivo, che ci fa volgere verso gli altri); la gioia (di non aver paura): l’angelo l’ha comunicata ai poveri pastori di Betlemme: “non temete !”. Ma quel famoso incoraggiamento “Non abbiate paura”, si legge da Isaia al Nazareno, fino a Papa Giovanni e a Papa Francesco. Papa Bergoglio è l’uomo dell’abbraccio: indimenticabile quel suo paterno abbraccio ai sofferenti e alla disabile albidonese Paladino (la Micca), quando venne a Cassano, qualche anno fa.
Tutte queste sono le “parole” del “Vocabolario” di Francesco Savino. La “parola non si deve “manipolare”. E deve essere soprattutto semplice e chiara. C’è ancora molto analfabetismo. E io credo che non è facile, per chi non ha avuto la fortuna di studiare, capire il pensiero, anzi il mistero della crudele crocifissione dei Romani occupatori di una terra straniera, come la Palestina. E’ facile capire il mistero della sconfitta della morte ?
La PAROLA custodisce anche la MEMORIA. Mira al bene di tutti. La parola è luce, vince il male, crea la coscienza dei valori. Questo dice anche l’enciclica “Fratelli tutti”. Il vescovo cita perfino la sfortunata poetessa Emily Dickinson.
Ma la parola viene anche “saccheggiata”, strumentalizzata e usata, senza rispettare il suo reale significato. E’ pur vero che c’è una evidente crisi della parola. Anche il web, male usato, la fa deviare verso ambigui sentieri. Viene usata anche come “chiacchiera”, e in maniera “camaleontica”.
Ultima considerazione di un comune lettore, come me: la “parola” dovrebbe essere sincera, chiara e accessibile, anche a quelli che non conoscono la filosofia, la psicanalisi e libri e gli articoli di Recalcati. In certe chiese si sentono omelie poco chiare e anche noiose. San Giovanni Crisostomo – dice il nostro vescovo – era “il maestro della parola”; San Paolo, nelle sue prime Lettere ai Romani e ai Corinzi, è difficile ma è necessario per la formazione del vero cristiano. Invece, nelle Lettere a Timoteo, a Filemone e a Tito, egli tocca il cuore di colui che vuole diventare credente, o almeno meno malvagio.
La gente deve capire subito il messaggio. Io non mi meraviglio quando l’evangelista Giovanni scrive che Gesù, dopo il discorso della sinagoga di Cafarnao, vedendo i suoi apostoli abbastanza disorientati e turbati, sente l’amarezza di chiedere: “volete andarvene anche voi ?”. Forse non tutti potevano capire quell’affermazione: “Io sono il pane vero disceso dal cielo; chi mangia il mio pane e la mia carne vivrà in eterno” (Giovanni 6/49). L’evangelista aggiunge: “Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dissero. “Questa parola è dura ! Chi può capirla ? Molti suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui…” (Giovanni, 6/-66).